CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 novembre 2019, n. 29984
Tributi – IVA – Indebita detrazione – Acquisti da società cartiera – Elementi distintivi
Rilevato che
– La predetta sentenza ha riformato la sentenza della commissione tributaria provinciale di Caserta di accoglimento del ricorso proposto da M.I. srl avverso avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2004, era contestata l’indebita detrazione di IVA per euro 59.614,50 in relazione a fatture emesse dalla società M.F. in liquidazione, avviso formato dalla Agenzia delle Entrate di Caserta sulla base di un p.v.c. redatto da funzionari della Direzione regionale-settore accertamento.
– Per la cassazione della predetta sentenza la società contribuente propone ricorso affidato ad un unico articolato motivo.
– Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
– Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dall’art. 1 bis del d.l. 31.8.2016 n. 168 convertito, con modificazioni, dalla legge 25.10.2016 n. 197.
Considerato che
– Si deve dare atto preliminarmente che la ricorrente – dopo avere depositato richiesta di sospensione del processo ex art. 11 co. 8 d.l. 50/2017 – ha depositato in data 24.12.2018 istanza di trattazione del processo onde ottenere la dichiarazione di estinzione del processo per cessazione della materia del contendere perché estinta la pretesa tributaria a seguito della definizione della lite ai sensi del menzionato art. 11.
– Il collegio osserva che non risulta dagli atti di causa che sia intervenuta la dedotta definizione e l’asserita estinzione della pretesa tributaria.
– Come detto, il ricorso consta di un unico articolato motivo recante “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto (art. 360 comma 1 n. 3) e motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 comma 1 n. 5)”.
– Secondo un primo profilo di censura, avrebbe la CTR errato nell’applicare il disposto dell’art. 27 comma 13 d.l. 185/2008 convertito dalla L. 2/2009, nel ritenere la Direzione regionale legittimata ad emettere il processo verbale per cui è causa. Invero, osserva il collegio che – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente – il d.l. 185/2008 (in vigore dall’1.1.2009) non ha attribuito alla Direzione regionale entrate una competenza in materia di accertamento prima inesistente ma ha inteso piuttosto fondare su una norma di fonte primaria il riparto delle competenze relative all’attività di verifica tra strutture di vertice a livello periferico (cass. 3.10.2014 n. 20915); già la normativa preesistente – come diffusamente e compiutamente illustrato dalla CTR – demandava i compiti relativi alle verifiche e altre indagini tributarie a tutte le strutture della Agenzia delle Entrate, ivi comprese le Direzioni regionali.
– Un secondo profilo di censura attiene alla dedotta mancata allegazione del pvc all’avviso di accertamento. Il tema è quello – non nuovo – della motivazione per relationem. Questa è pienamente legittima tutte le volte in cui fa riferimento a elementi o fatti risultanti da altri atti o documenti, alla sola condizione che questi siano allegati, ovvero ne riproducano il contenuto ovvero siano conosciuti dal contribuente (così la recente ord. n. 4176 del 13.2.2019). Nella specie risulta che il pvc è stato regolarmente notificato alla contribuente.
Inoltre – con riferimento ad un terzo profilo di censura – il rinvio alle conclusioni contenute nel processo verbale non rende illegittima la motivazione per relationem, significando esso semplicemente che l’ufficio ha ritenuto di condividere le conclusioni assunte nel pvc, in una consentita logica di economicità e nella verificata conoscenza dei necessari elementi da parte del contribuente.
– L’ultimo profilo di censura attiene al merito della controversia: le operazioni inesistenti contestate alla società. Anche a tale riguardo la sentenza della CTR è immune da vizi. Invero ha ritenuto la CTR che i verificatori della Direzione regionale avevano provato – in sede di accesso presso la sede legale della M.F. srl – l’inesistenza di una struttura idonea all’esercizio dell’attività commerciale dichiarata; la distruzione e/o l’occultamento delle scritture e dei documenti contabili della società medesima; l’assenza di qualsivoglia traccia di attività commerciale riferibile alla predetta società. E che alle richieste di idonea documentazione avanzata dai verificatori, la società oggi ricorrente si era limitata a rispondere con la esibizione di attestazioni di chiusura cantiere e certificati di origine ferro dei materiali ferrosi (documentazione non idonea a provare con precisione i quantitativi di ferro utilizzati negli anni da M.). A ciò si aggiunga che M.F. srl aveva dichiarato un reddito risibile ed un’IVA a credito non documentata; aveva avuto vita breve (dal 28.1.2003 al 15.12.2005); non aveva versato alcunché a titolo di IRPEG, IRAP ed IVA a dispetto dell’accertato elevato volume di affari; il suo amministratore era – per come precisato nella sentenza impugnata – “sostanzialmente nullatenente”; i locali destinati alla attività commerciale (37 mq di superficie) del tutto inadeguati; non risultava infine che tale società avesse mai avuto personale dipendente né fosse stata proprietaria di beni mobili o immobili; la CTR, in modo logico e sufficiente, ha quindi ritenuto provato il carattere di <cartiera> della M.; e che la contribuente <non poteva non sapere>.
– Conclusivamente, la parte contribuente – su cui pure grava l’onere della contraria prova – ha depositato documentazione, ritenuta irrilevante ovvero inidonea rispetto allo scopo perseguito, dalla CTR, con un ragionamento congruo e sufficiente.
– Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.
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