CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2021, n. 20589
Tributi – IVA – Distacco di personale – Operazione priva di interesse per il distaccante – Prestazione di servizi – Applicazione dell’imposta
Rilevato che
X. Srl impugnava l’avviso di accertamento, ai fini Iva, Ires e Irap per l’anno 2008, notificato dall’Agenzia delle entrate in relazione alla mancata regolarizzazione Iva delle fatture per il distacco di personale effettuato presso la N. Spa, integrante una prestazione di servizi, nonché per l’indeducibilità di quote di ammortamento di costi per studi e ricerche e per l’emissione di una nota di credito oltre il termine ex art. 26 d.P.R. n. 633 del 1972.
L’impugnazione, accolta dalla CTP di Avellino quanto alla ripresa Iva per il distacco di personale e all’emissione della nota di credito, era parzialmente riformata dalla CTR in epigrafe sul primo rilievo.
N. Spa, incorporante X. Srl, propone ricorso per cassazione con due motivi limitatamente alla pretesa per il distacco di personale. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Considerato che
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 35, l. n. 67 del 1988 e 30 d.lgs. n. 276 del 2003 per aver la CTR ritenuto il distacco di lavoratori, dalla X. Srl alla N. Spa, soggetto ad Iva in quanto prestazioni di servizi sull’asserita assenza di un interesse del distaccante per l’operazione, non considerando che si era trattato di un mero ribaltamento di costi tra distaccante e distaccatario, privo di vantaggio economico per il primo.
2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e nullità della sentenza per motivazione apparente.
3. Il secondo motivo, da esaminare per priorità logica, è inammissibile.
La motivazione della CTR, infatti, si diffonde ampiamente sui caratteri del distacco e dell’operazione in concreto posta in essere tra le parti, concludendo, attesa la ritenuta assenza di un interesse del distaccante («né al raggiungimento di un vantaggio per la sua attività produttiva, né alle sue esigenze tecniche, produttive ed organizzative»), per l’esclusione del regime di non imponibilità.
La motivazione, in evidenza, non è né apparente, né assente, risolvendosi la censura – contrariamente a quanto sostenuto in ricorso – in una contestazione sull’interpretazione del giudicante dei documenti e delle prove, in vista di un riesame di merito, mai consentito in sede di legittimità.
4. Il primo motivo è infondato.
4.1. La CTR, con accertamento in fatto, ha escluso che la vicenda sia inquadrabile nell’ambito dell’art. 8, comma 35, l. n. 67 del 1988 ed ha concluso, come rilevato, che la l’operazione si traduceva in una prestazione di servizi, come tale soggetta ad Iva.
4.2. Anche ammettendo una diversa soluzione, peraltro, occorre dare atto che, nelle more del giudizio, è intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza 11 marzo 2020, in C-94/19, S.D.V. Spa, la quale ha stabilito che «l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una legislazione nazionale» – nella specie proprio l’art. 8, comma 35, l. n. 67 del 1988 – «in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente».
Occorre sottolineare che di nessun rilievo è la circostanza che il distaccante e il distaccatane siano, effettivamente, in posizione di controllante e/o controllata, che attiene alla fattispecie concreta e non al fenomeno giuridico ed economico oggetto di considerazione da parte della Corte di Giustizia.
È invece importante che la prestazione di servizi, come definita dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva (che si specchia nell’art. 3 del d.P.R. n. 633/72), sia da ritenere onerosa, e quindi imponibile, condizione che ricorre ove sia ravvisabile un nesso di corrispettività tra servizio reso e somma ricevuta, anche in mancanza di lucratività.
È dunque irrilevante l’importo del corrispettivo, ossia che sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto nell’ambito della fornitura della sua prestazione.
Orbene, dallo stesso ricorso emerge che una tale condizione, ove si acceda alla stessa prospettazione della ricorrente, deve ritenersi sussistente (pag. 3 «evidenziava come fosse fatto pacifico … che nel caso in esame vi era stato un mero riaddebito dei costi sopportati dal distaccante»; pag. 7 e 8 «costituisce fatto pacifico … che la distaccataria … abbia corrisposto … solo ed esclusivamente il costo complessivo del personale; … si limita a distaccare il personale in favore dei altro imprenditore, ribaltando allo stesso il mero costo dei dipendenti, con piena neutralità della prestazione»). ponendosi, dunque, il pagamento dei costi come condizione per il distacco dei lavoratori.
5. Il ricorso va pertanto rigettato.
L’intervento, chiarificatore, della Corte di Giustizia giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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