CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 dicembre 2018, n. 32885
Cartella esattoriale – Opposizione – Decadenza dall’iscrizione a ruolo ex art. 25 del D.Lgs. 46/1999 – Sanatoria ex art. 38, co. 12, D.L. 78/2010
Rilevato che
la Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 1935/2012, ha rigettato il gravame proposto dall’Associazione Primavera Onlus avverso la pronuncia del Tribunale di Agrigento con la quale era stata parzialmente respinta l’opposizione a cartella esattoriale proposta dalla medesima Onlus sul presupposto che l’I.N.P.S. fosse incorso in decadenza dall’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 25 d. Igs. 46/1999 e che i crediti contributivi non fossero dovuti per il diritto a fruire di sgravi;
la Corte, prendendo atto che, non essendovi stata impugnazione da parte dell’I.N.P.S., era sceso il giudicato sulla pronuncia del Tribunale che aveva dichiarato l’eccepita decadenza per i contributi successivi al 1.1.2004, riteneva tuttavia che, per i crediti inerenti al periodo 1.4.2001-31.12.2003, seppure iscritti a ruolo nel 2007, valesse la sanatoria di cui all’art. 38, co. 12, d.l. 78/2010, conv., con mod. in L. 122/2010;
nel merito riteneva che non fosse provato il diritto allo sgravio (totale) preteso dalla Onlus;
avverso la sentenza la Onlus ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti da controricorso dell’I.N.P.S., in proprio e quale procuratore speciale della società di cartolarizzazione S.C.C.I. s.p.a., mentre l’I.N.A.I.L., ente del quale nei gradi di merito è stata dichiarata l’estraneità al giudizio, ha soltanto depositato procura e Serit Sicilia s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato che
i due motivi di impugnazione, preceduti da un’unitaria rubrica riferita alla «erroneità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione», consistono in realtà, come si desume dal loro tenore argomentativo, in censure di violazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.), nei termini di seguito esposti; la prima censura lamenta la violazione degli artt. 25 d. Igs. 46/1999 e dell’art. 38, co. 12, d.l. 78/2010, conv., con mod. in L. 122/2010, per essersi ritenuta l’operatività retroattiva della sospensione dei termini per l’iscrizione a ruolo stabilita da quest’ultima norma; il motivo è infondato;
questa Corte ha già ripetutamente ritenuto che “in tema di decadenza dal potere di iscrizione a ruolo dei crediti contributivi ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 46 del 1999, la previsione di cui all’art. 38, comma 12, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010 – stabilendo che le disposizioni contenute nel citato art. 25 non si applicano, limitatamente al periodo compreso tra l’1 gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1 gennaio 2004 dall’ente creditore – si pone in chiave di raccordo temporale con le precedenti proroghe cosicché, utilizzando il meccanismo della sospensione di efficacia per un triennio dell’applicazione della regola della decadenza, consente il recupero coattivo di crediti non compresi nelle proroghe operative sino alla data suddetta» (Cass. 12 marzo 2018, n. 5963; poi anche Cass. 25 settembre 2018, n. 22663);
pertanto, rispetto ai crediti contributivi ancora in contenzioso tra le parti ed afferenti al periodo 1.1.2001-31.12.2003, seppure iscritti a ruolo nell’anno 2007, non si determina la decadenza di cui all’art. 25 d. Igs. 46/1999; il secondo motivo adduce la violazione della regola sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) in tema di crediti contributivi, avendo la Corte territoriale, secondo la ricorrente, indebitamente addossato tale onere, gravante sull’ente previdenziale, sulla parte debitrice;
anche tale motivo è infondato, in quanto l’oggetto del contendere non è tanto l’esistenza dei fatti costitutivi dei debiti contributivi in questione, quanto la spettanza, rispetto ad essi, del diritto agli sgravi rivendicati dall’Associazione; tuttavia è costante e va qui ribadito l’orientamento secondo cui «in tema di sgravi contributivi e di fiscalizzazione degli oneri sociali, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti, in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata» (Cass. 18 gennaio 2012, n. 1157; Cass. 26 ottobre 2010, n. 21898);
il ricorso va dunque integralmente rigettato ed a ciò segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità, nei riguardi dell’unica parte resistente – l’I.N.P.S. – che ha in concreto dispiegato attività difensiva, e l’attestazione a carico della Onlus (Cass. 5 giugno 2018 n. 14332) della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’I.N.P.S. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
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