CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20583
Tributi – Agevolazioni “prima casa” – Atto di acquisto di nudo proprietà – Dichiarazione di trasferimento della residenza – Condizione risolutiva impossibile – Non apposta – Condizione effettiva – Lavoro nel Comune di ubicazione dell’immmobile – Dichiarazione non apposta sull’atto – Errore scusabile
Fatti di causa
D.F. – acquirente della nuda proprietà di un immobile ad uso abitativo sito in Veronella in forza di atto pubblico del 5.12.2007, registrato il 20.12.2007, nonché mutuataria in forza di coevo atto pubblico con applicazione dell’imposta sostitutiva delle operazioni di credito a medio-lungo termine ridotta (0,25%, anziché 2%) – propose ricorso avverso due avvisi di liquidazione e irrogazione sanzioni notificatile il 2.1.2012, con cui l’Ufficio di Vicenza 2 recuperava a tassazione il maggior importo per IVA, imposta sostitutiva, sanzioni ed interessi, stante l’accertato suo mancato trasferimento della residenza nel comune di Veronella entro i 18 mesi dal rogito, e quindi la decadenza dai benefici “prima casa” di cui al n. 21, Tabella A, parte seconda, allegata al d.P.R. n. 633/1972. L’adita C.T.P. di Vicenza accolse il ricorso con sentenza n. 18/05/13 del 16.1.2013, rilevando che, nonostante il mancato trasferimento della residenza nell’immobile acquistato, sussisteva tuttavia altra causa dì spettanza dell’agevolazione, ossia, la prestazione di attività lavorativa nel comune ove ricade lo stesso immobile, riconoscibile benché non enunciata in seno all’atto pubblico. La C.T.R. del Veneto – previa riunione della causa con quella vertente tra l’Agenzia e l’usufruttuaria di detto immobile, B.S., anch’ella destinataria delle medesime pretese erariali con separati avvisi – respinse gli appelli dell’Ufficio con sentenza n. 1279/5/14 del 29.7.2014, confermando, per quanto qui interessa, la prima decisione. Osservò, in particolare, il giudice d’appello che la dichiarazione della F. di voler trasferire la propria residenza nell’immobile di cui aveva acquisito la nuda proprietà costituiva una condizione risolutiva impossibile, ex art. 1354 c.c., come tale da considerarsi non apposta, giacché in detto immobile erano già residenti i genitori usufruttuari, S.F. (poi deceduto) e B.S.; in secondo luogo, che detta dichiarazione, peraltro resa in atto rogato da uno specialista quale è il notaio, era da considerare frutto di errore scusabile, perché riconoscibile, nella sostanza intendendo la F. godere della condizione agevolativa effettivamente sussistente, ossia il prestare attività lavorativa, già all’atto del rogito, nel Comune di Veronella; infine, che detta circostanza era stata pienamente provata dalla contribuente in sede contenziosa, sebbene avrebbe potuto emergere anche in sede amministrativa ove l’Ufficio avesse avviato un preventivo contraddittorio con la stessa F.
Per tali ragioni, secondo la C.T.R., doveva reputarsi che la dichiarazione originaria era stata efficacemente emendata in sede di contenzioso, sicché l’agevolazione in discorso era da ritenersi spettante.
L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di un solo motivo. D.F. non ha resistito, benché regolarmente intimata.
Ragioni della decisione
1.1. – Con l’unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della Tabella A, parte seconda, n. 21, allegata al d.P.R. n. 633/1972, e dell’art. 1- bis, commi 6 e 8, del d.l. n. 168/2004, conv. in legge n. 191/2004, in combinato disposto con l’art. 1, nota 11-bis, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. L’Agenzia rileva l’erroneità della decisione della C.T.R. nella parte in cui ha ritenuto che – ferma l’occupazione dell’immobile in questione da parte dell’usufruttuaria, B.S. – la dichiarazione circa il trasferimento della residenza da parte della F. equivaleva a condizione risolutiva impossibile e come tale da considerarsi non apposta, ex art. 1354 c.c., essendo rimasto dimostrato che la F. esercitava attività lavorativa nel comune di Veronella, già al tempo del rogito. Al contrario, rileva l’Agenzia come i requisiti soggettivi debbano necessariamente essere dichiarati nel rogito notarile, con la conseguenza che, ove non si realizzi o non resti dimostrata la condizione indicata nel rogito stesso, non è possibile attingere ad altra.
2.1 – Il ricorso è inammissibile, giacché l’Agenzia non coglie la ratio deriderteli della sentenza impugnata.
Non è qui in discussione il principio, dettato riguardo all’imposta di registro, secondo cui “l’agevolazione cd. “prima casa” subordinata alla dichiarazione del contribuente, nell’atto di acquisto, di svolgere la propria attività lavorativa nel comune dove è ubicato l’immobile (requisito alternativo a quello del trasferimento della residenza anagrafica nello stesso entro diciotto mesi), poiché le agevolazioni sono generalmente condizionate ad una dichiarazione di volontà dell’avente diritto di avvalersene e, peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve poter verificare la sussistenza dei presupposti del beneficio provvisoriamente riconosciuto. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la pronuncia impugnata che aveva ritenuto legittima la revoca dell’agevolazione per il mancato tempestivo trasferimento della residenza anagrafica da parte del contribuente, nonostante quest’ultimo avesse dimostrato, successivamente all’acquisto, di avere comunque diritto all’agevolazione, svolgendo la propria attività lavorativa nel medesimo comune)” (Cass. n. 6501/2018; già in precedenza, Cass. n. 2777/2016, non massimata).
Infatti, la C.T.R. non ha proceduto sic et simpliciter a riscontrare la sussistenza di una condizione agevolativa diversa da quella dichiarata dalla F. nel rogito (ossia, l’esercitare attività lavorativa in Veronella, in luogo dell’impegno a colà trasferire la residenza, entro i 18 mesi successivi), accertando ex post la sussistenza di una condizione giustificativa dell’agevolazione “prima casa”, benché dapprima non invocata, ma ha ritenuto che la dichiarazione negoziale della stessa F. sul trasferimento di residenza fosse frutto di errore scusabile, perché riconoscibile, così ritenendo emendata la dichiarazione stessa in sede contenziosa (ossia, ora per allora) e per di più evidenziando che ciò avrebbe ben potuto verificarsi anche prima dell’instaurazione del contenzioso, ove solo l’Amministrazione avesse avviato il doveroso contraddittorio preventivo, ai sensi degli artt. 6, comma 2, e 10 dello Statuto del contribuente. In altre parole, la C.T.R. ha ritenuto che la F., sin dalla stipula dell’atto pubblico, intendesse fruire della condizione agevolativa dell’esercizio dell’attività lavorativa in Veronella, anziché di quella sulla residenza, che la prima dichiarazione fosse emendabile (alla stregua, cioè, di un atto volontario cui la legge ricollega i propri effetti – v. ad es., Cass. n. 14947/2018) e che l’Agenzia, prima di rettificare l’imposizione, avrebbe dovuto attivare il contraddittorio in sede amministrativa.
Si tratta di profili che non risultano minimamente attinti dalla censura in esame, che si muove esclusivamente nella cennata prospettiva dell’accertamento sostitutivo ex post, senza però cogliere il nucleo della decisione impugnata, la cui correttezza in iure non può dunque essere esaminata da questa Corte.
3.1 – In definitiva, il ricorso è inammissibile. Nulla va disposto sulle spese di lite, D.F. essendo rimasta intimata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
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