CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4169

Tributi – ICI – Centrali elettriche – Avviso di accertamento e irrogazione sanzioni – Individuazione delle parti imponibili – Incertezza normativa oggettiva tributaria – Disapplicazione sanzioni – Legittimità

Ragioni della decisione

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 197/2016, osserva quanto segue; La Commissione Tributaria di secondo grado di Trento con sentenza n. 19/2/2018, depositata il 16.1.2018 non notificata, accoglieva l’appello del Comune di Condino (oggi Comune di Borgo Chiese) nei confronti di H.D.E. s.r.l. su controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento Ici per l’anno 2008, impugnato limitatamente all’irrogazione delle sanzioni, sul presupposto che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, non permaneva incertezza in ordine all’individuazione delle parti dell’impianto che dovevano essere considerate ai fini della determinazione della rendita.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria di secondo grado di Trento H.D.E. s.r.l. propone ricorso per cassazione affidando il suo mezzo a due motivi, illustrati con memoria.

Il Comune di Borgo Chiese si è costituito in giudizio con controricorso.

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs 472/1997 nonché degli artt. 2 e 5 del d.lgs 504/1992, del DRL 652/1939 e 1 -quinques del DL 44/2005 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ..

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità della statuizione per violazione degli artt. 6 comma 2, d.Igs 472/1997, 8 d.lgs 546/1992 e 10 comma 3, L. 212/2000 in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ..

In particolare la società deduce che erroneamente la Commissione aveva ritenuto sussistere sia il requisito della colpevolezza che la ricorrenza delle condizioni di obiettiva incertezza sulla portata applicativa delle varie disposizioni di legge che governano la materia.

3. Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono fondate.

Questa Corte ancora recentemente, anche decidendo una questione pressoché identica a quella oggi in esame (Cass. 10314/2019) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di non debenza delle sanzioni (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) enunciando i seguenti principi di diritto: per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente  corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo. Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione“.

Tanto premesso osserva la Corte che con l’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, convertito dalla legge 31 maggio 2005, n. 88, è stato previsto: «1. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso. Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell’attività industriale di cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo. I trasferimenti erariali agli enti locali interessati sono conseguentemente rideterminati per tutti gli anni di riferimento». La norma individua, dunque, nuovi criteri per la determinazione della rendita catastale prescrivendo che debbano essere considerati non solo i fabbricati censiti in catasto con la categoria D ma anche gli impianti mobili ad essi connessi e necessari per la produzione di energia elettrica. Nel caso di specie, poichè non è contestato che gli immobili fossero già iscritti in catasto con attribuzione di rendita fin dal 1997, tant’è che la contribuente aveva versato in relazione ad essi l’Ici dovuta al Comune di Condino, non può trovare applicazione l’art. 5, comma 3, del d. lgs. 504/92, poiché tale norma prevede che l’Ici debba essere corrisposta secondo il valore contabile per i fabbricati classificabili nel gruppo D non ancora iscritti in catasto. Ne consegue che la contribuente non aveva l’obbligo di corrispondere l’Ici secondo il valore contabile in attesa dell’attribuzione della nuova rendita, posto che la norma di cui all’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44 ha indicato ulteriori beni di cui occorre tener conto nella determinazione della rendita, prevedendo, così, da un lato l’obbligo delle agenzie del territorio e degli uffici del catasto di attribuire nuove rendite agli immobili già accatastati e, dell’altro, l’obbligo dei contribuenti di presentare la dichiarazione Docfa o atto equipollente indicando in via propositiva il valore dell’intero impianto, comprensivo dell’accorpamento dei manufatti non dichiarati, e pagando l’imposta Ici sulla base dei fabbricati similari già iscritti, a norma dell’art. 5, comma 4, d. lgs. 504/92, successivamente abrogato dall’art. 1, comma 173 lett. a della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007 ).

Le sanzioni non appaiono dovute neppure se si considera il profilo della omissione da parte della contribuente della richiesta di attribuzione di nuova rendita con la procedura DOCFA. Invero, dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, sussisteva obiettiva incertezza circa la concreta individuazione dei manufatti che avrebbero dovuto essere considerati al fine di incrementare il valore dell’impianto e circa il valore da attribuire agli stessi, tenuto conto della vetustà e dell’obsolescenza. Ciò è confermato dal fatto che è incontestato che la contribuente avesse promosso iniziative con il Servizio Catasto per individuare quali fossero le modalità di dichiarazione e di classamento che si erano concluse con l’accordo stipulato il 18.5.2011 tra il predetto Servizio Catasto e la società avente causa della contribuente, ove si faceva menzione “dell’annoso problema inerente l’attribuzione della rendita catastale degli impianti per la produzione di energia idroelettrica”; anche la redazione della domanda di accatastamento con procedura DOCFA presentava problematiche non facilmente risolvibili. Appare significativo in tal senso il fatto che la contribuente, dopo l’attribuzione della rendita da parte del Servizio Catasto della Provincia Autonoma di Trento il 2.12.2011 e la notifica del conseguente avviso di liquidazione dell’Ici per gli anni in contestazione non ha inteso impugnare i predetti atti sotto il profilo dell’entità della rendita ma solamente sotto il profilo sanzionatorio, ritenendo di essere stata impossibilitata a quantificare l’imposta dovuta prima della determinazione da parte del predetto Servizio Catasto. Infine è possibile evincere elementi di incertezza dalla Circolare dell’Agenzia del Territorio 6/2012 la cui finalità era quella di dare risposta ai numerosi quesiti finalizzati a chiarire, nell’ambito dell’accertamento catastale, le metodologie tecnico operative per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari da recensire nei gruppi D ed E. Tale Circolare, invero, adottata ben sette anni dopo l’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, sottendeva il permanere di dubbi nell’applicazione della legge pur essendo decorsi sette anni dall’entrata in vigore dell’art. 1 quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44, il che vieppiù evidenzia l’incertezza in cui versava la contribuente nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della norma.

Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto la controversia può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricordo della contribuente.

Le spese processuali si compensano in considerazione della novità della questione affrontata da questa Corte solo recentemente.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.

Spese processuali compensate.