CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 ottobre 2020, n. 22690
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso per cassazione – Impugnazione appello in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ. – Testo applicabile ratione temporis – Inammissibilità
Rilevato che
con sentenza n. 119/22/13 pubblicata il 21 marzo 2013 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dalla F.S.D. di D.R.E. e D.R.E. s.n.c. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 87/53/10 con la quale era stato a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla medesima società avverso l’avviso di accertamento n. RCE070201158 emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate e con il quale le era stato contestato l’omesso versamento di ritenute alla fonte, relativamente all’anno di imposta 2001 per complessivi € 8.141,00 ed irrogato le relative sanzioni. La Commissione tributaria regionale ha considerato ininfluente la pronuncia del Tribunale del Lavoro di Roma, confermata dalla Corte d’Appello, favorevole alla contribuente avendo rigettato la domanda dell’INPS intesa ad ottenere il versamento dei contributi in relazione a rapporti di lavoro di dipendenti in nero della medesima società, ed ha invece considerato avente fede privilegiata il processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza che aveva riscontrato la presenza di lavoratori in nero sulla base delle dichiarazioni raccolte e della documentazione extracontabile rinvenuta e sulla quale erano annotati alcuni nomi di lavoratori e la retribuzione da essi percepita;
che la F.S.D. di D.R.E. e D.R.E. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi illustrati da successiva memoria;
che l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo scopo di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza;
che l’agente della riscossione, allora Equitalia S.p.A., è rimasta intimata;
Considerato che
con il primo motivo si lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento alla mancata considerazione delle sentenze dei giudici del lavoro che avevano affermato l’insussistenza di rapporti di lavoro subordinato in nero, ed alla considerazione dell’indicazione assai vaga ed indeterminata di alcuni lavoratori senza che ne venissero indicate neanche le mansioni svolte;
che con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 con riferimento alle contestazioni del verbale redatto dalla Guardia di Finanza posto a fondamento dell’accertamento impugnato;
Con il terzo motivo si lamenta la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2700 cod. civ. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 riguardo all’affermata fede privilegiata del verbale redatto dalla Guardia di Finanza e che si riferisce solo alla provenienza dell’atto e non a quanto in esso contenuto;
Che i primi due motivi possono essere trattati congiuntamente. Entrambi devono essere dichiarati inammissibili in relazione alla medesima articolazione delle rispettive censure, in relazione all’art. 360, primo comma n. 5 cod. proc. civ. nella sua formulazione anteriore alla modifica apportata dall’art. 54, primo comma, lett. b), del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 134/2012, essendo viceversa, nella fattispecie in esame, applicabile ratione temporis il testo dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. attualmente vigente, trattandosi di ricorso per cassazione proposto avverso sentenza depositata nel 2013.
Ne consegue che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. SU n. 8053/2014), la contribuente avrebbe dovuto dolersi dell’omesso esame di fatto storico, principale o secondario, oggetto di discussione tra le parti, che, ove debitamente esaminato, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio, restando invece inammissibile, nel contesto di un impianto motivazionale che consente comunque il controllo sulla ratio decidendi, ciascuna censura con la quale si lamenta la carenza motivazionale della decisione impugnata per insufficiente o contraddittoria motivazione;
che anche il terzo motivo è inammissibile, oltre che per quanto già sopra osservato in relazione al parametro di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la censura relativa alla violazione dell’art. 2700 cod. civ. non si confronta con la ratio decidendi. La sentenza impugnata, invero, non attribuisce affatto natura di fede privilegiata al PVC redatto dalla Guardia di Finanza circa l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, ma si basa sul contenuto dei prospetti quali rinvenuti, tanto che espressamente riferisce di dati riepilogativi e non interpretati dai verificatori; né risulta censurato per violazione delle norme in tema di accertamento presuntivo il riferimento al valore indiziario della contabilità informale rinvenuta presso l’esercizio commerciale;
che, con particolare riferimento alle sentenze del giudice del lavoro che hanno escluso l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato con riferimento alla richiesta di versamento di contributi da parte dell’I.N.P.S., va osservato che, da un lato non è comprovato il passaggio in giudicato mediante apposita attestazione ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ., e, dall’altro, che la produzione solo in allegato alla memoria è tardiva in quanto, ove mai formatosi il giudicato per omessa impugnazione nei termini della sentenza della Corte d’Appello di Roma quale giudice del lavoro, peraltro non notificata, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ. alla controparte costituita, esso sarebbe in ogni caso inopponibile in questa quale giudicato esterno, essendo risalente la sua formazione, quand’anche avvenuta, in epoca di gran lunga anteriore alla proposizione del ricorso per cassazione (cfr. Cass. SU n. 13916/2006);
che nulla è a disporsi sulle spese non avendo svolto le parti vittoriose alcuna attività difensiva;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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