CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 aprile 2019, n. 11126
Rapporto di lavoro – Assistenza figli gemelli disabili – Diritto al congedo straordinario dal lavoro ex art. 42, co. 5, D.Lgs. n. 151/2001 – Superamento del limite massimo biennale
Rilevato che
1. S.C. conveniva innanzi al Tribunale di Firenze in funzione di giudice del lavoro l’INPS esponendo di essere genitore di due gemelle in situazione di handicap grave e di avere chiesto ed ottenuto dall’istituto il diritto a due anni di congedo straordinario dal lavoro ex art. 42, comma 5, d.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151 per la figlia C., mentre la domanda per un ulteriore congedo per l’altra figlia V., relativamente al periodo 24.8.2011 – 23.8.2013, gli era stata rigettata per superamento del limite massimo biennale; chiedeva, quindi, il riconoscimento del predetto ulteriore periodo di congedo;
2. l’adito giudice accoglieva la domanda e tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 20 agosto 2013;
3. ad avviso della Corte territoriale, il termine complessivo dei due anni previsto dalla norma doveva ritenersi funzionale all’assistenza a ciascun portatore di handicap, con la conseguenza che, in caso di pluralità di figli in identica situazione, il congedo biennale doveva essere riconosciuto in relazione a ciascun figlio, determinandosi, seguendo l’interpretazione sostenuta dall’INPS, una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti parimenti portatori di handicap ( nel caso in esame, in beneficio riconosciuto al primo dei due figli verrebbe negato al secondo pur versando, quest’ultimo;nella medesima situazione del primo);
4. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo illustrato da memoria cui resiste il Consigli con controricorso;
Considerato che
5. con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 42, commi 5 e 5 bis, del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151 e 33 della L. 5 febbraio 1992 n. 104 (in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) in quanto le affermazioni della Corte di merito erano in contrasto con la formulazione letterale delle norme citate dalle quali si evinceva che il diritto al congedo biennale può essere fruito una sola volta, in maniera continuativa o frazionata, nell’arco della vita lavorativa;
6. il motivo è infondato alla luce del principio affermato da questa Corte secondo cui << Il diritto al congedo per handicap grave, di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, applicabile “ratione temporis”, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, ai sensi degli artt. 2, 3 e 32 Cost., deve essere inteso nel senso che il previsto limite biennale – non superabile nell’arco della vita lavorativa anche nel caso di godimento cumulativo di entrambi i genitori – si riferisca a ciascun figlio che si trovi nella prevista situazione di bisogno, in modo da non lasciarne alcuno privo della necessaria assistenza che la legge è diretta ad assicurare>> (Cass. n. 11031 del 05/05/2017; per l’affermazione di un analogo principio cfr. Cass. n. 4623 del 25/02/2010 in tema di permessi giornalieri retribuiti per i lavoratori, ai sensi dell’art. 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104). Del resto, la stessa legge grazie all’art. 4 del d. Lgs. 18 luglio 2011, n. 119 nel modificare l’articolo 42, d.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, in materia di congedo per assistenza di soggetto portatore di handicap grave, introducendo un comma 5-bis del seguente tenore: “Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa….” ha riconosciuto espressamente che il limite biennale previsto si riferisce a ciascuna persona portatrice di handicap, nel caso in esame, a ciascun figlio portatore di handicap;
7. pertanto, il ricorso va rigettato;
8. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore del controricorrente con attribuzione all’avv. S.C. per dichiarato anticipo fattone;
9. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’INPS alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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