CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 giugno 2018, n. 16168
Tributi locali – ICI – Accertamento – Notifica per mezzo posta – Terreni edificabili – Delibera comunale
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che le parti costituite hanno depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 4631/28/2016, depositata il 19 luglio 2016, non notificata, la CTR del Lazio rigettò l’appello proposto dalla P. S.r.l. (di seguito contribuente) nei confronti del Comune di Guidonia – Montecelio e della T.E.I. S.r.l. (per brevità società) nella qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), per conto del suddetto Comune avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso avvisi di accertamento ai fini ICI per l’anno d’imposta 2005, relativo al possesso dell’area edificabile sita nel territorio del Comune medesimo, puntualmente individuata con i propri estremi catastali. Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale la società concessionaria resiste con controricorso, mentre non ha svolto difese l’intimato Comune.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia omesso esame, in relazione agli artt. 360, comma 1, n. 4 e 5, c.p.c., del decisivo contenuto del ricorso proposto avanti alla Commissione tributaria provinciale, in realtà correlato a tutte le questioni poi dibattute nel giudizio di appello, precisamente: a) la decadenza dell’ente della pretesa impositiva; b) la dedotta invalidità della notifica dell’avviso di accertamento; c) il difetto di motivazione dell’atto impositivo; d) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 7 del d. lgs. n. 504/1992, avendo la contribuente dedotto che il terreno de quo doveva intendersi destinato ad attività agricola fino al 4.10.2006, data di approvazione di delibera di variante al PRG; e) l’illegittima applicazione retroattiva della delibera di determinazione del valore, approvata nel 2007, all’annualità oggetto di accertamento; f) l’omessa pronuncia sulla richiesta di disapplicazione dell’atto impugnato, per essere stata la delibera sull’aliquota ICI per l’anno 2005 adottata dalla giunta Comunale anziché dal Consiglio comunale e ciò in violazione dell’art. 6 del d. lgs. n. 504/1992.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta « violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 161, della l. n. 296/2006, nonché dell’art. 112 c.p.c.. Decadenza dall’azione e nullità della notificazione del 29 dicembre 2010. Omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti», rilevando come la decisione impugnata abbia del tutto omesso di pronunciare in merito all’eccezione di decadenza dell’amministrazione comunale dalla pretesa impositiva in ordine alla nullità della notifica dell’avviso di accertamento spedito in data 29/12/2010, dovendosi ritenere avvenuta la notifica solo con la sua reiterazione in data 18 novembre 2011, allorquando era ormai decorso il quinquennio previsto dal citato art. 1, comma 161 della l. n. 296/2006, a pena di decadenza dalla pretesa impositiva.
Con il terzo motivo la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 890/1982 e dell’art. 148, comma 1, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe omesso di rilevare la nullità della notificazione in data 18/11/2011 dell’avviso di accertamento, in quanto privo della relata di notifica in calce all’atto notificato.
Con il quarto motivo la contribuente denuncia ancora violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa decisione sul motivo 3) del ricorso in appello, con il quale la contribuente lamentava l’omessa decisione sulla questione relativa all’eccepito errore di calcolo aritmetico nella determinazione del valore di terreni ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., con riferimento all’omesso esame della specifica contestazione, nel computo dei fattori il cui prodotto veniva a determinare il valore dell’area stimato dal Comune in Euro 383,12 al mq, dell’indice di edificabilità, pari a 2, secondo l’ente locale, e viceversa pari a 1,04 nel rapporto me/mq come indicato dalla contribuente.
Il primo motivo va rigettato.
In esso la ricorrente compendia un duplice ordine di censure. La prima, con la quale si lamenta un error in procedendo relativamente all’omessa pronuncia su ciascuna delle questioni innanzi riportate, oggetto di motivo di ricorso in primo grado e reiterate con il ricorso in appello, è manifestamente infondata, non ricorrendo il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto del medesimo (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, ord. 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass. sez. 1, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. sez. 1, 11 settembre 2015, n. 17956).
Nella fattispecie in esame il rigetto nel merito del ricorso con la conferma del valore attribuito ai terreni in oggetto ai fini della determinazione della base imponibile del tributo presuppone implicitamente il rigetto dell’eccezione di decadenza dell’amministrazione dalla potestà impositiva in ordine al tributo relativo all’immobile in oggetto riguardo all’annualità oggetto di accertamento, la ritenuta legittimità dell’atto in ordine al requisito motivazionale, nonché della sua notifica direttamente per mezzo del servizio postale, e della competenza della Giunta municipale all’adozione della delibera contenente i valori medi di riferimento. Invece la pronuncia impugnata ha espressamente pronunciato e motivato quanto alla ritenuta natura edificabile dell’area in questione secondo il PRG vigente.
È invece inammissibile la censura proposta in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito con modificazioni dalla l. n. 134/2012, che inerisce all’omesso esame di fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile l’omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr., più di recente, Cass. sez. 2, 14 giugno 2017, n. 14802).
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
La contribuente insiste nella denunciata violazione dell’art. 1, comma 161 della l. n. 296/2006 in ordine al mancato rilievo dell’eccepita decadenza dell’amministrazione comunale dal potere impositivo sul presupposto della nullità della notifica dell’avviso di accertamento spedito il 29 dicembre 2010, per la quale non sarebbero sussistenti i presupposti per il perfezionamento della notifica stessa per compiuta giacenza.
Posto che non è controversa la spedizione dell’atto in data 29/12/2010 e che, anche in tema di decadenza, in caso di notifica a mezzo posta si applica il principio della scissione degli effetti tra notificante e destinatario della notifica (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 10 gennaio 2017, n. 384 e n. 385; Cass. sez. 6-5, ord. 22 settembre 2015, n. 18643; Cass. sez. 6-5, ord. 21 ottobre 2014, n. 22320), il motivo è inammissibile perché, deducendosi la nullità della notifica dell’avviso di accertamento, la contribuente ne avrebbe dovuto riprodurre il contenuto (cfr. Cass. sez. 5, 28 febbraio 2017, n. 5185) o comunque indicare tempo e luogo della relativa produzione in giudizio da parte dell’ente impositore, onde porre in condizione la Corte di esercitare il sindacato richiesto.
Il mancato adempimento di detto onere comporta l’inammissibilità della relativa censura.
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Risultano, infatti, invocati fuori luogo i parametri normativi in relazione ai quali la ricorrente prospetta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, essendo incontroverso che, nella fattispecie in esame, la notifica dell’avviso di accertamento del 18 novembre 2011 è avvenuta direttamente per il tramite del servizio postale, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.
Detta modalità è anche espressamente prevista dall’art. 1, comma 161 della l. 27 dicembre 2006, n. 296 con riferimento agli enti locali e questa Corte ha più volte avuto modo di osservare che, laddove sia prevista detta forma di notificazione, trovano applicazione le norme del regolamento postale (nella fattispecie il d.m. 2008) concernenti la consegna dei plichi raccomandati, di modo che non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stata consegnata il plico e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se esso dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 4 luglio 2014, n. 15135).
Nella fattispecie in esame la contribuente, ricevuta la consegna dell’atto impositivo, lo ha impugnato nei termini facendo valere in dettaglio le proprie difese che postulano la puntuale conoscenza dell’atto medesimo.
Infine è fondato il quarto motivo, con riferimento alla censura di omessa pronuncia sul motivo di appello inerente al denunciato analogo vizio della sentenza di primo grado relativamente al fatto decisivo del calcolo del valore unitario dei terreni edificabili in oggetto, avuto riguardo alla contestazione da parte della contribuente nel merito del valore attribuito in base dalla delibera comunale ai terreni edificabili oggetto dell’accertamento impugnato, specificamente in relazione all’indice di edificabilità, espressione del rapporto unitario tra la cubatura realizzabile e l’area su cui essa andrà ad insistere, previsto in base alle fonti urbanistiche, indice che il Comune riporta come 2, mentre la contribuente parifica a 1,04.
Trattasi, infatti, di questione oggetto di motivo d’impugnazione nell’originario ricorso, sulla quale la società aveva già lamentato, con specifico motivo di appello, l’omessa pronuncia da parte della decisione di primo grado, sicché, in proposito, diversamente da quanto osservato in relazione al primo motivo sub £), non è logicamente ipotizzabile una pronuncia da parte della sentenza impugnata di rigetto implicito del motivo inerente alla questione di merito ivi dedotta, integrando l’omessa pronuncia su un motivo di appello violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-1, ord. 12 ottobre 2017, n. 23930; Cass. sez. 6-3, ord. 16 marzo 2017, n. 6385).
La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del quarto motivo nei termini sopra indicati, occorrendo al riguardo ulteriori accertamenti di fatto riservati al giudice di merito, e la causa rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al quarto motivo nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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