CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 agosto 2022, n. 24998
Lavoro – Dichiarazione dei redditi – Attività di indagine – Controllo della posizione fiscale – Comportamento fraudolento – Accertamento
Rilevato che
Avendo rilevato l’omessa presentazione della dichiarazione mod. unico 2007 per l’anno 2006, l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Avellino, avviò un’attività d’indagine ex art. 32, comma 1, n. 7 del d.P.R. n. 600/73 ed ex art. 51, comma 2, n. 7 del d.P.R. n. 633/72, notificando al ricorrente il questionario n. Q00316/2011 (datato 14/3/2011) con cui lo invitò ad esibire, nel termine di 15 giorni, la documentazione contabile utile per il controllo della sua posizione fiscale.
Svoltosi un contraddittorio orale in data 23/9/2011 con l’Ufficio, il contribuente fornì le sue giustificazioni e l’amministrazione si riservò, a verbale, di fare le proprie valutazioni.
All’esito, l’Ufficio notificò un avviso di accertamento determinando il reddito complessivo in euro 245.027,09.
Fallito un tentativo di accertamento con adesione, M. F. propose ricorso alla C.T.P. di Avellino, che lo accolse in parte.
La C.T.R., su appello del contribuente, rigettò il gravame confermando la sentenza di prime cure.
Avverso la sentenza di appello il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, alcuni dei quali articolati in più profili.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che
1. Con il primo profilo del primo motivo, rubricato “Violazione o falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) degli artt. 38 comma 7 e 32 del d.P.R. n. 600/73, e del principio del contraddittorio preventivo, alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia UE del 3 luglio 2014 in C-129/13 e del 22 ottobre 2013 in C-276/12”, il contribuente si duole che l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio non sarebbe stato preceduto dal contraddittorio endoprocedimentale sul punto dell’incrocio delle ritenute d’acconto con le fatture emesse dal contribuente.
Afferma il contribuente che se gli fosse stata data la possibilità di spiegare le rilevate incongruenze, l’Ufficio avrebbe evitato di porle a base del recupero a tassazione, avvenuto con l’avviso di accertamento. 1.1.Il motivo è inammissibile.
La C.T.R., in sentenza, dà atto che il contraddittorio si è svolto e degli esiti se ne è dato conto in un verbale che ha preceduto l’avviso di accertamento, nel quale peraltro, come afferma il ricorrente, l’Ufficio ha ridotto le sue pretese.
Si tratta di un giudizio di fatto, circa il contenuto degli atti endoprocedimentali prodotti dall’Ufficio, espresso dal giudice di merito e sottratto al sindacato di legittimità di questa Suprema Corte.
2. Con il secondo profilo del primo motivo di ricorso ed il secondo motivo di ricorso, che sono sostanzialmente sovrapponibili, il contribuente si duole del fatto che la sentenza impugnata ha applicato la presunzione legale di cui all’art. 32, comma 2, secondo periodo, del d.P.R. n. 600 del 1973 anche ai prelevamenti sui conti correnti, violando pertanto il dictum della Corte Costituzionale n. 228 del 2014.
2.1. Il secondo profilo del primo motivo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati.
La sentenza impugnata non ha tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 che, con riferimento ai lavoratori autonomi, ha eliminato la presunzione legale che i prelievi non risultanti dalle scritture contabili di cui non fossero indicati i beneficiari vadano a comporre il reddito imponibile (Sez. 5 -, Ordinanza n. 2240 del 02/02/2021, Rv. 660305 – 01).
3. Con il terzo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) dell’art. 2 D.L. n. 262/2006 conv. in l. n. 286/2006 (con segnato riferimento alle operazioni contrassegnate coi nn. 1, 3, 9, 24 e 40), dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115, comma 2 c.p.c. (con segnato riferimento, oltre che alle operazioni suindicate, a quelle contrassegnate coi nn. 7, 13 e 63), dell’art. 67 del d.P.R. n. 600/1973 (con segnato riferimento alle operazioni contrassegnate coi nn. 46 e 62). Con conseguente violazione dell’art. 41 d.P.R. n. 600/1973 (quanto alla tassazione dell’Irpef), del d.lgs. n. 446/97 e del d.P.R. n. 600/73 (quanto alla tassazione dell’Irap), nonché dell’art. 55 d.P.R. n. 633/72 (quanto alla tassazione per Iva)”, il contribuente si duole che la C.T.R. non abbia correttamente valutato le prove, da lui addotte, per vincere la presunzione legale di cui all’art. 32, comma 1, n. 2 del d.P.R. n. 600 del 1973.
3.1. Con il secondo profilo del terzo motivo, rubricato “Omesso esame (ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.) circa un fatto decisivo per il giudizio che ha formato oggetto di discussione tra le parti”, il contribuente si lamenta che la C.T.R. non avrebbe valutato la documentazione comprovante la non recuperabilità a tassazione di una serie di operazioni specificamente indicate.
3.2. Il terzo motivo di ricorso, in entrambi i profili in cui si articola, è inammissibile.
Il primo profilo, infatti, nonostante faccia valere plurime violazioni di legge, tende inammissibilmente a devolvere a questa Corte la valutazione delle prove offerte dal contribuente nei giudizi di merito per giustificare le operazioni recuperate a tassazione.
Il secondo profilo è affetto da genericità, in quanto il contribuente non indica nemmeno quale sarebbe il fatto decisivo non esaminato dal giudice di appello, dal quale conseguirebbe, in tesi, la non recuperabilità a tassazione delle operazioni indicate dal contribuente medesimo.
4. Con il primo profilo del quarto motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame (ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.) di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti”, il contribuente si duole del mancato esame di un non meglio specificato fatto “documentato e non contestato dalla controparte”, doglianza già avanzata dinanzi al primo giudice, non esaminata dal giudice di appello.
4.1. Con il secondo profilo del quarto motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c. p.c.) dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115, secondo comma, c.p.c., nonché dell’art. 67 del d.P.R. n. 600 del 1973. Conseguente violazione dell’art. 41 d.P.R. n. 600/73 (quanto alla tassazione per Irpef), del d. lgs. n. 446/97 e del d.P.R. 600/73 (quanto alla tassazione per Irap), nonché dell’art. 55 d.P.R. n. 633/72 (quanto alla tassazione per Iva)”, il contribuente deduce che l’azione di recupero dell’Ufficio determinerebbe una doppia imposizione, avendo egli asseritamente dimostrato che le fatture sarebbero state emesse nei confronti dei clienti a fronte di prestazioni di assistenza in giudizio, non nei confronti dei soggetti che avevano operato le ritenute d’acconto.
4.2. Entrambi i profili del quarto motivo di ricorso sono inammissibili. Sotto le spoglie dei motivi come rubricati, il contribuente tenta di accreditare una lettura delle risultanze probatorie alternativa rispetto a quella data dai giudici di merito, così sollecitando questa Corte a sovrapporre il suo giudizio a quello dei giudici di merito, chiamandola ad un’attività che le è istituzionalmente estranea.
5. Con il primo profilo del quinto motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame (ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.) di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti”, il contribuente si duole che la C.T.R. non ha considerato, nell’infliggere le sanzioni al minimo edittale, che con sentenza penale del Tribunale di Napoli del 2014 il commercialista cui aveva affidato l’incarico di compilare e presentare la dichiarazione dei redditi era stato condannato per comportamento fraudolento ai danni del contribuente committente, e che tale questione era stata ritualmente sottoposta alla cognizione del giudice di appello con i relativi motivi di impugnazione.
5.1. Con il secondo profilo del quinto motivo di impugnazione, rubricato “Violazione e falsa applicazione (ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.) dell’art. 6 comma 3 del d.lgs. n. 472/1997”, il contribuente sostanzialmente ripropone, sub specie di violazione di legge, la doglianza sviluppata nel primo profilo del quinto motivo, deducendo che l’omessa valutazione della portata della sentenza del Tribunale di Napoli da parte della C.T.R. ha determinato la violazione dell’art. 6 comma 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 che esclude le sanzioni a carico del contribuente quando il comportamento antigiuridico non è a lui rimproverabile nemmeno a titolo di colpa.
5.2. Il quinto motivo di ricorso, in entrambi i profili in cui si articola, è assorbito dall’accoglimento del secondo profilo del primo motivo e del secondo motivo di ricorso, in quanto il capo di sentenza relativo alle sanzioni è dipendente da quello relativo alla determinazione dell’imposta evasa.
Spetterà pertanto alla C.T.R., in sede di rinvio, nel rideterminare le sanzioni, valutare eventualmente l’incidenza della sentenza del Tribunale di Napoli indicata dal contribuente, dopo averne anche accertato il suo passaggio in giudicato.
6. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.T.R. a quo che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo profilo del primo motivo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il quinto nel suo complesso.
Dichiara inammissibili i restanti motivi.
Cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione.
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