CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 agosto 2021, n. 23183
Cartella di pagamento – Controllo automatizzato dichiarazioni – Credito Irpef – Dichiarazioni integrative – Decadenza dei termini
Rilevato che
1. G.D.P. impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Torino la cartella di pagamento di euro 3.553,12 (oltre accessori), emessa in seguito al controllo automatizzato della dichiarazione per il 2008, in conseguenza del mancato riconoscimento di un credito IRPEF, connesso alla ritenuta d’acconto operata, nel 2007, dalla I. Sas di G.D.P. & C. (partecipata dal contribuente). Era accaduto che la società, che aveva omesso di indicare le ritenute subite nel modello Unico 2008 (per l’annualità 2007), le aveva indicate nella dichiarazione integrativa presentata in data 07/10/2009. Lo stesso giorno il contribuente aveva presentato una dichiarazione integrativa per la medesima annualità (2007), al fine di riportare a credito la parte di ritenute di propria competenza (euro 2.752,00). Il giorno dopo (08/10/2009) egli aveva presentato un’altra dichiarazione integrativa per l’annualità successiva che riportava il credito di cui alla precedente dichiarazione integrativa (annualità 2007) anche all’anno successivo, sommandolo a quello indicato per il 2008, indicato nella relativa dichiarazione, presentata il 30/09/2009;
2. la C.T.P. di Torino, con sentenza n. 220/08/2012, rigettò il ricorso sul rilievo che il contribuente, che aveva depositato la dichiarazione integrativa per il 2007 in data 07/10/2009, era ormai decaduto dal relativo termine, maturato in data 30/09/2009;
3. la Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello del contribuente in base alla considerazione, dirimente, che la Cassazione, in alcune pronunce, aveva riconosciuto la possibilità, per il contribuente, di emendare la dichiarazione (allegando errori di fatto o di diritto) anche in sede di contenzioso, al fine di opporsi alla pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria;
4. l’Agenzia propone ricorso con un motivo e il contribuente resiste con controricorso;
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso [«1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis, DPR n. 322/1998, in relazione all’art. 360 […] comma 1, n. 3) c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere ritenuto emendabile la dichiarazione anche in sede contenziosa, oltre il termine decadenziale stabilito dall’articolo indicato in rubrica, senza considerare che, per la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 14294/2014), l’atto di rettifica da parte del contribuente inteso a correggere errori od omissioni sul reddito dichiarato è ammissibile, ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, cit., soltanto entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa alla periodo d’imposta successivo che, nella fattispecie, era scaduto il 30/09/2009, con conseguente tardività della rettifica;
2. il motivo non è fondato;
premesso che è pacifico dagli atti che l’A.F. non ha mai contestato dal punto di vista “sostanziale” il credito del contribuente, ma si è limitata a rilevare soltanto l’intempestività della sua deduzione, la sentenza qui impugnata è conforme all’indirizzo di legittimità, inaugurato da Cass. Sez. U. 30/06/2016, n. 13378 (conf., ex aliis, Cass. 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30796), che il Collegio condivide, per il quale «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria.»;
3. ne consegue il rigetto del ricorso;
4. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, tra le parti, in quanto la giurisprudenza di questa Corte si è andata consolidando successivamente al ricorso per cassazione dell’A.F.;
5. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778);
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.
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