CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 aprile 2022, n. 12467
Prestazioni assistenziali – Indennnità di accompagnamento – Decorrenza – Periodo di retrodatazione – Compensazione delle spese di lite – Violazione del principio di soccombenza
Rilevato che
la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha riconosciuto in capo a A.C. il diritto all’indennità di accompagnamento con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa (1.1.2009), anziché dal 121° giorno dalla domanda amministrativa (1.10.2009), oltre interessi legali;
la ragione della diversa decorrenza sta nell’accertamento, compiuto dal consulente nominato in appello che la C., già nel periodo 1.1.2009 – 1.10.2009, era incapace di attendere in modo autonomo agli atti quotidiani della vita, e quindi, non essendo stata ricoverata, in quel periodo, presso istituti di cura e lungodegenza con retta a carico dello Stato o di enti pubblici, aveva diritto a ricevere la prestazione richiesta; la Corte d’appello ha quindi compensato per metà le spese del grado d’appello, ponendo a carico dell’Inps l’altra metà; la parziale compensazione è motivata in relazione al periodo di retrodatazione (“Atteso il periodo di retrodatazione”);
ricorre per cassazione A. C. sulla base di due motivi;
l’Inps ha depositato procura speciale in calce al ricorso.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., parte ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere disposto la compensazione della metà delle spese di lite del grado” sebbene non vi fosse soccombenza reciproca, bensì totale accoglimento della domanda dell’appellante;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., “Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 91 c.p.c., per aver omesso la valutazione e la decisione sulla soccombenza nel giudizio di primo grado con conseguente disapplicazione della norma sul rimborso delle spese di lite”; la Corte d’appello avrebbe mancato di esprimersi sul motivo di appello con cui l’odierna ricorrente aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado in punto di spese di lite, con accollo delle stesse a carico dell’Inps, risultato soccombente; motivi, esaminati congiuntamente per logica connessione, meritano accoglimento;
è pur vero che “il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, poiché gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione.” (Cass. n. 14916 del 2020);
tuttavia, il caso in esame presenta una peculiarità che avrebbe dovuto indurre il giudice dell’appello a una diversa statuizione in tema di attribuzione delle spese di lite; infatti, la Corte territoriale, nel riformare in parte la sentenza di primo grado in merito alla data dalla quale riconoscere l’indennità di accompagnamento, ha in realtà sancito l’espansione del diritto del richiedente, determinandone la totale vittoria;
la statuizione sulle spese, che ha compensato per metà quelle del grado, ponendo a carico dell’Inps l’altra metà, è stata dunque emessa in violazione del generale principio di soccombenza; infatti, la motivazione prescelta per la “nuova” ripartizione facente espresso riferimento al riconoscimento della retrodatazione del diritto (“atteso il periodo di retrodatazione”), è palesemente inidonea a rappresentare il corretto esito complessivo della lite, che ha visto l’odierna ricorrente risultare totalmente vittoriosa, sia quanto al diritto alla prestazione sia quanto alla decorrenza dello stesso, che è stata accertata collocarsi ad una data anteriore rispetto a quella riconosciuta dal primo giudice;
in definitiva, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale statuirà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;
in considerazione dell’accoglimento del ricorso, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale provvederà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
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