CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 dicembre 2018, n. 33029
Cassa di Previdenza Ragionieri e Periti commerciali – Riliquidazione della pensione di anzianità – Passaggio dal sistema di calcolo retribuivo a quello contributivo – Principio del pro rata ex art. 3, co. 12, della L. n. 335/1995
Ritenuto che
1. la Corte d’Appello di Napoli, riformando la decisione di primo grado, ha condannato la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali alla riliquidazione della pensione di anzianità, in godimento all’attuale parte intimata con decorrenza 1° febbraio 2003, considerando la media dei 10 redditi più elevati negli ultimi 15 anni anteriori a quello di maturazione della pensione, oltre interessi;
2. per la cassazione della sentenza ricorre, con ricorso affidato ad un motivo, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali, cui ha resistito, con controricorso, D.G.;
3. entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
4. con il ricorso si deduce violazione dell’art. 3, comma 12, legge n. 335 del 1995 per non avere la Corte di merito liquidato il trattamento richiesto, in considerazione del conseguimento, nella specie, del diritto a pensione nel 2003, allorché la pensione era liquidata sulla base di un’unica quota retributiva, alla stregua della media di tutti i redditi professionali conseguiti nell’intero periodo di iscrizione alla CNPR e nel rispetto del principio del pro rata, facendo applicazione dei criteri di calcolo previsti dall’art. 49, secondo comma, del regolamento di esecuzione del 1997, e dunque tenuto conto, pertanto, della media degli ultimi quindici redditi professionali annuali più elevati dichiarati ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per gli ultimi venti anni solari di contribuzione maturati sotto la vigenza del predetto regolamento;
5. il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione;
6. il corretto sistema di calcolo della quota “A” del trattamento pensionistico maturato anteriormente al 1° gennaio 2007, interpretando il principio del pro rata, alla luce del disposto dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995 nella sua formulazione originaria, è stato oggetto di numerose recenti decisioni di questa Corte che qui si intende ribadire fissando, al contempo, i tratti salienti dell’elaborazione della giurisprudenza di legittimità che ha ripetutamente trattato le questioni in esame;
7. quanto, in particolare, al concreto modello operativo di calcolo della quota “A”, in continuità con quanto già affermato da questa Corte (v. ex plurimis Cass. n. 24534 del 2013), vanno ribaditi i principi che seguono;
8. l’applicazione alla fattispecie in esame, relativa a trattamento liquidato prima del 1.1.2007, dei contenuti del principio del pro rata comporta che, rispetto al principio generale secondo cui il trattamento pensionistico va liquidato secondo le regole esistenti al momento della maturazione del diritto a pensione, va garantita la “posizione previdenziale” già maturata che si traduce concretamente nella fissazione di una clausola di non regresso a salvaguardia del mantenimento del diritto al montante complessivo della contribuzione già versata nel corso della vita lavorativa secondo un criterio sinallagmatico per cui l’ammontare della contribuzione accumulata ha un suo valore economico in termini di potenziale rendita vitalizia che non può essere sterilizzato dal legislatore;
9. poiché con le modifiche intervenute nel 2002-2003 si è passati dal sistema retribuivo a quello contributivo con l’introduzione di due quote di pensione – A (retributiva) e B (contributiva) – in simmetria con la riforma del 1995 (v. L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 12), al criterio di calcolo della quota A (retributiva) deve applicarsi il criterio del pro rata formulato dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, per cui all’anzianità già maturata corrisponde una quota di pensione (la quota A) calcolata secondo i previgenti (più favorevoli) parametri;
10. trattasi di regole strumentali alla liquidazione della pensione per cui è alla data di maturazione del medesimo diritto che occorre guardare per individuare le regole da applicare per il calcolo della quota A e, precisamente, vanno applicate le previsioni dell’ art. 49 del Regolamento di esecuzione del 1997 (applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50), in vigore al momento delle radicali modifiche del 2002 e del 2003, secondo cui: “La misura annua della pensione di vecchiaia è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, al 2 per cento della media dei quindici redditi professionali annuali più elevati dichiarati dall’iscritto ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per gli ultimi venti anni solari di contribuzione anteriori a quello dì maturazione del diritto a pensione”;
11. non va, dunque, fatta applicazione di ogni singolo criterio di calcolo via via modificato nel tempo (L. n. 160 del 1963, L. n. 1140 del 1970, L. n. 414 del 1991 e da ultimo dalle delibere del 2002-2003), posto che il principio del pro rata opera solo dall’entrata in vigore di detto art. 3, comma 12, “ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche incidenti sulla determinazione della pensione ed i meccanismi previsti dal Regolamento del 1997 all’art. 49, commi 9 ed 11, (applicabile alle pensioni di anzianità in quanto richiamato dall’art. 50) rivestono natura transitoria con esaurimento della propria efficacia all’interno dei periodi ivi considerati, in relazione alle pensioni liquidate sino al 1.7.2003;
12. non si ritiene, quindi, di poter valorizzare l’unico precedente difforme di questa Corte di cassazione, n. 19303 del 2016, in quanto formatosi in seno ad un giudizio di rinvio e su presupposti processuali peculiari che non è dato in questa sede apprezzare pienamente;
13. quanto, poi, all’applicazione del massimale pensionistico previsto dalla delibera del 28 giugno 1997, va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte di cassazione, (ex plurimis SS. UU. n. 17742 del 2015) secondo cui la Cassa (come gli altri enti previdenziali privatizzati) non poteva adottare, in funzione dell’obiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongono un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti e ciò in quanto l’imposizione del massimale si pone al di fuori della tipizzazione per contenuto del tipi di provvedimento da adottare che caratterizza il potere regolamentare delle casse;
14. il richiamo alla incompatibilità di tali misure rispetto al principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate, non significa che si sia assegnato alla introduzione del massimale il valore di una condizione negativa che agisce all’interno del novero delle misure astrattamente legittime se rispettose della garanzia del pro rata, ma, al contrario, significa ritenere che tale misura è del tutto estranea, nella formulazione dell’art. 3, comma 12, l. n. 335 del 1995, per tipo di misura in sé considerata, al potere regolamentare riconosciuto alla Cassa;
15. le Sezioni Unite della Corte hanno pure osservato che questa impostazione non è validamente contrastata dall’ulteriore obiezione in ordine al contenuto improprio del concetto di pro rata che da essa deriverebbe, non dovendo intendersi tale concetto al punto di applicare ogni singolo criterio di calcolo via via modificato nel tempo a partire dalla L. n. 160 del 1963, poi seguita dalla L. n. 1140 del 1970, quindi dalla L. n. 414 del 1991;
16. il principio del pro rata opera, infatti, solo dall’entrata in vigore di detto art. 3, comma 12, “ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche incidenti sulla determinazione della pensione e, quindi, con riferimento ai criteri di liquidazione che, al momento di introduzione di dette modifiche, sarebbero stati altrimenti applicabili a tali pregresse anzianità” (v. Cass. 26.10.12 n. 18478 e 29.10.12 n. 18559);
17. la sentenza impugnata, che non si è uniformata ai predetti principi, va pertanto cassata e, per essere necessari nuovi accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame, alla luce di quanto sin qui detto, e anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
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