CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2022, n. 22670
Tributi – IRPEF – Previdenza integrativa aziendale – Prestazioni erogate in forma di capitale – Regime fiscale
Rilevato che
1. P. M., ex dirigente Enel S.p.a. (“Enel”), iscritto al Fondo pensione denominato “PIA” (previdenza integrativa aziendale), in quiescenza dal 31/12/1997, presentò all’Amministrazione finanziaria istanza di rimborso IRPEF della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta Enel e quanto dovuto per effetto dell’applicazione dell’aliquota del 12,50%, prevista per i redditi di capitale dall’art. 42, comma 4, t.u.i.r., e dell’art. 6, della legge n. 482 del 1985. Formatosi il silenzio-rifiuto, il contribuente impugnò il diniego e chiese la condanna dell’erario al rimborso di euro 111.632,22, oltre interessi. La Commissione tributaria provinciale di Arezzo accolse il ricorso, con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Toscana, che disattendeva l’appello dell’ufficio finanziario;
2. la causa giunse all’esame di questa Corte che, con ordinanza n. 9074/2012, accolto il ricorso dell’Agenzia, cassò con rinvio la pronuncia d’appello e prescrisse al giudice del merito di attenersi a Cass., Sez. U., 13642/2011, per la quale la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985, va applicata soltanto sulle somme rinvenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, dovendosi con tale espressione intendere «”il rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”»;
3. il contribuente ha riassunto il giudizio avanti alla C.T.R., quantificando (sulla scorta della dichiarazione Enel del 18/02/2005 prodotta in causa) in euro 392.361,88 il rendimento da sottoporre a tassazione, con conseguente individuazione del proprio credito verso il fisco nella misura di euro 97.225,46;
4. la Commissione regionale ha determinato in euro 97.225,46 l’entità del rimborso d’imposta spettante al contribuente;
5. l’Agenzia ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza di appello; il contribuente resiste con controricorso, illustrato con una memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione o falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4, c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha erroneamente applicato il principio di diritto enunciato da questa Corte nella decisione di rinvio, secondo cui la ritenuta del 12,5% doveva applicarsi soltanto sulle somme derivanti dal cd. rendimento netto imputabile all’impiego sul mercato, ad opera del Fondo, del capitale accantonato;
2. con il secondo motivo [«2. Violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio di non contestazione di cui allo stesso art. 115 c.p.c. e conseguenziale violazione dell’art. 63 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4, c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che applicando l’aliquota del 12,5% sul rendimento non si è attenuta alle univoche allegazioni del contribuente, il quale aveva ammesso, da un lato, che Enel non aveva investito i contributi del proprio dirigete sul mercato finanziario, ma li aveva accantonati in bilancio, maggiorati delle somme necessarie per fare fronte ai gravosi impegni contrattuali secondo le tecniche assicurative (cd. Riserve matematiche); dall’altro, che quello esposto nella perizia contabile P.-V. depositata dall’ex dirigente nel giudizio di merito era un rendimento del tutto teorico in quanto la redditività della riserva matematica veniva fatta coincidere con il risultato (margine operativo lordo) della complessiva attività produttiva svolta da Enel;
3. con il terzo motivo [«Violazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, contravvenendo alla regola di riparto dell’onere della prova tra fisco e parte privata, ha qualificato il rendimento sulla base della certificazione Enel, trascurando che, per la giurisprudenza di legittimità, certificazioni identiche a quella esaminata dalla C.T.R. sono prive di valore probatorio;
4. con il quarto motivo [«Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.»], si addebita alla sentenza impugnata di non avere esaminato l’effettivo impiego sul mercato, da parte di Enel, dei contribuiti affluiti nel Fondo PIA;
5. i quattro motivi, da esaminare congiuntamente perché oggettivamente connessi, sono fondati;
5.1. per chiarire i termini della questione di diritto in esame occorre innanzitutto ricordare la fondamentale pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 22/06/2011, n. 13645, conforme a Cass. Sez. U. 22/06/2011, n. 13642), secondo cui «In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della l. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.»;
5.2. con specifico riferimento al Fondo PIA (e all’analogo strumento finanziario Fondenel, cui sono stati trasferiti i fondi di PIA a partire dal 1998), questa Corte, anche di recente (ex multis: Cass. 6/03/2019, n. 6514, da ultimo consolidata, tra le altre, da Cass. 13/05/2021, n. 12860; Cass. 19/07/2021, n. 20617; Cass. 21/10/2021, n. 29479), ha puntualizzato come la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6, della legge n. 482 del 1985, sulle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento, possa applicarsi solo agli importi derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, dovendo invece escludersi tale più favorevole tassazione rispetto alle somme versate dal contribuente ad un Fondo PIA che non abbia mai investito sul mercato finanziario (Cass. 15/06/2018, n. 15853; 19/06/2018, n. 16116; 29/12/2011, n. 29583; 12/01/2012, n. 280; 04/04/2012, n. 5376; 25/05/2012, n. 8320; 27/03/2013, nn. 7724-7728; 22/05/2013, nn. 12491-12496; 02/10/2013, n. 22492; 09/10/2013, n. 22950; 12/02/2014, n. 3132; 12/02/2014, n. 3136; 19/03/2014, n. 6380; 09/04/2014, n. 8310; 04/02/2015, n. 1977; 22/05/2015, n. 10604; 13/01/2017, n. 720;).
Costituiscono, quindi, il “rendimento netto”, come ha ulteriormente chiarito questa Corte, le «somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnicoattuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate» (Cass. nn. 10285/2017 e 24525/2017);
5.3. nella prospettiva che qui rileva, pertanto, si deve escludere che possa considerarsi quale “rendimento” ottenuto quello corrispondente alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio Enel, poiché tale fattore costituisce il risultato di una mera operazione matematica e non effettivamente il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti sul libero mercato (Cass. n. 5436/2018; conf.: Cass. n. 4941/18). Si è anche rimarcato (come ampiamente argomentato in motivazione dalla citata Cass. 19/06/2018, n. 16116) quale sia l’àmbito dell’indagine fattuale pertinente al principio di diritto affermato dalle Sezioni unite (n. 13642/11), che impone la necessità di una «ricostruzione dell’impiego delle somme sul mercato finanziario», con apposita verifica se vi sia stato «l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato», e quale sia stato «il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%». Inoltre, spetta al contribuente, che impugna il rigetto di un’istanza di rimborso, quale attore in senso sostanziale, provare il fondamento della sua pretesa; l’interessato, pertanto, è tenuto a dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento, senza che detto onere probatorio possa ritenersi sufficientemente assolto tramite il mero rinvio «al conteggio proveniente dall’Enel, prodotto dal contribuente, che non contiene alcuna specificazione sui criteri utilizzati per la quantificazione della voce rendimento, così da chiarire se si tratta effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato» (Cass. 21/12/2016, n. 720; 15/03/2017, n. 13278; 16/03/2017, n. 13281);
5.4. così schematizzato il tema della causa, venendo adesso all’esame congiunto dei motivi di ricorso, è evidente che la sentenza impugnata non si è attenuta ai princìpi di diritto sopra enunciati e neppure alle prescrizioni dell’ordinanza di rinvio (Cass. n. 9074/2012), poiché, in sostanza, senza spiegarne la ragione e limitandosi a prendere atto del contenuto della perizia prodotta dal contribuente e della dichiarazione Enel del 18/02/2005 (cfr. pag. 4 della sentenza), ha ritenuto provato tout court il diritto al rimborso, mentre questo aspetto cruciale avrebbe dovuto essere oggetto di puntuale dimostrazione (come richiesto dalla sentenza di rinvio), nel giudizio di merito, con onere della prova a carico del contribuente. In altri termini, l’errore commesso dalla C.T.R. sta nell’avere dato per non contestato, in aderenza alla tesi dell’attore sostanziale, che esistesse un rendimento del capitale accantonato nel Fondo PIA, senza verificare, da un lato, l’an dell’investimento, ossia l’effettivo impiego sul mercato (finanziario o dei valori mobiliari) del capitale accantonato (nel Fondo PIA); dall’altro, ove appurata una simile destinazione del capitale, il quantum del rendimento, visto che soltanto tale importo era assoggettabile alla tassazione ridotta del 12,50%;
5.5. con riferimento al profilo probatorio, che il giudice di appello non mette a fuoco, merita ricordare l’ormai consolidato indirizzo sezionale, del quale in parte si è dato conto in precedenza (vedi supra p. 5.3.), che esclude che la prova del rendimento del capitale accantonato possa consistere nella certificazione Enel della redditività, sul mercato, dell’intero patrimonio netto dell’impresa, poiché tale evidenza esprime una mera operazione matematica e non è il frutto dell’investimento di quegli accantonamenti sul libero mercato. In particolare, nel solco della giurisprudenza di questa Corte, si rileva che dalla certificazione Enel e dalla relazione attuariale, cui fa riferimento il controricorso (cfr. pagg. 29 e seguenti), non è possibile trarre elementi probatori idonei a dimostrare che il capitale accantonato tramite i versamenti del contribuente ha costituito una “posizione individuale” ed è stato investito sul mercato di riferimento (finanziario, mobiliare, o altro mercato);
5.6. questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che né la certificazione Enel né la consulenza di parte assolvono all’onere probatorio, spettante al contribuente che agisca per vedere riconosciuto il suo diritto al rimborso, poiché non recano alcuna specificazione dei criteri utilizzati per la quantificazione della voce “rendimento”, sì da chiarire se si tratti effettivamente di incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato (Cass. 28/03/2022, n. 9959; Cass. 04/05/2021, nn. 11611, 11612; Cass. 28/04/2021, n. 11171; Cass. 20617/2021, cit., in connessione con Cass. 15/03/2017, n. 13278; 16/03/2017, n. 1328; 03/04/2019, n. 9246).
Il prospetto Enel certifica esclusivamente la differenza tra il totale del capitale lordo da liquidare e la somma di dotazione iniziale. Quello indicato nella certificazione Enel, giova tenerlo a mente, è il rendimento ottenuto corrispondente alla redditività conseguita sul mercato dell’intero patrimonio dell’Enel. D’altronde, la relazione attuariale, prodotta nel giudizio di merito e più volte menzionata nel controricorso (in disparte la considerazione che essa non è mezzo di prova, ma mera allegazione difensiva), nulla dice circa l’incremento della quota individuale del Fondo attribuita al dipendente in forza di investimenti effettuati dal gestore sul mercato. In relazione a questo aspetto della lite, è decisiva la sottolineatura di Cass. 21/10/2021, n. 29479, che ricorda come, con estrema chiarezza «nella nota del 28 aprile 2014 dell’Enel si afferma che la PIA “non ha potuto né, tantomeno, avrebbe potuto svolgere – quale Fondo interno con accantonamento a bilancio Enel – un’attività di investimento sui mercati finanziari. Pertanto, nessun rendimento derivante dall’investimento, da parte del Fondo PIA, sui mercati finanziari è ipotizzabile“. La configurabilità di un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato risulta incompatibile con il tenore letterale dell’accordo Enel/Fndai del 16 aprile 1986, in quanto l’importo della prestazione spettante al dirigente era predeterminato in anticipo sulla base del rapporto tra l’ultima retribuzione e la pensione. Il rendimento altro non è che la mera differenza da quanto affluito nel Fondo PIA e quanto erogato in concreto ai dirigenti». Simili conclusioni, del resto, sono asseverate dalla relazione n. 32/1999 della Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – proprio sul bilancio consuntivo di Enel, relativo all’esercizio finanziario 1997 (Cass. 19/06/2018, n. 16116; Cass. 13/11/2019, n. 29396; Cass. 23/11/2020, n. 26543);
6. in conclusione, accolti i quattro motivi di ricorso, la sentenza è cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, poiché la vicenda fiscale è stata sviscerata anche sul piano dell’apprezzamento del materiale probatorio da parte dei giudici di merito, e in ossequio al principio della ragionevole durata del processo, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo;
7. in ragione dell’epoca di formazione dell’indirizzo giurisprudenziale di riferimento, debbono essere compensate, tra le parti, le spese dei gradi di merito e quelle del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa, tra le parti, le spese dell’intero giudizio.
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