CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 febbraio 2019, n. 4922
Tributi – Imposte sui redditi – IPAB – Redditi da locazione di immobili di proprietà – Reimpiego nell’attività di assistenza – Previsione statutaria – Applicazione esenzione – Eclusione – Assoggettamento ad imposta prima del reimpiego
Fatti di causa
La C.P. Centro di Ospitalità per Anziani propose ricorso avverso cartella di pagamento, con la quale, in esito a controllo automatizzato della dichiarazione mod. unico/1999 relativa anno d’imposta 1998, era stata iscritta a ruolo, a suo carico, irpeg, per reddito di fabbricati derivante dalla locazione di quattro unità immobiliari, oltre interessi e sanzioni.
A fondamento del ricorso, l’ente ricorrente deduceva l’illegittimità dell’atto ai sensi degli artt. 88, comma 2, t.u.i.r., sostenendo di non essere soggetto passivo di imposta, in quanto istituzione pubblica (già qualificata I.p.a.b.).
L’adita commissione provinciale accolse il ricorso e annullò la cartella, con decisione confermata, in esito all’appello dell’Agenzia delle Entrate, dalla commissione regionale.
La decisione di appello, riscontrato nell’ente ricorrente il requisito soggettivo per accedere all’esenzione dall’imposta, ha ritenuto ricorrente nella specie anche quello oggettivo, in base al rilievo che le rendite derivanti dalla locazione del patrimonio immobiliare, per le quali l’Agenzia pretendeva l’assoggettamento ad imposta, venivano, per statuto, reimpiegate a supporto e finanziamento dell’istituzionale attività di assistenza.
Avverso la decisione di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione in unico motivo.
L’ente contribuente ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 88 e 108 t.u.i.r., in relazione alla previsione di cui all’art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: “Dica codesta Corte se i redditi prodotti da fabbricati in proprietà di un istituto di assistenza (I.P.A.B.), usufruiscono dell’agevolazione prevista dall’art. 88, comma 2 t.u.i.r., come ritenuto dalla CTR sul presupposto che tali redditi per statuto devono essere riutilizzati a fini di assistenza, o non avrebbe piuttosto la C.t.r. dovuto ritenere che ai sensi degli artt. 88, comma 2 e 108 TUIR tali redditi vadano tenuti separati da quelli conseguenti la mera attività di assistenza, e tassati prima del rimpiego in quanto provenienti da attività non esente”.
Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, è, infatti, costante (v., tra le altre, Cass. 28176/08, 28023/09, 3346/13, 8821/14, 9718/15) nel senso che l’art. 88, comma 2, d.p.r. 917/1986 nella formulazione applicabile “ratione temporis”, nel disporre che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente per tali finalità non costituisce attività commerciale, non esclude che, ai sensi dell’art. 108 dello stesso decreto, siano soggetti ad imposta i redditi provenienti da altre attività svolte da tali enti, come quelli fondiari derivanti dalla locazione di immobili, senza che, peraltro, assuma rilevanza la circostanza che i proventi di dette attività siano statutariamente destinati all’esercizio dell’attività istituzionale».
A tale ultimo riguardo, appare, del resto intuitivo che altro è l’utilizzazione degli immobili per l’ “esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie”, altro, il destinare le rendite conseguite attraverso negozi di diritto privato al raggiungimento degli scopi istituzionali, giacché, nel primo caso, si realizza il presupposto dell’agevolazione (l’immobile è direttamente utilizzato per l’esercizio dell’attività di interesse pubblico), nel secondo caso, detto presupposto non si realizza, verificandosi una diversa fattispecie: di percezione (e non di diretta fruizione) di ricchezza da parte dell’ente, successivamente soltanto destinata a realizzare scopi istituzionali.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone l’accoglimento del ricorso; la sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese dell’intero giudizio possono compensarsi, vertendo la controversia su questione che, al momento della proposizione del ricorso originario, non aveva ricevuto sufficiente trattazione giurisprudenziale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, decidendo pronunciando nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto dalla parte contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
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