Svolgimento del processo
Rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«L’Agenzia delle Entrate ricorre contro il Fallimento della società X srl per la cassazione della sentenza con cui la Commissione tributaria regionale della Toscana, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento IVA, IRPEG, IRAP con il quale l’Ufficio aveva contestato la registrazione di fatture di acquisto emesse nei confronti della società in bonis dalla società “cartiera” Y sas per operazioni soggettivamente inesistenti, conseguentemente escludendo dei corrispettivi e la detraibilità dell’IVA di cui a dette fatture.
Il ricorso si fonda su due motivi, riferiti, il primo, al vizio di violazione di legge (articoli 19, 21, 23 e 28 d.p.r. 633/72, articolo 4, lettera “d”, d.l. 429/82 e successive modificazioni e articolo 39 d.p.r. 600/73) e, il secondo, al vizio di insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi. I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, devono giudicarsi fondati, con le precisazioni che seguono.
È opportuno premettere che questa Corte si è più volte soffermata sul tema del coinvolgimento dell’acquirente nelle frodi “carosello” poste in essere dal fornitore, e – dopo aver chiarito che tale coinvolgimento non è escluso dalla sussistenza degli elementi oggettivi della cessione, vale a dire la consegna della merce e il pagamento del prezzo (si veda la sentenza n. 867/10: “In tema di IVA, nelle cosiddette “frodi carosello” – fondate sul mancato versamento dell’imposta incassato da società “cartiere” a seguito di acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e successive rivendite anche attraverso l’interposizione di una o più società filtro (“buffers”) – il meccanismo dell’operazione e gli scopi che la stessa si propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato), fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario, con la conseguenza che, in applicazione del relativo principio sancito dall’art. 17 della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, l’IVA assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell’intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari.”) – ha precisato i criteri di riparto dell’onere probatorio tra Fisco e contribuente, enunciando, nella sentenza n. 10414/11, i seguenti principi: “Nel caso di apparente regolarità contabile della fattura, dotata dei requisiti di legge, l’onere della prova grava sull’Ufficio, nel senso che questi deve provare 1) gli elementi di fatto della frode, attinenti il cedente, ovvero la sua natura di “cartiera”, la inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’IVA come modalità preordinata al conseguimento di un utile nel meccanismo fraudolento e simili; 2) la connivenza nella frode da parte del cessionario, non necessariamente però con prova “certa” ed incontrovertibile, bensì con presunzioni semplici, purché dotati del requisito di gravità precisione e concordanza, consistenti nella esposizione di elementi obiettivi – che possono coincidere con quelli sub) 1 – tali da porre sull’avviso qualsiasi imprenditore onesto e mediamente esperto sulla inesistenza sostanziale del contraente, il quale non può non rilevarla e peraltro deve coglierla, per il dovere di accortezza e diligenza insito nell’esercizio di una attività imprenditoriale e commerciale qualificata.
Qualora, con giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, la Amministrazione abbia fornito una prova nei termini di cui sopra, l’onere a carico della medesima si intende assolto e grava sul contribuente l’onere della prova contraria.”.
L’onere di provare (oltre alla frode del cedente, anche) la connivenza del cessionario nella frode del cedente grava dunque sull’Amministrazione, la quale può fornire tale prova mediante presunzioni semplici; queste, in particolare, possono derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti alle caratteristiche del cedente che il cessionario potesse (e quindi dovesse) rilevare, con l’accortezza e diligenza doverose nell’esercizio dell’attività imprenditoriale.
Ciò posto, si osserva che l’unico accertamento di fatto su cui poggia la decisione della Commissione tributaria regionale è contenuto nella seguente affermazione, svolta nel penultimo capoverso di pagina 2: “nei fatti, e ciò non risulta opposto dall’Ufficio, le quattro fatture riguardano merci effettivamente giunte a destinazione, i documenti sono stati regolarmente annotati sulle scritture contabili e pagati con assegni, i primi tre, e con bonifico bancario, l’ultimo, per cui non si riferiscono operazioni inesistenti i cui costi sarebbero stati indeducibili”.
Tale affermazione riguarda esclusivamente l’esistenza oggettiva delle operazioni fatturate (mai messa in discussione dall’Ufficio) e quindi risulta estranea al tema di indagine che la Commissione tributaria regionale doveva affrontare, che non verteva sulla effettività della consegna e del pagamento delle merci fatturato, ma sulla duplice questione, in primo luogo, della natura di “cartiera” della società che aveva emesso le fatture e, in secondo luogo, della consapevolezza della contribuente in ordine a tale natura.
La sentenza gravata – annullando l’avviso di accertamento sulla scorta del solo rilievo dell’esistenza oggettiva delle operazioni fatturate e omettendo di accertare se le operazioni di cui alle fatture in questione fossero soggettivamente inesistenti e se la società contribuente fosse partecipe del meccanismo fraudolento posto in essere dalla società cedente – risulta, dunque, per un verso, in contrasto con la disciplina desumibile dalle disposizioni richiamate dal primo motivo di ricorso e, per altro verso, insufficientemente motivata in fatto.
I motivi del ricorso vanno quindi accolti e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, che si atterrà ai principi di diritto sopra indicati, tenendo peraltro conto, per quanto specificamente concerne la ripresa fiscale relativa alle imposte dirette, della modifica dell’articolo 14, comma quarto bis, della legge 537/93, nel testo introdotto dal primo comma dell’articolo 8 del decreto legge 16/12, come modificato dalla legge di conversione 44/12 (modifica applicabile retroattivamente, in favore del contribuente, anche in materia di IRAP, ai sensi del terzo comma dello stesso articolo 8 d.l. 16/12). Infatti, come precisato con la sentenza n. 10167/12 di questa Corte, “In tema di imposte sui redditi, a norma dell’art. 14, comma quarto bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma primo, d.l. 2 marzo 2012, n. 16, sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti per il solo fatto che essi sono sostenuti nel quadro di una cosiddetta “frode carosello”, anche per l’ipotesi che l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che a norma del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.”.
Si propone l’accoglimento del ricorso e la cassazione con rinvio della sentenza gravata.»;
che il contribuente non è costituito;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide la proposta del relatore;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto e la sentenza gravata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale, in altra composizione, perché si attenga ai principi di diritto enunciati e accerti se l’Ufficio abbia assolto, anche a mezzo di presunzioni, agli oneri probatori sullo stesso gravanti.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
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