CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 ottobre 2021, n. 28995

Tributi – Contenzioso tributario – Appello – Sentenza – Motivazione apparente – Adesione alla decisione di primo grado senza illustrare le ragioni – Nullità della sentenza

Rilevato che

1. P.C. impugnò l’avviso di accertamento per Irpef, Irap, Iva, per il 2005 – scaturito da un’indagine finanziaria nei confronti di A.M., socio del contribuente e cointestatario (con quest’ultimo) di un conto corrente bancario – che recuperava a tassazione maggiori redditi (euro 181.652,00) di lavoro autonomo per compensi incassati e non dichiarati e una plusvalenza di euro 475.000,00 derivante dalla cessione a titolo oneroso di un fabbricato. Secondo l’Amministrazione finanziaria (“A.F.”), C. e M., tramite un soggetto interposto (V. Srl), avevano conseguito e sottratto a imposizione una cospicua plusvalenza originata da una complessa operazione immobiliare. Nello specifico, la plusvalenza era stata incamerata da M. e C. in quanto la caparra della cessione dell’immobile (euro 250.000,00), accreditata direttamente (nel 2004) sul conto cointestato ai due soci, non era mai stata retrocessa alla cedente V. Srl, mentre il resto della plusvalenza era stato attribuito (nel 2005), a titolo di restituzione di finanziamento soci, da V. Srl a IFI Srl (titolare del 45% del capitale sociale di V. Srl), società riconducibile a M. e C., la quale infatti aveva girato la somma sul conto corrente assoggettato a verifica fiscale;

2. la Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia rigettò il ricorso del contribuente con sentenza (n. 75/3/2012) confermata dalla Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) dell’Emilia-Romagna; quest’ultima, con la decisione sopra indicata, dopo avere illustrato gli aspetti fattuali dell’indagine tributaria, ha condiviso la pronuncia di primo grado che, a sua volta, aveva riconosciuto la legittimità dell’operato dell’Ufficio. Per la C.T.R. (cfr. pag. 8 della sentenza) «Il comportamento di parte contribuente quale sopra ricostruito e stigmatizzato a cui totalmente ci si riporta conferma, anche documentalmente, quanto qui dedotto a nulla valendo in contrario le avverse argomentazioni mosse in atto di appello ed in memoria che a nulla provano convincentemente in contrario non essendo stato ricostruito un “teorema” degli accertatori ma una precisa ricostruzione delle movimentazioni e delle finalità ricercate dal contribuente a danno dell’Erario»;

3. il contribuente ha proposto ricorso, con sei motivi, illustrati con una memoria, per la cassazione della sentenza d’appello, e l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso [«Nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c., 36, 2° comma, n. 4 d.lgs. 546/92 (art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c.)»], si denuncia la nullità della sentenza impugnata, motivata per relationem e in termini di mera adesione alla decisione di primo grado;

2. con il secondo motivo [«Nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c., 36, 2° comma, n. 4 d.lgs. 546/92 e 111, 6° comma, Cost. (art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c.)»], si fa valere la nullità della sentenza, per motivazione apparente, quale ipotesi che ricorre anche in caso di motivazione per relationem alla decisione di primo grado;

3. con il terzo motivo [«Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32, 1° comma, lett. b) e 42, 2° e 3° comma d.p.r. n. 600/73, nonché dell’art. 2729 c.c., in relazione alla presunta natura reddituale dei versamenti in conto corrente (art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.)»], il ricorrente censura la sentenza impugnata che, come suaccennato, richiama la decisione di primo grado che, per altro, non aveva fatto corretta applicazione delle presunzioni in tema di indagini bancarie attribuendo natura reddituale ad alcune rimesse sul conto corrente cointestato a C. e M.; segnatamente si tratta: (i) del versamento di euro 157.000,00 che, secondo l’appellante, era il rimborso, da parte di V. Srl, di versamenti in conto futuro aumento capitale effettuati dai precedenti soci, i quali avevano poi ceduto a C. e M. le loro quote e i crediti verso la società; (ii) di euro 181.652,00, che per l’Erario erano redditi dell’attività professionale (di agronomo) del contribuente e che, invece, per quest’ultimo erano il frutto dell’attività speculativa svolta insieme con M.; (iii) di un’altra serie di versamenti per l’Ufficio privi di causale e che, invece, per il contribuente provenivano da tali sig.ri Becchi e Morelli, già soci della V. Srl, i quali si erano impegnati a tenere indenne il ricorrente, che aveva acquistato le loro quote, delle sopravvenienze passive della società. In relazione a queste movimentazioni il ricorrente ribadisce che, nel giudizio di merito, aveva vinto la presunzione dell’A.F. dimostrando, con presunzioni semplici senz’altro ammissibili, il carattere non reddituale delle contestate rimesse;

4. con il quarto motivo [«Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. (art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c.)»], il ricorrente assume che la sentenza di primo grado non aveva esaminato il motivo del ricorso introduttivo concernente l’illegittima ripresa a tassazione di alcuni prelevamenti bancari (progressivi nn. 295 e 299 della tabella allegata all’avviso di accertamento) e che identica doglianza era stata riproposto come motivo di appello; ciò premesso, egli addebita alla C.T.R. di non essersi pronunciata sul punto, a causa dell’”appiattimento” alla pronuncia di primo grado che, come già accennato, non aveva affrontato tale argomento;

5. con il quinto motivo [«Violazione dell’art. 32, 1° comma, lett. b) d.p.r. n. 600/73 nonché dell’art. 51, 2° comma, n. 2 d.p.r. 633/72 (art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.)»], rispetto ai contestati prelevamenti (per euro 6.120,00), il ricorrente invoca, anche ai fini dell’IVA, la sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, che ha fatto venire meno l’operatività della presunzione legale dell’articolo 32, in relazione ai prelevamenti sui conti correnti dei professionisti;

6. con il sesto motivo [«Violazione dell’art. 37, 3° comma, d.p.r. 600/73 e degli artt. 67, 1° comma, lett. b) e 86 Tuir in riferimento all’asserita interposizione di V. s.r.l. nella realizzazione della plusvalenza immobiliare nonché dell’art. 2729 c.c. (art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.)»], si censura il vizio della sentenza impugnata (o meglio della decisione di primo grado condivisa in modo acritico dalla C.T.R.) che ha confermato la ripresa a tassazione della plusvalenza immobiliare di euro 475.000,00, asseritamente realizzata dal contribuente con l’interposizione di V. Srl, ma ha trascurato per un verso che, in realtà, la plusvalenza era stata realizzata dalla società, tant’è vero che il Fisco l’aveva accertata e tassata in capo a quest’ultima; per altro verso che, comunque, l’ipotizzata interposizione personale avrebbe dovuto essere riferita a IFI Srl (di cui erano soci C. e M.) e non certo ai soci (intesi come persone fisiche) che non avevano tratto alcun personale provento dall’operazione immobiliare;

7. i primi due motivi, suscettibili d’esame congiunto per connessione, sono fondati, con conseguente assorbimento degli altri motivi;

7.1. questa Corte ha chiarito che «In tema di processo tributario è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della Commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame.»; (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf.: ex multis: 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che «La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame»). Tali precedenti sezionali sono conformi all’insegnamento delle Sezioni unite della Corte, secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n.16159 [p. 7.2.], che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 [p. 2.4.]; Cass. Sez. U., 18/04/2018, n. 9557 [p. 3.5.]);

7.2. tornando all’esame delle censure di nullità, la sentenza impugnata è viziata da motivazione apparente perché, disattendendo gli enunciati princìpi di diritto, con asserzioni lapidarie e tautologiche, in adesione alla decisione di primo grado, senza illustrare le ragioni su cui poggia, dichiara la legittimità dell’operato dell’organo di controllo e, specularmente, omettendo di confutarne la fondatezza, si limita a disconoscere la rilevanza delle minuziose critiche alla decisione di primo grado esposte nei motivi di gravame;

8. in conclusione, accolti il primo e il secondo motivo, la sentenza è cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, per il nuovo esame della controversia, e anche per le spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.