CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 settembre 2019, n. 23309
Attività libero-professionale – Medico – Prestazioni rese alla società – Pagamento di somme a titolo di saldo
Rilevato che
1. con sentenza in data 12 febbraio 2015, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello proposto da P. s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile (per tardività di notificazione oltre il termine dimidiato prescritto dall’art. 645 c.p.c.) la sua opposizione al decreto (pertanto dichiarato inopponibile) con il quale il Tribunale di Roma le aveva ingiunto il pagamento della somma di € 55.667,34, in favore di C. A. a titolo di saldo del residuo 30% delle prestazioni da questo rese alla società in regime libero-professionale;
2. avverso tale sentenza la società ricorreva per cassazione con unico motivo, cui resisteva il professionista con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 641, 645 c.p.c., per erronea applicazione del rito del lavoro (comportante la ravvisata tardività dell’opposizione, al momento di iscrizione a ruolo, ma non a quello anteriore di notificazione) ad una controversia introdotta con procedimento monitorio in via ordinaria (per credito di fatture in ragione di prestazioni rese in regime di attività libero-professionale), cui pertanto soggetto anche il giudizio di opposizione, a norma dell’art. 645 c.p.c., essendo stato variato il rito ordinario in rito del lavoro d’ufficio dal giudice investito dell’opposizione, a motivo della domanda riconvenzionale introdotta dalla società opponente, riguardante crediti derivanti dal diverso rapporto di lavoro subordinato in precedenza intercorso tra la predetta (titolare della struttura sanitaria Casa di Cura Villa P.) e il medico agente in via monitoria, risoltosi con le sue dimissioni volontarie (unico motivo);
2. il motivo è fondato;
2.1. premesso che anche la devoluzione alla Corte di legittimità di un error in procedendo, che ne comporta la funzione di giudice del fatto con il potere di esame diretto degli atti di causa, presuppone il rispetto nel ricorso del principio di specificità, prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c. ai fini di ammissibilità del motivo, con l’indicazione degli elementi e dei riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (Cass. 10 novembre 2011, n. 23420; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738) e pertanto con tutte le precisazioni e i riferimenti a ciò necessari (Cass. 2 febbraio 2017, n. 2771);
2.2. un tale onere di specificità, da modulare secondo la finalità di individuazione del dies ad quem della pertinente sequenza procedimentale, è stato assolto dalla ricorrente, con la puntuale individuazione, anche per indicazione riassuntiva del contenuto (non essendone necessaria la trascrizione integrale, ai fini dell’esame della devoluta questione di determinazione del rito applicabile, in funzione del corretto regime di notificazione degli atti), degli atti processuali rilevanti, oltre che per specifica indicazione della sede di loro produzione e della loro sequenza procedimentale (ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo decreto, ricorso in opposizione ad esso, ordinanza di mutamento del rito ai sensi dell’art. 426 c.p.c. e conseguente memoria: da pg. 2 a pg. 4 del ricorso);
2.3. il ricorso in opposizione è stato correttamente proposto con il rito ordinario, così come con tale rito è stato introdotto il procedimento monitorio, posto che la scelta da parte del creditore del rito ordinario e delle forme del procedimento monitorio per la proposizione della domanda comporta che l’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo vada a sua volta proposta nella medesima forma ordinaria, indipendentemente dalle eccezioni sollevate dall’opponente, le quali andranno delibate ai soli e diversi fini dell’ammissibilità e fondatezza dell’avversa domanda (Cass. 14 dicembre 2007, n. 26372; Cass. 1 aprile 2014, n. 7530; Cass., 22 dicembre 2017, n. 30866);
2.4. sicché, dovendo aversi riguardo per l’individuazione della pendenza del giudizio di opposizione alla data di notificazione (12 aprile 2010) e non di iscrizione a ruolo (22 aprile 2010) del ricorso, essa è tempestiva in quanto rispettosa dei quaranta giorni prescritti dalla notificazione del decreto ingiuntivo (3 marzo 2010);
3. dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
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