CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28966
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico del reddito – Redditometro – Elementi indice di maggiore capacità contributiva – Auto di lusso e abitazione di residenza – Spese di mantenimento – Onere di prova contraria
Rilevato che
1. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia (sezione staccata di Brescia), con la sentenza sopra indicata, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro M.F. avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.P.”) di Cremona (n. 122/3/2012) che, dopo averli riuniti, aveva accolto i ricorsi della contribuente avverso gli avvisi di accertamento che – per i periodi d’imposta 2007 e 2008, per i quali la contribuente non aveva presentato la dichiarazione – recuperavano a tassazione IRPEF redditi determinati con metodo sintetico, sulla base dei coefficienti fissati dai decreti ministeriali sul c.d. redditometro, (nella misura di euro 21.593,92, per il 2007; euro 54.957,36, per il 2008), in considerazione dell’acquisto di un’autovettura di lusso (marca Audi) e della disponibilità di un’abitazione adibita a residenza;
2. la C.T.R., per quanto ancora interessa, ha accolto l’appello dell’Ufficio sul rilievo che, in base alle deduzioni e alle produzioni effettuate dall’Amministrazione finanziaria (“A.F.”), anche tenendo conto del reddito complessivamente prodotto dal nucleo familiare della contribuente, non si sarebbe raggiunta una capienza sufficiente a fare fronte alle spese per il mantenimento dei beni indice. In altri termini, ad avviso della Commissione regionale, posto che l’A.F. aveva fatto legittimo ricorso al redditometro, nel caso concreto la presunzione derivante dall’uso del redditometro non era stata superata dalla contribuente;
3. quest’ultima ricorre con tre motivi; l’Agenzia resiste con controricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso [«1) Violazione dell’art. 38, comma 4, 5 e 6 del D.P.R. n. 600/73, nonché degli artt. 24 e 53 Cost., rilevante ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.»], si censura la sentenza impugnata che, pur riconoscendo l’esistenza di redditi del nucleo familiare, ne ha illegittimamente escluso, in modo implicito, la rilevanza ai fini della quantificazione della base imponibile del reddito della contribuente, accertata con metodo sintetico. Da una diversa angolazione giuridica, la ricorrente rileva che, quanto al periodo d’imposta 2007, dato che il reddito sintetico accertato era pari a euro 21.594,00, mentre quello posseduto dal nucleo familiare era pari a euro 17.068,00, veniva a mancare il presupposto normativo dell’accertamento sintetico, consistente nello scostamento di almeno un quarto tra reddito accertabile e reddito dichiarato. Analoga considerazione è svolta dalla parte privata per sostenere la carenza del requisito normativo dell’accertamento sintetico anche in relazione alla successiva annualità (2008), in considerazione del fatto che l’accertamento sintetico presuppone una divergenza – tra reddito stimato induttivamente e reddito dichiarato – nella misura di almeno un quarto e per due o più periodi d’imposta;
2. con il secondo motivo [«2) Violazione dell’art. 38, comma 4 e 5, del D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»], si assume che la sentenza impugnata non ha considerato incidente sulla determinazione sintetica della base imponibile il reddito complessivo del nucleo familiare della ricorrente solo perché ritenuto inferiore al reddito presuntivamente accertato; indi, la contribuente ascrive alla C.T.R. la violazione del principio di diritto che, ai fini dell’accertamento sintetico del reddito, impone al giudice di valutare la posizione reddituale dell’intero nucleo familiare;
3. con il terzo motivo [«3) Omesso esame circa un fatto decisivo, già costituente oggetto di discussione tra le parti, rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.»], la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere esaminato la questione, sollevata nel ricorso introduttivo e riproposta nelle controdeduzioni in appello, della rilevanza, rispetto alle spese per l’acquisto dell’Audi (con riferimento al periodo d’imposta 2007) e di gestione del veicolo e dell’abitazione posseduta dall’interessata (rispetto ai periodi 2007 e 2008), della disponibilità da parte della madre convivente con la contribuente della somma di euro 73.000,00, che le era stata bonificata dal marito pochi mesi prima dell’acquisto dell’autovettura;
4. i primi due motivi, da esaminare insieme per connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili;
questa Corte ha reiteratamente affermato (cfr. ex multis Cass. 21/11/2019, n. 30355) che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (cd. redditometri), la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega.». Nel caso in esame, la C.T.R. si è attenuta a questo principio di diritto e, con un accertamento di fatto, il cui sindacato esula dal perimetro degli errores in iudicando in esame, in sostanza ha aderito alla prospettazione dell’A.F., che aveva dedotto di avere dimostrato, in primo grado, che anche tenendo conto dei redditi prodotti dai familiari (cfr. pag. 2 della sentenza) «sarebbe rimasto scoperto – in misura anche maggiore – il fabbisogno risultante dagli indici di capacità contributiva.». Sono invece inammissibili le restanti censure concernenti l’insussistenza dello scostamento di almeno un quarto e per due annualità del reddito accertabile con metodo sintetico, sia in ragione del fatto che la questione non risulta essere stata prospettata in sede di merito, sia perché i detti parametri di scostamento (quantitativo e temporale) rilevano nella diversa ipotesi che riguarda i redditi “dichiarati”, laddove, invece, nella fattispecie concreta è pacifico che la contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione per ciascuna delle due annualità;
5. il terzo motivo è inammissibile;
la censura in esso contenuta è illustrata in modo generico, tant’è vero che la contribuente neppure sostiene apertis verbis di avere dedotto, nel giudizio di merito, di avere ricevuto dalla madre il denaro per fare fronte all’acquisto e al mantenimento dell’Audi, ma si limita ad affermare che, in concomitanza con l’acquisto di quel bene indice, sua madre aveva ricevuto dal marito un bonifico di euro 73.000,00. Sotto altro profilo, il motivo pecca d’autosufficienza, in quanto spettava alla ricorrente sia indicare il documento, asseritamente prodotto nel giudizio di merito, attestante la correlazione tra la disponibilità finanziaria materna e gli esborsi per l’acquisto del bene indice, sia trascrivere il testo integrale o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, onde consentire il vaglio di decisività dell’atto, sia infine specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa erariale, erano stati formulati nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica dell’argomento difensivo (sul tema dell’irrilevanza della sola produzione di tale documentazione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione, cfr. Cass. n. 30355/2019, cit.; Cass. 21/05/2019, n. 13625; conformi: Cass. 25/08/2006 n. 18506; Cass. 16/10/2007, n. 21621; Cass. 30/09/2011, n. 20028)»;
6. in conclusione, il ricorso va rigettato;
7. le spese del giudizio di legittimità sono regolate in dispositivo in base al principio della soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.