CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 agosto 2021, n. 23196

Rapporto di lavoro – Dirigente – Mancata conferma, alla data di scadenza, dell’incarico quinquennale – Risarcimento dei danni

Rilevato che

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 647/2014, in riforma della pronuncia del Tribunale di Pavia n. 201/2011, ha respinto la domanda proposta da G.M., dirigente medico della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, diretta ad ottenere il risarcimento dei danni patiti per la mancata conferma, alla data di scadenza, dell’incarico quinquennale (2009), di dirigente della struttura complessa di chirurgia pediatrica.

2. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure – premesso che si verteva in una ipotesi di incarico a termine (da tenere distinta da un rapporto a tempo indeterminato) suscettibile di conferma previa valutazione positiva del Collegio tecnico da ritenersi condizione della conferma medesima ma non preclusiva di essa, con conseguente discrezionalità di valutazione per il titolare della responsabilità manageriale – hanno rilevato la insussistenza di un diritto soggettivo dell’interessato ad essere confermato nell’incarico, analogamente alla posizione individuale ravvisabile in caso di prima assegnazione; hanno, poi sottolineato che la natura dell’assegnazione era negoziale di diritto privato, alla cui base vi era una scelta di carattere essenzialmente fiduciaria, affidata alla responsabilità manageriale ex art. 3 co. 1 quater D.lgs. n. 502 del 1992; hanno, inoltre, precisato che, quale atto di natura negoziale, la mancata conferma avrebbe potuto essere sindacata unicamente sotto il profilo dell’osservanza delle regole di correttezza e buona fede, che non si traducevano necessariamente in un obbligo di motivazione, ma unicamente in una censura di devianza abnorme dell’atto rispetto ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., non sussistente nella fattispecie in esame.

3. Avverso la sentenza di appello G.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la Fondazione IRCCS Policlinico Sian Matteo.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 97 Cost., 1175 e 1375 cod. civ., 21 D.lgs. n. 165 del 2001 s.m.i., 3 e 15 e ss. D.lgs. n. 502 del 1992 s.m.i; 29, co. 4, 32 co. 4 del CCNL del 2000 relativo alla Dirigenza medica; 25 del CCNL del 2005 ancora relativo alla Dirigenza medica; nonché violazione e/o falsa applicazione dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza previsti dall’art. 97 Cost. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc: a) per avere erroneamente la gravata sentenza affermato la inapplicabilità dei principi di buona fede e correttezza ai soli rapporti lavorativi a tempo determinato e non anche al caso in esame in cui si era in presenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a cui si era però aggiunto un incarico a tempo determinato; in subordine, per non avere ritenuto che anche l’attività della P.A. datrice di rinnovo di tali incarichi fosse disciplinata dalla normativa imperativa sia per quanto concerneva i presupposti sostanziali, sia per le fasi processuali, sia infine in relazione ai principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza di cui all’art. 97 Cost.; b) per avere assimilato la natura giuridica dell’atto di conferma di incarico direttivo ad un provvedimento di prima attribuzione di incarico dirigenziale; c) per avere qualificato l’atto di conferma come atto negoziale di diritto privato con natura fiduciaria; d) per avere ritenuto assente un obbligo motivazionale per i suddetti atti; e) per avere impropriamente richiamato il precedente di legittimità n. 13089 del 2009.

6. Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., per avere ignorato la gravata sentenza la esistenza di fatti storici, risultanti dagli atti processuali, aventi carattere decisivo in ordine alla dimostrazione della abnorme deviazione dai principi costituzionali di buon andamento e di imparzialità e, quindi, l’illegittimità e/o scorrettezza della mancata conferma dell’incarico da parte del Policlinico.

3. Il primo motivo è infondato.

4. E’ opportuno precisare, in fatto, che al dott. G.M., professore di chirurgia pediatrica presso l’Università degli Studi di Genova, fu conferito dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, con decorrenza 3.11.2004, l’incarico quinquennale di dirigente della Struttura Complessa di Chirurgia Pediatrica. In prossimità della scadenza dell’incarico, dal Direttore della Fondazione fu comunicato al M. l’intento della mancata conferma, con proseguimento del rapporto di lavoro con la qualifica di Dirigente medico, riservando il conferimento di un incarico professionale di alta specializzazione o altro incarico disponibile. In data 3 novembre 2009 il Prof. M. comunicò di riprendere servizio presso l’Ateneo di Genova (cfr. ricorso pag. 7).

5. La Corte di appello ha ritenuto, con una statuizione non adeguatamente impugnata -perché non è stato riportato (in violazione dei principi di autosufficienza e di specificità che devono presiedere alla redazione del ricorso per cassazione) nella doglianza il testo integrale del contratto del 3.11.2004, intercorso tra le parti, onde accertare se lo stesso fosse stato stipulato o meno ex art. 15 septies D.lgs. n. 502 del 1992 – che si verteva in sostanza in ipotesi di incarico/rapporto a tempo determinato e che tale caratteristica, che teneva distinta l’ipotesi in esame da quelle relative ai rapporti a tempo indeterminato, ostava all’applicazione dei principi di buona fede e correttezza.

6. Giova evidenziare che la conclusione della Corte di merito è avvalorata dal fatto che il M., al termine dell’incarico ha dichiarato di avere ripreso servizio (così riporta anche la sentenza di primo grado) presso l’Università di Genova ove dal 2000 era stato nominato professore di chirurgia pediatrica e non di essere stato, nuovamente, riassunto presso l’Ateneo.

7. Ciò premesso, con riguardo alle censure di cui al suddetto motivo, osserva il Collegio che la gravata sentenza della Corte meneghina, che ha ritenuto sussistere in tale fattispecie il potere discrezionale della responsabilità manageriale di confermare o meno l’incarico, pur in presenza di una valutazione positiva del Collegio tecnico, è conforme, sia pure con le precisazioni che seguono, all’orientamento di legittimità (Cass. n. 30228 del 2019), cui si intende dare seguito, secondo il quale, in tema di dirigenza medica, va distinto il termine apposto all’incarico conferito al dirigente medico legato all’azienda sanitaria da contratto a tempo indeterminato, con il termine finale del contratto del dirigente assunto a tempo determinato, perché nel primo caso lo spirare del termine comporta la cessazione dell’incarico ma non del rapporto, mentre nel secondo è lo stesso rapporto che si risolve automaticamente alla scadenza ed il dirigente non vanta alcun diritto soggettivo alla rinnovazione, che, seppure consentita nei limiti previsti dalla legge e dal c.c.n.l., rientra comunque nella facoltà dell’amministrazione, tenuta a valutare la persistenza delle condizioni che legittimano il ricorso alla tipologia contrattuale.

8. La disciplina della dirigenza medica è modulata, infatti, sulla distinzione tra accesso alla dirigenza sanitaria, che implica lo svolgimento delle procedure concorsuali di cui al DPR n. 483/197, all’esito delle quali si instaura il rapporto a tempo indeterminato, e conferimento dell’incarico dirigenziale, che è a termine ed è disciplinato, oltre che dagli artt. 15 e 15 ter del D.lgs. n. 502/1992, dalle disposizioni contrattuali (gli artt. da 27 a 34 del CCNL 8.6.2000 e gli artt. da 25 a 32 del CCNL 3.11.2005). Queste disposizioni, nel prevedere i criteri di attribuzione dell’incarico e nel subordinarne il rinnovo alla previa valutazione positiva del dirigente, così come nello stabilire le conseguenze della valutazione negativa, presuppongono quella che è la caratteristica del rapporto dirigenziale, ossia l’innestarsi del conferimento a termine dell’incarico su un rapporto a tempo indeterminato, che, se non risolto, prosegue anche una volta venuto a scadenza o revocato l’incarico conferito al dirigente.

9. Le richiamate disposizioni contrattuali non possono essere invocate dagli assunti a tempo determinato (come pare fosse il M.), ai quali non si applicano neppure, quanto al conferimento degli incarichi, gli artt. 15 e 15 ter del D.lgs. n. 502/1992, proprio perché il loro rapporto è connotato da temporaneità e si risolve automaticamente alla scadenza, a prescindere da ogni valutazione sull’operato del dirigente.

10. Ma quand’anche volesse ritenersi che la vicenda andasse inquadrata in un rapporto a tempo indeterminato, con un connesso incarico dirigenziale a termine, la gravata pronuncia è comunque conforme all’orientamento di questa Corte (per tutte Cass. n. 5025/2009) che ha affermato che, in tema di dirigenza medica, non è configurabile un diritto soggettivo a conservare un determinato incarico dirigenziale, risolvendosi il controllo giudiziale circa il mancato rinnovo dell’incarico in una indagine sul rispetto delle garanzie procedimentali previste (Cass. n. 27120/2017), nonché sull’osservanza delle regole di correttezza e buona fede.

11. Nel caso in esame, premesso che non sono state formulate doglianze di tipo procedurale, con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, la Corte territoriale ha escluso l’esistenza di elementi di prova attestanti una deviazione abnorme rispetto ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.(Cass. n. 13089/2009).

12. Il secondo motivo è, invece, inammissibile perché si sostanzia, in realtà, in una inammissibile richiesta di rivisitazione del merito della vicenda mediante l’allegazione di indici di scorrettezza e mala fede (che si assumono imputabili alla Fondazione controricorrente e asseritamente omessi nella valutazione dei giudici di merito) di cui, però, per alcuni non vi è prova che fossero stati prospettati rite et recte nei precedenti gradi.

13. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

14. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

15. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.