CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 novembre 2019, n. 29850
Tributi – Rimborso della quota pari al 90% dell’IRPEF e dell’ILOR – Silenzio rifiuto
Rilevato che
Con sentenza in data 28 giugno 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da A. P. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della quota pari al 90% dell’IRPEF e dell’ILOR versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dalla contribuente, residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi dell’art. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002, e dal giudice di appello ritenuto alla medesima spettante, sulla scorta di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma suddetta.
Avverso la suddetta sentenza, con atto del 24 luglio 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la contribuente.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Considerato che
Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso, il quale risulta nel complesso conforme ai canoni fissati dall’art. 366, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in relazione alla esposizione dei fatti di causa e non inserendosi la decisione impugnata nell’ambito di un orientamento nomofilattico di legittimità.
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18, 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992, per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente – rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – per mancanza nell’istanza di rimborso della indicazione del quantum richiesto e della connessa prova di aver versato al Fisco la somma chiesta in restituzione.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso, ovvero indicato in quale fase del giudizio di merito la stessa sia stata prodotta, né depositato la suddetta istanza unitamente al ricorso.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 9, comma 17, l. n. 289 del 2002, dell’art. 1, comma 665, l. n. 190 del 2014, della VI direttiva n. 77/388/CEE come interpretata dalla Corte di giustizia con sentenza del 17 luglio 2008 in causa C- 132/06, dell’ordinanza della Corte di giustizia del 15 luglio 2015 in causa C-82/14, degli artt. 107 e 108 del Trattato, nonché della decisione 5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione europea. Censura la sentenza impugnata per avere la CTR errato nel riconoscere al contribuente il diritto al rimborso delle imposte pur in presenza di attività di impresa.
Il motivo è fondato.
L’Agenzia delle entrate ha dedotto (pag. 6 del ricorso) che la contribuente era titolare di redditi di impresa e di partecipazione.
Nella sentenza impugnata (pag. 2, rigo 18) è fatto riferimento alla richiesta di rimborso, oltre che dell’IRPEF, anche dell’ILOR, imposta che è pacificamente applicabile ai redditi di impresa, come affermato anche dalla Corte cost. nella sentenza n. 42 del 1980 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni sull’ILOR (art. 4, n. 1, I. 825/1971 e 1, secondo comma, d.P.R. n. 599 del 1973) <in quanto non escludono i redditi di lavoro autonomo, che non siano assimilabili ai redditi d’impresa, dall’imposta locale sui redditi>.
La CTR, pertanto, una volta rilevato che la richiesta di rimborso concerneva (anche) l’ILOR, avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti per la concessione del rimborso di tale imposta, ovvero se tale imposta era stata applicata alla contribuente in quanto titolare di redditi d’impresa, tenuto altresì conto che spettava a quest’ultima fornire la prova della sussistenza delle condizioni per ottenerlo.
Con il terzo motivo, in via subordinata, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017, convertito dalla l. n. 123 del 2017. Sostiene la ricorrente che lo ius superveniens di cui al suddetto decreto legge sarebbe estensibile all’odierno giudizio poiché l’art. 16- octies dovrebbe applicarsi a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, nella parte in cui riduce in percentuale le somme da corrispondere (o addirittura esclude che si proceda al rimborso) nel caso in cui gli importi complessivamente dovuti eccedano le risorse stanziate in bilancio.
La censura è infondata, in quanto, prospettando l’applicabilità della nuova normativa al presente giudizio, si pone in contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui «in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione di limiti quantitativi al procedimento di rimborso da parte di una legge sopravvenuta (nella specie, l’art. 16-octies, comma 1, lett. b, della l. n. 123 del 2017, di conv. del d.l. n. 91 del 2017), attuata con provvedimento amministrativo, in quanto la stessa non incide sul titolo del diritto alla ripetizione, che si forma nel relativo processo, ma esclusivamente sull’esecuzione del medesimo» (Cass. n. 6213 del 2018; nello stesso senso: Cass. n. 227 del 2018; Cass. n. 29899 del 2017).
In conclusione, diversamente dalla proposta del relatore, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo e rigettato il terzo. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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