CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 maggio 2022, n. 16012
Rapporto di lavoro – Differenze retributive – CCNL Turismo Pubblici Esercizi – Declassamento del dipendente – Esclusione – Licenziamento per giustificato motivo soggettivo – Legittimità
Rilevato che
1. il giudice di primo grado, in parziale accoglimento del ricorso proposto M. D., accertava la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il ricorrente e la convenuta A.F. s.r.l. (già ditta C.C. e il F.V. di C.M. & C. sas) con inquadramento nel VI livello c.c.n.l. Turismo Pubblici Esercizi, in relazione alle mansioni di aiuto cameriere svolte nel periodo dal 3.5.1991 al 31.12.1999 e successivamente con inquadramento nel V livello, in relazione alle mansioni di cameriere, condannando la resistente al pagamento della somma di € 50.000,00 a titolo di differenze retributive; respingeva la domanda intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento intimato al D. per giustificato motivo soggettivo;
2. la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato in € 34.609, 02 la somma dovuta al lavoratore a titolo di differenze retributive e tfr , oltre accessori;
3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M. – D. sulla base di due motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del contratto collettivo del settore turismo (art. 48), dell’art. 2103 cod. civ., dell’art. 2099 cod. civ. e dell’art. 36 Cost.; censura la sentenza impugnata per avere <<in sostanza», contra ius e in assenza di riscontro probatorio, operato un declassamento del dipendente riconoscendo, fino al 31.12.1992, l’inquadramento nel IV livello del c.c.n.l. e nel periodo successivo l’inquadramento nel V livello, corrispondente ad un livello inferiore nella scala classificatoria del contratto collettivo; assume che ciò era desumibile dai quesiti formulati al consulente tecnico d’ufficio nominato in seconde cure al quale, in relazione al periodo 3.5.1991- 31.12.1992, era stato chiesto di calcolare le differenze retributive in relazione al IV livello e per il periodo successivo al V livello palesemente inferiore, con violazione del disposto dell’art. 2103 cod. civ. e degli artt. 2009 cod. civ e 36 Cost. ;
2. con il secondo motivo di ricorso deduce erronea valutazione del giudice di secondo grado in ordine alla rilevanza disciplinare, alla proporzionalità ed adeguatezza della sanzione espulsiva: deduce violazione e /o falsa applicazione dell’art. 2106 cod. civ. e dell’art. 192 c.c.n.l., censurando la valutazione di sussistenza della giusta causa in relazione all’episodio alla base del recesso datoriale;
3. il primo motivo di ricorso è inammissibile;
3.1. occorre premettere che la Corte di appello, in dichiarato accoglimento del motivo di gravame della società, ha proceduto alla rideterminazione delle differenze retributive sulla base di accertamento che riconosceva in relazione al periodo 3.5.1991/31.12.1992 lo svolgimento da parte del D. delle mansioni di aiuto cameriere e per il periodo successivo di quelle di cameriere ( v. sentenza, pag. 5); ha inoltre proceduto ad una ricostruzione dell’orario di lavoro nei differenti periodi e sulla base dei complessivi accertamenti operati disposto consulenza tecnica contabile della quale ha dichiarato di condividere gli esiti;
3.2. tanto premesso le censure articolate non si confrontano con le effettive ragioni alla base del decisum esplicitate in motivazione dalle quali non emerge in alcun modo che la decisione di secondo grado è stata fondata sul « declassamento» del lavoratore nel secondo periodo; il giudice di appello ha infatti chiaramente affermato che nel primo periodo (fino al 31.12.1992) il D. aveva svolto mansioni di aiuto cameriere, e nel periodo successivo quelle, superiori, di cameriere (V livello); tale accertamento, nei termini sopra ricostruiti, non è in alcun modo censurato dall’odierno ricorrente; ciò posto la circostanza che nella formulazione dei quesiti al consulente di ufficio, in relazione al periodo fino al 31.12.1992 per il calcolo delle differenze retributive si faccia riferimento al livello IV, che in base alla scala classificatoria del contratto collettivo esprime un livello superiore al V ( unico richiesto dal lavoratore) riconosciuto nel secondo periodo, avente decorrenza dal 1.1.1993, non implica in alcun modo il riconoscimento dello svolgimento di mansioni superiori per il primo periodo con (ingiustificato) declassamento in relazione al secondo periodo (questione del tutto estranea al thema decidendum di secondo grado quale ricostruito dallo storico di lite della sentenza impugnata) ma è verosimilmente ascrivibile ad errore materiale della Corte di merito; tale errore, ove non emendato in concreto nello sviluppo dell’elaborato peritale, del quale parte ricorrente, in violazione del disposto dell’art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc. civ. , omette la trascrizione nelle parti di pertinenza, ha comunque avvantaggiato l’odierno ricorrente e tanto determina, quale ulteriore e concorrente profilo di inammissibilità, il difetto di interesse ad impugnare la statuizione sul punto;
4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile per plurimi profili; in primo luogo esso non è pertinente con le ragioni della decisione in quanto inteso a contestare la sussistenza della giusta causa di licenziamento laddove dallo storico di lite della sentenza impugnata, non inficiata dalla esposizione in ricorso dei fatti di causa prescritta dall’art. 366, comma 1, n. 3 , emerge che il licenziamento è stato intimato per giustificato motivo soggettivo ; in secondo luogo, le censure concretamente articolate investono la valutazione di proporzionalità ed adeguatezza della sanzione espulsiva censurabile in sede di legittimità solo ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (v. tra le altre, Cass. 25/05/2012, n. 8293; Cass. 19/10/2007, n. 21965) e quindi, trovando applicazione, ratione temporis, il testo attualmente vigente dell’art. 360 comma primo, n. 5 cod. proc. civ., solo mediante la denunzia dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso oggetto di discussione tra le parti, evocato nel rispetto delle prescrizioni dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ ( v. per tutte Cass. Sez. Un. n. 8053/2014). , violazione neppure formalmente dedotta dalla società ricorrente e comunque insussistente; infine del tutto generiche e non argomentate si rivelano le deduzioni in punto di applicabilità di sanzione conservative sulla base delle previsioni collettive;
5. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;
6. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019)
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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