CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26459
Tributi locali – INVIM – Accertamento – Immobili – Rettifica di valore – Relazione di stima – Contenzioso tributario
Ritenuto
che la controversia promossa dalla O. di S.F. & C. s.n.c. in liquidazione, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, è stata definita con la sentenza in epigrafe, recante il rigetto dell’appello erariale contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma, favorevole alla contribuente, avente ad oggetto l’impugnazione, in cause riunite, dell’avviso di rettifica di valore (dichiarato, £. 284.000.000, accertato £. 1.000.000.000) e del successivo avviso di liquidazione dell’Invim straordinaria, relativamente a tre unità immobiliari, site nel Comune di Frascati (Rm), ed in forza della relazione di stima redatta dall’Ufficio Tecnico Erariale (UTE) datata 14/12/1994;
che, secondo la C.T.R., “la stima effettuata dall’UTE, per sua stessa ammissione, senza verifica della effettiva consistenza dei beni ma solo con un sopralluogo esterno ed a titolo meramente cautelativo” non è in grado di supportare, sotto il profilo probatorio, il maggior valore dei cespiti accertato ai fini dell’applicazione dell’imposta; che l’Agenzia delle Entrate ricorre per ottenere la cassazione della sentenza con un motivo, cui l’intimata resiste con controricorso;
Considerato
che con il mezzo d’impugnazione la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, la insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, avendo il giudice di appello ripreso la motivazione della pronuncia di primo grado, senza esprimere alcuna autonoma valutazione sulle censure dell’Ufficio appellante, con le quali era stata contestata, tra l’altro, la necessità del sopralluogo, e chiarito il significato da attribuire, in merito ai valori stimati dall’UTE, all’espressione “cautelativamente”, trascurando del tutto di considerare la specificità degli elementi tecnici contenuti nella relazione di stima, versata in atti, ai fini della determinazione del valore a metro quadro degli immobili, avuto riguardo, segnatamente, al rapporto tra superficie coperta e scoperta, alla destinazione del terreno a zona residenziale con indice di edificabilità 03 mc/mq, alla collocazione dei villini in comprensorio residenziale caratterizzato da villini mono e bi-familiari, alla recente realizzazione delle costruzioni, alla conformazione dell’area scoperta a giardino, alberato; che la censura è fondata e merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte;
che, invero, la società contribuente aveva contestato l’insufficienza, sul piano probatorio, della valutazione tecnica dell’UTE, in quanto effettuata sulla base di mero sopralluogo esterno, e di criteri di stima dichiaratamente cautelativi, e tali argomenti, apoditticamente tratti dalla decisione di prime cure, costituiscono la ratio decidendi della impugnata sentenza di appello;
che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, “La motivazione omessa o insufficiente sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. S.U. n. 24148 del 2013);
che, fermi i limiti del controllo di legittimità, non può non rilevarsi che la CTR ha ritenuto inattendibili gli indici contenuti nella stima UTE(la quale – pacificamente – ha il rilievo probatorio di una semplice perizia di parte) in quanto sono frutto di un procedimento estimativo inficiato dall’espletamento di un sopralluogo soltanto esterno, eseguito senza cioè procedere ad un’ispezione diretta sugli immobili, ma non chiarisce affatto le ragioni che dovrebbero condurre a siffatte conclusioni, né tantomeno individua quali specifiche caratteristiche dei beni richiedessero, al fine di pervenire ad una stima attendibile, una verifica in loco da parte dell’ufficio tecnico, verifica che, considerati i valori dichiarati dal contribuente, ed i dati ricavabili dal catasto, non può ritenersi sempre e comunque indispensabile, come sembra invece opinare il giudicante;
che il giudice di merito non può ritenere la valutazione erariale inattendibile sol perché proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, essendo comunque tenuto a verificarne la idoneità a fornire la prova di un determinato valore di mercato dei beni da assumere a base di calcolo dell’imposta, ovviamente entro il perimetro delle contestazioni formulate dal contribuente, mentre la carenza di motivazione della sentenza di secondo grado impedisce, nel caso in esame, la ricostruzione dell’iter logico-giuridico seguito;
che, inoltre, nello stigmatizzare il criterio prudenziale di stima adottato dall’UTE, il giudice a quo neppure si è interrogato sulla possibilità che siffatto modus operandi dell’Ufficio potesse risolversi in un vantaggio per la contribuente, come peraltro sostenuto da controparte, cosa che conferma ulteriormente il rilevato deficit motivazione;
che, pertanto, la sentenza va cassata, con rinvio alla medesima CTR del Lazio, in diversa composizione, la quale applicherà i principi che precedono e regolamenterà le spese della presente fase del giudizio;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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