CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 dicembre 2019, n. 33776
Tributi – Accertamento – Studi di settore – Reddito inferiore a quello derivante dai parametri – Rettifica basata sul mero scostamento del reddito – Illegittimità – Mancata partecipazione del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale – Irrilevanza
Rilevato che
– Con sentenza n. 1143/2/18 depositata in data 22 febbraio 2018 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, accoglieva l’appello proposto da C.B. avverso la sentenza n. 226/5/13 della Commissione tributaria provinciale di Latina, la quale aveva parzialmente rigettato il ricorso della contribuente, riducendo la pretesa portata dall’avviso di accertamento per II.DD. 2006 emesso ex art. 39, comma primo, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973 per scostamento del reddito dichiarato dalle risultanze degli studi di settore applicabili all’attività svolta, di gelateria;
– In particolare, la CTR riformava la decisione di primo grado, ritenendo illegittimo l’accertamento fondato sulla sola applicazione degli studi di settore, e non sufficiente a sua conferma la mancata partecipazione della contribuente al contraddittorio regolarmente instaurato;
– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia, deducendo un unico motivo. La contribuente non si è difesa, restando intimata.
Considerato che
– Con un unico motivo dedotto – ai fini dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- l’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.2697 cod. civ., 39 d.P.R. n.600 del 1973, 3, comma 181, legge n.549 del 1995 e 62-sexies, d.l. n.331 del 1993, convertito in legge n.427 del 1993 per aver la CTR erroneamente accolto l’appello sull’implicito ed errato presupposto per il quale fosse onere dell’Agenzia provare – pur in presenza di un reddito della contribuente inferiore a quello derivante dai parametri di legge e di un contraddittorio regolarmente instaurato cui la contribuente non ha partecipato – l’origine del maggior reddito accertato;
– La censura è in concreto infondata, per le ragioni che seguono. Va ribadito che: «La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale fase, infatti, quest’ultimo ha la facoltà di contestare l’applicazione dei parametri provando le circostanze concrete che giustificano lo scostamento della propria posizione reddituale, con ciò costringendo l’ufficio – ove non ritenga attendibili le allegazioni di parte – ad integrare la motivazione dell’atto impositivo indicando le ragioni del suo convincimento. Tuttavia, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi ovvero si astenga da qualsivoglia attività di allegazione, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri.» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 21754 del 20/09/2017, Rv. 645461 – 02; conforme a Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17646 del 06/08/2014, Rv. 631951 – 01);
– Nel caso di specie, è vero che la CTR in linea generale ritiene non sufficiente a fondare presunzioni idonee a supportare l’accertamento la combinata presenza dello scostamento rilevato dagli studi di settore e la mancata partecipazione della contribuente al contraddittorio endoprocedimentale, pacificamente instaurato, e ciò è meritevole di correzione. Tuttavia, nella sentenza vi è in relazione alla fattispecie concreta un ampio accertamento in fatto, fondato su elementi di prova raccolti dalla CTR che l’Agenzia non ha contestato con il suo ricorso;
– In particolare, a pag. 3 della sentenza si legge: «Dalla lettura dello studio TG37U allegato alle controdeduzioni dell’ufficio si evince che la ricorrente nell’anno 2006 ha occupato un apprendista per 60 giorni (…)». Sulla base di tali elementi probatori, provenienti proprio dalla documentazione prodotta in giudizio dall’Agenzia, la CTR ha poi compiuto un accertamento in fatto preciso: «In definitiva, l’ufficio non ha dato dimostrazione dell’esistenza di gravi incongruenze tra quanto dichiarato e quanto desumibile dalla specifica attività svolta dalla contribuente, evidenziando, ancora una volta, la difficoltà di tale strumento per accertare l’effettiva capacità contributiva del contribuente costituzionalmente orientata (…)». Siffatto accertamento in fatto, sfavorevole all’Agenzia, non è stato da questa impugnato in ricorso con apposito mezzo denunciante il vizio motivazionale e deduzione di fatto contrario e decisivo non considerato dal giudice di appello, e ciò porta ad escludere la possibilità di dichiarare la violazione di legge denunciata con il motivo nel caso di specie;
– Per tutte le ragioni esposte il ricorso va disatteso e, in assenza di costituzione in giudizio della contribuente, nessuna statuizione va adottata sulle spese di lite. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, si da atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principali ammessa alla prenotazione a debito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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