CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7600

Fallimento – Estinzione obbligazione principale – Effetti – Estinzione della garanzia accessoria

Rilevato che

la curatela del Fallimento E.C. s.a.s. nonché di L.L. in proprio convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli R.C. chiedendo la revoca dei pagamenti effettuati in quanto indebiti per mancanza di prova della fornitura ed in subordine la revoca ai sensi dell’art. 67 I. fall.. La convenuta chiamò in causa F.C., S.L. e R.T.. Il Tribunale adito dichiarò l’inefficacia ai sensi dell’art. 67, comma 1, I. fall. del pagamento effettuato da E.C. a mezzo di delegazione per l’importo di Euro 315.000,00 e condannò i terzi chiamati a tenere indenne R.C. delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’accoglimento della domanda. Avverso detta sentenza proposero appello sia i terzi chiamati che R.C. s.p.a.. Con sentenza di data 3 dicembre 2018 la Corte d’appello di Napoli rigettò gli appelli.

Osservò la corte territoriale che, dopo che erano rimaste insolute le cambiali emesse da P. e con girata da parte di Cooperativa M.R. – CMR (subappaltatore di E.), ulteriormente girate da E. a R.C. sulla base della scrittura del 25 maggio 2010, R.C. aveva convenuto con E. con scrittura di data 7 ottobre 2010 una diversa modalità estintiva dell’obbligazione, rappresentata da una delegazione di pagamento, mediante riacquisto da parte di E. del credito nei confronti di CMR e sua cessione a Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC (l’appaltatore), che aveva poi versato il corrispettivo della cessione, per effetto della delegazione, a R.C.

Ha proposto ricorso per cassazione F.C. sulla base di due motivi e resiste con controricorso R.C.

Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso.

Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

E’ stata presentata memoria.

Considerato che

con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.

Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha modificato il giudizio del giudice di primo grado, il quale aveva ritenuto non provato l’adempimento mediante girata cambiaria dell’obbligazione di pagamento della fornitura di calcestruzzo, garantita dai terzi chiamati, sulla base del primo accordo di data 21 maggio 2010, affermando che, successivamente alla consegna delle cambiali rimaste insolute, le parti avevano convenuto in data 7 ottobre 2010 una diversa modalità estintiva dell’obbligazione, in base alla quale E. aveva riacquistato il credito portato dalle cambiali, e vantato nei confronti di CMR, e lo aveva ceduto a Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC, la quale aveva poi versato il corrispettivo non a E. ma, sulla base di delegazione di pagamento, a R.C.

Aggiunge che il giudice di appello ha omesso di considerare che a seguito della rinegoziazione delle cambiali l’obbligazione garantita si era estinta con conseguente liberazione dei garanti, richiamando Cass. n. 5630 del 2017, secondo cui la fideiussione si estingue anche nell’ipotesi che il debito garantito sia sostituito o rimodulato con altro accordo di pagamento. Aggiunge che in relazione al primo accordo del 21 maggio 2010 era decorso il termine annuale di cui all’art. 67 I. fall.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1197, 1198, 1370, 1371 e 1936 cod. civ., 67, comma 1, n. 2 I. fall., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.

Osserva la parte ricorrente che, estintasi la precedente obbligazione, con la nuova rinegoziazione trilaterale dei titoli cambiari non rivivono le garanzie prestate dai terzi (art. 1197, comma 3) e che i fideiussori sono completamente estranei all’adempimento del rapporto sorto con l’accordo del 7 ottobre 2010. Aggiunge che, nonostante l’estinzione dell’originario rapporto bilaterale di pagamento mediante girata di cambiale, il giudice di appello ha accolto la domanda di garanzia, condannando i terzi chiamati a tenere indenne R.C..

I motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Le censure sono state articolate in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ. in quanto il ricorrente, benché abbia indicato alla fine del ricorso, fra i documenti alla base del medesimo, la garanzia fideiussoria rilasciata in data 5 agosto 2009, non ha provveduto ad indicarne lo specifico contenuto, anche mediante trascrizione delle parti rilevanti ai fini del presente giudizio.

In mancanza della dettagliata conoscenza del contenuto della garanzia non è possibile procedere alla valutazione dei motivi.

Ed invero la censura viene basata sul richiamo a Cass. n. 5630 del 2017, il cui principio di diritto è il seguente: “la liberazione del fideiussore consegue all’estinzione dell’obbligazione principale, indipendentemente dalle modalità con cui essa avvenga o dalle fonti della provvista sicché, salva una diversa previsione contrattuale, non osta a tale liberazione la circostanza che l’estinzione abbia carattere non satisfattivo per il creditore, per essere il credito originario sostanzialmente immutato, in quanto ristrutturato o sostituito nella sua composizione sulla base di ulteriori finanziamenti o condotte di tolleranza da parte del medesimo creditore“.

Ciò posto, la mancata indicazione del concreto contenuto della garanzia personale prestata non consente di accertare se, rispetto all’indicato principio di diritto, fosse operante una diversa previsione contrattuale. Peraltro il principio di diritto indicato non pare conferente al caso di specie perché manca l’accertamento del giudice di merito del presupposto rappresentato dall’estinzione (sia pura non satisfattiva) dell’obbligazione principale.

Ciò che il giudice di merito ha accertato è solo l’accordo relativo ad una diversa modalità di estinzione dell’obbligazione.

In realtà la Corte di cassazione può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non può comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Cass. n. 18775 del 2017). Verrebbe in rilievo in particolare il seguente principio di diritto: l’inesistenza di un principio generale di reviviscenza delle garanzie reali o personali nel caso di reviviscenza del credito assistito comporta che l’eventuale fideiussione, prestata a garanzia di un credito originariamente estinto mediante pagamento poi revocato a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore, non possa legittimamente rivivere parallelamente alla reviviscenza del credito, dacché il principio di accessorietà della fideiussione implica soltanto che, con l’estinzione del rapporto principale, resti travolto anche quello accessorio, ma non anche che, simmetricamente, alla reviviscenza del rapporto principale si accompagni il ripristino della precedente garanzia, non potendo, all’uopo, invocarsi il disposto dell’art. 2881 cod. civ., dettato, in via eccezionale, con riferimento alla sola ipoteca (Cass. n. 18156 del 2002, n. 21585 del 2004). In relazione al caso di specie verrebbe però in rilievo anche il seguente principio di diritto: il principio di accessorietà della garanzia comporta il venir meno della relativa obbligazione tutte le volte in cui l’obbligazione principale sia estinta, ma non esclude la possibilità della sua rinnovata vigenza, allorché dopo l’estinzione il debito principale ritorni ad esistenza in virtù di fatti sopravvenuti, e non comporta pertanto l’invalidità della clausola contenuta in una fideiussione, la quale preveda la reviviscenza della garanzia in caso di revoca del pagamento del debito principale ai sensi dell’art. 67 della legge fall.; né tale clausola può dirsi vessatoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile (Cass. n. 25361 del 2008). A questo proposito è lo stesso ricorrente che a pag. 5 del ricorso afferma che la fideiussione contemplava la reviviscenza dell’obbligazione fideiussoria nel caso di azione revocatoria fallimentare. Alla diversa qualificazione in discorso non è possibile quindi accedere.

Quanto infine alla denuncia nel primo motivo del decorso del termine annuale di cui all’art. 67 I. fall., a parte il riferimento nel motivo all’accordo del 21 maggio 2010, laddove invece il giudice ha accertato quale fatto estintivo quello previsto dall’accordo del 7 ottobre 2010, sempre in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 il ricorrente non ha specificatamente indicato se la circostanza abbia costituito oggetto di appello.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.