CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 gennaio 2022, n. 1608

Malattia professionale – Esposizione all’amianto – Addetto alla manutenzione delle tubazioni – Presenza di amianto nelle tubazioni – Attribuzione malattia professionale del lavoratore – Malattia tabellata – Ascrivibilità della patologia del lavoratore al lavoro fino a prova contraria

Con sentenza del 31.8.16, la Corte d’Appello di Milano ha confermato sentenza del 2013 del tribunale della stessa sede, che aveva rigettato il ricorso della società in epigrafe avverso la rideterminazione del tasso di premio per la voce tariffaria relativa agli addetti alla manutenzione acquedotto e attribuzione malattia professionale del lavoratore C. alla posizione assicurativa della società.

Avverso tale sentenza ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria, la società, cui resiste l’INAIL con controricorso.

Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 41 DPR 1124/65, 115- 116 c.p.c. e 2697 c.c. per aver la corte territoriale erroneamente ritenuto l’eziologia professionale della patologia in difetto di prova dell’esposizione qualificata del lavoratore, trascurando che la malattia era insorta dopo dodici anni dalla cessazione del rapporto di lavoro e che nessun altro dipendente era ammalato.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 41 c.p. e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata imposto alla società l’onere della prova dell’assenza di amianto e non invece all’ INAIL.

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’articolo 41 c.p. e 345 c.p.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto inammissibile l’eccezione formulata in appello di difetto di prova del nesso causale, sebbene fosse una mera difesa.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione degli articoli 41 c.p., 61 e 191 c.p.c., per non avere la corte territoriale ammesso la CTU -ritualmente richiesta dalla parte-, senza fornire alcuna motivazione del diniego.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Occorre premettere che la corte territoriale, premesso che il lavoratore era stato addetto alla manutenzione delle tubazioni di acqua dal 1969 al 1998, ha rilevato la sicura presenza di amianto nelle tubazioni nel 2001 e, per altro verso, che negli anni precedenti non risultavano modifiche della situazione degli impianti contenenti amianto (mentre era intervenuta la bonifica solo a fine 2001).

In tale contesto, ove è pacifico tra le parti da un lato che lavorazione e malattia (mesotelioma pleurico) del lavoratore sono tabellate e, dall’altro lato, che non risulta un mutamento della situazione di fatto negli anni, l’ascrivibilità della patologia del lavoratore al lavoro va ritenuta fino a prova contraria.

Resta salva, naturalmente, l’allegazione e la dimostrazione dell’inesistenza del nesso eziologico, che può consistere solo nella dimostrazione che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in relazione ai tempi di esposizione e di manifestazione della malattia, ma tale prova nella specie non è stata chiesta né data.

Con specifico riferimento all’onere della prova (questione oggetto del secondo motivo di ricorso), la sentenza impugnata è in linea con la giurisprudenza di questa Corte. Si è infatti precisato (Sez. L, Sentenza n. 13733 del 17/06/2014, Rv. 631336 – 01) che, in caso di richiesta di pagamento di maggiori contributi per variazione in aumento del tasso specifico aziendale, l’INAIL ha l’onere di allegare, e, ove ciò sia oggetto di contestazione, provare, di avere provveduto, nel periodo di riferimento, all’indennizzo che aveva determinato la variazione in aumento del tasso specifico aziendale, mentre la deduzione dell’insussistenza delle circostanze fattuali che avrebbero reso legittimo tale indennizzo integra una eventuale eccezione del contribuente. Si è anche aggiunto più di recente (Sez. L – , Sentenza n. 21563 del 21/08/2019,Rv. 654820 – 01) che, in tema di criteri per la determinazione del premio per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il datore di lavoro che, pur in presenza di oneri effettivamente sostenuti dall’I.N.A.I.L. per l’erogazione di prestazioni assicurative ai lavoratori dell’azienda, per un ammontare tale da implicare oscillazione in aumento del tasso specifico aziendale, assuma di essere tenuto al versamento di un premio di importo inferiore a quello preteso dall’Istituto stesso, postula necessariamente la giuridica inefficacia, nei propri confronti, del fatto costitutivo di siffatta pretesa, solo in tal guisa potendo sottrarsi alle obbligazioni nascenti dal rapporto di assicurazione e dalla specifica disciplina della determinazione dei premi; ne consegue, in applicazione dei criteri di distribuzione dell’onere della prova dettati dall’art. 2697 c.c., che incombe al datore di lavoro l’onere di fornire al giudice la dimostrazione dei fatti sui quali fonda la propria eccezione o la propria domanda.

Il terzo motivo di ricorso è infondato, atteso che l’inammissibilità dell’eccezione formulata in appello in ordine al difetto di prova del nesso causale è giustificata dalla contestuale richiesta della parte di acquisizione di documentazione nuova a sostegno dell’eccezione, inammissibile in sede di appello.

Infine, e venendo al quarto motivo di ricorso, in disparte ogni considerazione circa la non censurabilità in cassazione delle scelte in materia operate dal giudice di merito (v. tra le tante Sez. L, Sentenza n. 23413 del 10/11/2011, Rv. 619479 – 01), il motivo è, a monte, inammissibile per difetto di autosufficienza, riguardando questione di cui non vi è cenno in sentenza e a fronte della quale la parte non ha indicato -e trascritto in ricorso come era suo onere (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16347 del 21/06/2018, Rv. 649535 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019, Rv. 656036 – 01)- la richiesta formulata alla corte territoriale ed il suo specifico contenuto, non consentendo quindi a questa Corte di valutare la doglianza (tanto più che non è chiaro se la consulenza richiesta avesse carattere percipiente o solo valutativo).

Spese secondo soccombenza.

Sussistono i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.