CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 novembre 2020, n. 26414

Pensione di vecchiaia anticipata ex art. 1, co. 8, D.Lgs. n. 503/1992 – Pagamento dei ratei maturati – Slittamento di 12 mesi del diritto al trattamento di vecchiaia – Notevole minorazione dell’efficienza lavorativa dei soggetti richiedenti il trattamento – Sussiste

Rilevato che

Con sentenza pubblicata in data 1/10/2018, la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva accolto la domanda proposta da F. D. e riconosciuto al suddetto alla pensione di vecchiaia anticipata, ex art. 1, comma 8, D.Lgs. n. 503/1992, con decorrenza dal 1/2/2016, e condannato l’Inps al pagamento in favore del suddetto dei ratei maturati, oltre accessori; la Corte territoriale ha ritenuto la fattispecie in esame non regolata dall’art. 12, comma 1, del d.l. n. 78/2010, che prevede lo slittamento di dodici mesi del diritto al trattamento di vecchiaia, in considerazione sia del dato letterale, sia della ratto della norma: al riguardo ha sostenuto che la pensione di vecchiaia anticipata deve ritenersi sottratta alle cosiddette «finestre di accesso» in ragione della notevole minorazione dell’efficienza lavorativa dei soggetti che vi aspirano; la diversa interpretazione propugnata dall’Inps avrebbe comportato lo stravolgimento della ratio sottesa alla disciplina dell’istituto, che è quella di tutelare i soggetti con una ridotta capacità lavorativa;

contro la sentenza ricorre l’INPS, formulando tre motivi;

la parte intimata non svolge attività difensiva;

la proposta del relatore è stata comunicata alla parte unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

in prossimità dell’adunanza, l’Inps ha depositato memoria ex art. 380 bis cod.proc.civ.

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., con riferimento all’art. 360, n. 4, cod.proc.civ., e lamenta l’omessa pronuncia da parte della Corte territoriale sulla questione avente ad oggetto le disposizioni relative all’incremento del requisito anagrafico in relazione alle aspettative di vita; al riguardo, invoca il D.M. 6/12/2011, emesso in attuazione del comma 12 bis dell’art. 12, del D.L. 31/5/2010, n. 78, convertito con modificazioni nella L. 30/7/2010, n. 122, che prevede che «i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici di cui all’art. 12, comma 12 bis … del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122… sono incrementati di tre mesi»;

2. con il secondo motivo l’Inps denuncia la violazione dell’art. 22 ter, comma 2, del D.L. 1/7/2009, n. 78, e dell’art. 12, commi 12 bis e 12 quater del D.L. 31 maggio 2010, n. 78: sostiene che tali disposizioni, che hanno introdotto il sistema di adeguamento dei requisiti di età anagrafica ai fini dell’accesso al sistema pensionistico, abbiano portata generale che, pertanto, trovare applicazione anche per le pensioni di vecchiaia anticipata, in assenza di espresse deroghe indicate dallo stesso legislatore;

3. con il terzo motivo, l’Inps denuncia la violazione dell’art. 12 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito nella L. 30 luglio 2010 n. 122 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), posto che la norma, ad avviso del ricorrente, ha disposto in via generale lo slittamento di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia non solo rispetto ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (60 anni se donne e 65 anni se uomini), ma anche nei confronti di tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento;

4. i motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente, sono fondati alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. 13/11/2018, n. 29191, seguita da Cass. 17/12/2018, n. 32591; da ultimo, Cass. 26 agosto 2020, n. 17796), secondo cui «In tema di pensione di vecchiaia anticipata, di cui all’art. 1, comma 8, della l. n. 503 del 1992, il regime delle cd. ” finestre” previsto dall’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010 (conv., con modif. in l. n. 122 del 2010) si applica anche agli invalidi in misura non inferiore all’ottanta per cento, come si desume dal chiaro tenore testuale della norma, che individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento per lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia, esteso non solo ai soggetti che, a decorrere dall’anno 2011, maturano il diritto a sessantacinque anni per gli uomini e a sessanta anni per le donne, ma anche a tutti i soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti”»; l’ampiezza del dato normativo induce ritenere che in essa vi rientrino anche i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dall’art. 1 del d.lgs. 503/1992 in relazione allo stesso settore privato;

4.1. questa Corte si è anche pronunciata sulla questione posta con il primo e il secondo motivo di ricorso, statuendo che: « La pensione di vecchiaia anticipata per invalidità soggiace alla generale previsione dell’aumento dell’età pensionabile in dipendenza dell’incremento della speranza di vita di cui all’art. 22-ter, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv. dalla L. n. 102 del 2009, poiché la sussistenza dello stato di invalidità costituisce solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 503 del 1992, senza tuttavia comportare uno snaturamento della prestazione, che rimane pur sempre un trattamento diretto di vecchiaia, ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità (in tal senso Cass. 27/11/2019, n. 31001); a tale principio, e alle motivazioni che lo sorreggono, da intendersi qui richiamate ai sensi dell’articolo 132 cod.proc.civ. e 118, disp.att. cod.proc.civ., questo Collegio intende dare continuità;

il ricorso deve pertanto essere accolto, la sentenza impugnata cassata e le parti rimesse dinanzi alla Corte d’appello di Milano, perché decida la fattispecie sulla base dei principi di diritto su richiamati e provveda a regolare le spese anche del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.