CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12331
Gesione commerciante – Socio accomandatario – Mancato pagamento dei contributi Inps – Partecipazione abituale e prevalente all’esercizio dell’attività aziendale
Rilevato
che con sentenza depositata il 6.3.2012 la Corte d’appello di Torino, confermando la pronuncia di primo grado, ha accolto l’opposizione di G.G. a sei cartelle esattoriali emesse da Equitalia Nomos s.p.a. per il mancato pagamento dei contributi Inps relativi alla gestione commercianti per il periodo 2006-2009 in considerazione della carica di socio accomandatario rivestita nella società L. s.a.s.,
rilevando che non erano emerse ulteriori attività oltre quella dell’affitto di un immobile di proprietà della società e che detta attività non configurava un’attività economica organizzata qualificabile come imprenditoriale;
che avverso detta sentenza l’Inps (in proprio e quale mandatario della società di cartolarizzazione dei crediti Inps S.C.C.I. s.p.a.) propone ricorso affidato a un motivo e gli eredi del G. (deceduto) C.C., M.G., L.G., oppongono difese con controricorso;
Considerato
che con l’unico motivo l’Inps denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1. legge n. 613 del 1966, 1 legge n. 1397 del 1960 (come modificato dall’art. 1, comma 203 legge n. 662 del 1960), 2 legge n. 1397 del 1960, 2313, 1318, 2697 cod.civ., lamentando l’inversione dell’onere probatorio a fronte della presunzione dell’esercizio di attività imprenditoriale da parte di una società e dell’ampio oggetto perseguito dalla società L. s.a.s. come risultante dalla visura presso la C.C.I.A.A., essendo pacifica la qualifica di socio accomandatario del G. e la mancata contestazione della sua partecipazione abituale e prevalente all’esercizio dell’attività aziendale;
che secondo consolidato orientamento di questa Corte la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e che si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia attività di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 del 2013; Cass. n. 17643 del 2016; Cass. 29542 del 2017; Cass., ord., n. 126 del 2018);
che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla legge n. 662 del 1996, n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la legge n. 160 del 1975, art. 29, comma 1, lo svolgimento di un’attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;
che la Corte ha rilevato che la s.a.s. di cui il controricorrente era socio non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’immobile di cui era proprietaria, e pertanto non rileva la mancanza di prova che altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società;
che, d’altra parte, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale non rileva il contenuto dell’oggetto sociale, così come non è neanche significativa ai fini considerati la mancanza di prova idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;
che questa Corte – proprio con riferimento alle società in accomandita semplice – ha anche affermato il principio (Cass. n. 3835 del 2016) secondo cui ai sensi della legge n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la legge n. 160 del 1975, art. 29 e della legge n. 45 del 1986, art. 3 nelle suddette società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto assicuratore, prova che, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita;
che, pertanto, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo:
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Inps al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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