CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 dicembre 2021, n. 40735
Tributi – Accertamento catastale – Attribuzione della rendita – Classamento a seguito di procedura Docfa – Impugnazione – Perizia giurata stragiudiziale di consulente tecnico – Valore meramente indiziario senza rilevanza obbligatoria
Rilevato che
1. La società H.T., in persona del legale rappresentante, proponeva ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza n. 4665/2018, depositata il 15 maggio 2018 della Commissione tributaria regionale della Campania che, nel respingere il gravame dalla stessa proposto avverso la decisione di primo grado, in controversia relativa alla impugnazione di un avviso di accertamento catastale relativo agli immobili ubicati in via C. n. (…) in Capri, affermava la adeguatezza della motivazione dell’atto opposto.
In particolare, i giudici di appello respingevano l’eccezione di carenza motivazionale dell’avviso in quanto contenente gli elementi oggettivi e la classe attribuita dall’Agenzia, in quanto i dati indicati nell’atto opposto, messi a confronto con la dichiarazione Docfa della contribuente, consentivano a quest’ultima di individuare le ragioni della classificazione e quindi tutelarsi nel giudizio di impugnazione dell’avviso.
La CTR escludeva di poi la necessità del sopralluogo ai sensi del d.lgs. n. 70/88, secondo cui la dichiarazione per il classamento consente l’eventuale rettifica anche senza il sopralluogo.
Aggiungeva che la modificazione interna degli spazi non poteva modificare il precedente classamento attribuito dall’Agenzia.
Resisteva con controricorso l’amministrazione finanziaria.
Considerato che
2. La prima censura prospetta “error in procedendo” per vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della I. 212/2000, nonché dell’art. 3 della l. n. 241/1990, in relazione all’art. 360, n. 3), c.p.c.; per avere il giudicante affermato erroneamente la congruità della motivazione dell’avviso, benché l’Agenzia non si fosse limitata ad una diversa stima dei cespiti indicati nella dichiarazione Docfa, ma avesse valutato diversamente gli elementi di fatto indicati dal contribuente.
Deduce che l’amministrazione finanziaria ha provveduto alla rettifica della rendita attribuita agli immobili ed anche al riclassamento degli stessi, senza indicare gli elementi necessari per giustificare le ragioni della variazione.
3. Sotto altro profilo si denuncia l’omessa specificazione dell’iter logico procedurale sotteso alla rettifica della rendita catastale proposta dalla contribuente con la dichiarazione Docfa, riproponendo il denunciato vizio di motivazione dell’avviso opposto, dolendosi dell’assenza del sopralluogo preliminare alla notifica dell’avviso di accertamento e del deficit motivazionale dell’atto impositivo in cui si affermava che “la determinazione del nuovo classamento e della relativa rendita catastale è stata eseguita per unità immobiliari censite nel gruppo D) ed E) con stima diretta sulla base degli elementi economici e quantitativi riportati nella allegata relazione sintetica (all. 1) con riferimento al biennio 1988-1989, in conformità alle disposizioni vigenti che regolano per il catasto edilizio urbano le operazioni dell’estimo catastale, fondate su metodologia comparativa”.
4. La terza doglianza rubricata sotto il primo motivo è incentrata sull’omessa indicazione dei presupposti oggettivi a base della rettifica della rendita catastale proposta dalla contribuente, lamentando che l’avviso difetta della individuazione dell’unità di misura, della consistenza, del valore unitario e della indicazione delle unità immobiliari di riferimento da cui desumere i valori unitari applicati alla consistenza immobiliare nonché trascurando di indicare la percentuale di deprezzamento.
5. Il quarto mezzo denuncia “error in procedendo” per nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., per avere la Regionale omesso di esaminare il motivo di gravame relativo alla “omessa pronuncia da parte della CTP della relazione peritale redatta il 4 agosto 2015 dall’ing. G.A.” nonostante la rilevanza della perizia estimativa che metteva in luce l’assenza di differenza tra valori unitari in ragione delle diverse destinazioni degli ambienti di cui si compone l’immobile riclassato.
6. Infine, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 della Cost., 132 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/92, sostenendo l’illogicità e della motivazione, in cui i giudici avrebbero statuito secondo o schema del “copia e incolla” di altre decisioni, ritenendo che la decisione impugnata si riferisse ad altra fattispecie che esula dal caso in esame.
Nel costituirsi in giudizio, l’Agenzia precisava che l’avviso di accertamento conteneva una mera conferma della precedente rendita catastale notificata alla contribuente il 12 maggio 2011, la cui correttezza era stata confermata con sentenza n. 837/17/2013 dalla CTP di Napoli, deducendo che all’avviso opposto dalla ricorrente per deficit motivazionale era stata allegata la relazione di stima nella quale si determinava la rendita catastale.
7. In via preliminare, appare opportuno esaminare l’ultima doglianza che censura l’illogicità della motivazione dei giudici di appello. Essa è destituita di fondamento.
La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito trascura di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (v. Cass. n. 16736/2007; n. 9105/2017; n. 16057/2018).
Deve ritenersi esclusa la carenza motivazionale a seguito della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, la quale deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Il vizio si converte in violazione di legge nei soli casi di omissione di motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, sempre che il vizio sia testuale; tale “mancanza” si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione dei decisum” (Cass. n. 20112 del 2009).
La motivazione qui impugnata va esente da censura sotto questo profilo, avendo il giudice di merito indicato gli elementi di cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo, in tal modo, possibile il controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
Invero, la CTR ha affermato la legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento in quanto conteneva i dati oggettivi e gli elementi idonei a consentire al contribuente di intendere le ragioni come la motivazione dell’accertamento che faccia seguito alla dichiarazione della parte è soddisfatta attraverso l’indicazione dei dati catastali, trattandosi di elementi idonei a consentire al contribuente, mediamente il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di comprendere le ragioni della classificazione della nuova rendita.
8. Le prime tre critiche tutte indirizzate all’erronea decisione della Commissione per non aver colto l’inadeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento sono inammissibili, prima che infondate.
La società H.T., pur citando una stima allegata all’avviso opposto, si è limitata a trascrivere un frammento dell’atto di accertamento, trascurando di trascrivere integralmente o produrre l’atto impugnato con i relativi allegati ovvero di localizzare il documento nel fascicolo di merito.
Questa Corte ha in più occasioni affermato, con riferimento all’autosufficienza del ricorso per cassazione, che : “il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre verificare anche in quale sede processuale il documento sia prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportarne il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico” (Cass. n. 28184 del 2020).
In particolare, con riferimento alla censura concernente la motivazione di un atto impositivo, è stato chiarito che nell’ipotesi in cui il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento, che non è atto processuale ma amministrativo (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15234), è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio in proposito esclusivamente in base al ricorso medesimo (Cass. 13 febbraio 2014, n. 3289; Casl. n.16147/2017; Cass. n.28570/2019).
8.1 Le censure, così come prospettate, appaiono altresì destituite di fondamento.
Non tanto perché la stessa contribuente ha affermato che la distribuzione degli spazi interni non aveva modificato la struttura, di guisa che la rendita ed il classamento proposti risultano illogicamente discordanti da quelle attribuiti dall’Agenzia precedentemente alla presentazione della Docfa e fatti oggetto di diverso giudizio dinanzi ad altra sezione della CTP, la quale ne confermava la correttezza; quanto per la circostanza che, in relazione alla motivazione degli atti di classamento, costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio secondo cui, in tema, di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del D.L. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito in Legge 24 marzo 1993 n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994 n. 701 (c.d. procedura “DOCFA”), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento può ritenersi soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, cioè nell’ipotesi in cui la discrasia non derivi dalla stima del bene, ma dalla divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare 3 l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass., Sez. 5A, 31 ottobre 2014, n. 23237; Cass., Sez. 5A, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 6A, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6A, 7 ottobre 2019, n. 25006; Cass., Sez. 5A, 13 agosto 2020, n. 17016; n. 3104/2021).
Nella fattispecie, l’Agenzia ha provveduto a rideterminare la rendita basandosi sui medesimi elementi catastali ( categoria e classe) indicati nella dichiarazione della contribuente.
9. Con riferimento al quarto mezzo, relativo alla necessità di un previo sopralluogo, si rammenta che in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della procedura disciplinata dall’art. 2 del D.L. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 1993 n. 75, e del D.M. 19 aprile 1994 n. 701 (c.d. procedura “DOCFA”) ed in base ad una stima diretta eseguita dall’amministrazione finanziaria (come accade, appunto, per gli immobili classificati nel gruppo catastale; “D”), tale stima, che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (esprimendo un giudizio sul valore economico dei beni classati di natura eminentemente tecnica, in relazione al quale la presenza e l’adeguatezza della motivazione rilevano ai fini non già della legittimità, ma dell’attendibilità concreta del cennato giudizio, e, in sede contenziosa, della verifica della bontà delle ragioni oggetto della pretesa), costituisce un atto conosciuto e, comunque, prontamente e facilmente conoscibile per il contribuente, in quanto posto in essere nell’ambito di un procedimento a struttura fortemente partecipativa, con la conseguenza che la sua mancata riproduzione o allegazione all’avviso di classamento non si traduce in un difetto di motivazione (Cass., Sez. 5A, 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., Sez. 5A, 10 novembre 2006, n. 24064; Cass., Sez. 5A, 14 maggio 2010, n. 11804; Cass., Sez. 6A-5, 9 luglio 2018, n. 17971). Peraltro, in tema di classamento, l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, e specificamente quelli classificati nel gruppo catastale “D”), deve avvenire, come previsto anche dall’art. 7 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 604, mediante “stima diretta”, senza che ciò presupponga, peraltro, l’effettuazione di un previo sopralluogo, potendo l’amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione, purché mirata e specifica, delle risultanze documentali in suo possesso (Cass., Sez. 5A, 7 marzo 2019, n. 6633; Cass., Sez. 5A, 27 marzo 2019, n. 8529; Cass., Sez. 6″-5, 7 aprile 2021, n. 9291).
Sennonché, la contribuente neppure ha dedotto che la discrasia è conseguenza di una divergente valutazione degli elementi di fatto, individuando la disarmonia tra dichiarazione Docfa ed avviso nella mera rettifica della rendita.
10. Il secondo motivo non merita accoglimento.
Va preliminarmente precisato che la censura vertente sugli artt. 115 e 116 c.p.c. attiene, effettivamente, alla materia della valutazione dei risultati desumibili dalle prove acquisite processualmente. Ciò premesso, va rilevato che le consulenze tecniche di parte non costituiscono mezzi di prova, ma allegazioni difensive di contenuto tecnico che, se non confutate esplicitamente, devono ritenersi implicitamente disattese (Cass. n. 30364 del 2019).
Inoltre, la perizia giurata stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente tecnico asserisce di avere accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, con la conseguenza che la valutazione della stessa è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice del merito che, peraltro, non è obbligato in nessun caso a tenerne conto (Cass. n. 33503 del 2019; Cass. n. 9551 del 2009; Cass. n. 4437 del 1997).
Né può essere condivisa la doglianza con riferimento agli elementi di prova che le contribuenti hanno dedotto in giudizio, posto che: “il vizio di omessa pronuncia ricorre quando manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, dando luogo alla inesistenza di una decisione sul punto della controversia, per fa mancanza di un provvedimento indispensabile per fa soluzione del caso concreto, non potendo dipendere dall’omesso esame di un elemento di prova” (Cass. n. 7472 del 2017).
Infatti, l’indirizzo consolidato sostenuto da questa Corte ritiene che la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche allegati dalle parti (Cass. n. 16468 dei 2017) e dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. n. 29528/2020, Cass. n.16056 del 2016; Cass. n. 17097 del 2010).
In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla refusione delle spese sostenute dall’Agenzia che liquida in euro 3.500,00, oltre sjbese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore Importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per II ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
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