CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20587
Tributi – Agevolazioni fiscali – Soggetti colpiti dal Sisma in Sicilia del 1990 – Rimborso del 90 per cento delle imposte sui redditi versati negli anni 1991 e 1992 – Esclusione – Titolare di reddito d’impresa
Fatti di causa
V.O. impugnò il silenzio diniego formatosi sull’istanza di rimborso del 90 per cento dei tributi IRPEF, contributo al SSN e IVA, già integralmente versati negli anni 1991 e 1992, in dipendenza di alcuni eventi sismici verificatisi in alcune provincie della regione siciliana.
L’impugnazione venne parzialmente accolta in primo grado, con esclusione del diritto al rimborso dell’IVA; proposto appello dall’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con sentenza resa il giorno 6 luglio 2016, lo respinse.
Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro mezzi, mentre il contribuente è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate eccepisce la violazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, della VI direttiva 77/388/CEE, come interpretata dalle sentenze della Corte di Giustizia della UE, avendo erroneamente riconosciuto il giudice di appello il diritto del contribuente al rimborso dell’IVA in precedenza versata.
1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per carenza di interesse, avendo il giudice di merito – esattamente al contrario di quanto afferma l’odierna ricorrente – escluso in maniera inequivoca il diritto al rimborso dell’IVA già versata per gli anni 1991 e 1992.
2. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, perché la sentenza impugnata ha ritenuto che il contribuente avesse diritto al rimborso del 90 per cento delle imposte sui redditi già versate, ancorchè fosse titolare di un reddito d’impresa.
3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, degli artt. 11 e 14 disp. prel. c.c., dell’art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, nonché dell’art. 2033 c.c., poiché il giudice di merito ha ritenuto che le norme richiamate trovassero applicazione anche nei casi di imposte regolarmente versate dal contribuente alle scadenze previste.
3.1. I due motivi, meritevoli di trattazione congiunta stante la loro intima connessione, sono il primo fondato e il secondo infondato. Invero, a tenore dell’art. 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014 «I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto (…) al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni».
E secondo l’orientamento di questa Corte, ormai ampiamente consolidato, la cennata disposizione costituisce norma di interpretazione autentica, in forza della quale tutti i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, che abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per l’importo superiore al 10 per cento, previsto dall’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della legge n. 31 del 2008 di conversione del d.l. n. 248 del 2007 (Cass. 30/12/2020, n. 29913; Cass. 26/02/2020, n. 5167; Cass. 22/07/2016, n. 15252).
Tuttavia, questa Corte ha pure stabilito che, in considerazione dell’incompatibilità col mercato interno delle misure di aiuto di Stato, l’art. 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002, recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia, secondo l’interpretazione offerta dalla Commissione UE con la decisione del 14 agosto 2015, C 2015/5549, non spetta a chi svolge attività di impresa, nell’accezione eurounitaria di entità che, indipendentemente dal suo status giuridico e dalle modalità di finanziamento, esercita attività economica – consistente nell’offrire sul mercato beni e servizi -, e dunque neppure ai contribuenti libero professionisti, anche se svolgenti attività “protette”, salvo che si tratti di benefici individuali conformi al regolamento de minimis applicabile, oppure concessi in base ad un regime di aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale, purché il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita al momento dell’evento e sia evitata la sovracompensazione rispetto ai danni subiti, spettando al contribuente l’onere della relativa prova (Cass. 21/11/2019, n. 30373; Cass. 02/05/2018, n. 10450; Cass. 13/12/2017, n. 29905).
Dunque, nella vicenda all’esame, da un lato, va affermato che il contribuente, alla luce della richiamata normativa sopravvenuta, ha astrattamente diritto a godere dell’agevolazione fiscale anche se le imposte risultano essere state tutte già in precedenza versate, attraverso l’invocato meccanismo del rimborso, dall’altro, occorre tenere a mente che nel caso di soggetto che esercita attività d’impresa, come si ricava dalla circostanza che si tratti di soggetto passivo dell’IVA – è certamente la situazione dell’odierno intimato -, occorre sempre che il giudice di merito verifichi se il rimborso delle imposte sui redditi versate, costituisca un aiuto di Stato incompatibile con diritto euro unitario.
Ha errato allora il giudice di merito nel ritenere che il contribuente avesse diritto al rimborso dell’IRPEF versata, senza avere prima accertato che, trattandosi di imposte su redditi nascenti da attività d’impresa, ci fossero i presupposti per ritenere comunque il beneficio compatibile con il diritto euro unitario.
4. Con il quarto mezzo eccepisce la violazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, degli artt. 12 e 14 disp. prel. c.c., nonché dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice di secondo grado ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso avanzata invece tardivamente.
4.1. Il motivo è manifestamente infondato, essendo incontroverso che l’istanza di rimborso, formulata ai sensi dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, venne presentata dal contribuente nel termine di due anni «calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», come oggi detta esattamente il cennato art. 1, comma 665, della richiamata legge n. 190 del 2014.
5. In definitiva, dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso e respinti il terzo e il quarto, va accolto solo il secondo motivo; la sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, perché verifichi la compatibilità del rimborso invocato con il divieto di aiuti di Stato e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso, respinge il terzo e il quarto e accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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