CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 febbraio 2019, n. 4933
Tributi locali – ICI – Accertamento – Riscossione – Notificazione a mezzo posta – Sanzioni
Ritenuto che
con avvisi di accertamento in data 1.12.2008 il Comune di Calitri determinava le somme dovute dalla N.S. s.p.a. titolo di ICI per gli anni dal 2003 al 2007 oltre interessi e sanzioni.
In data 30.9.2010, divenuti gli avvisi di accertamento definitivi per mancata impugnazione, la società formulava all’ente richiesta di sgravio in autotutela ed il Comune in data 28.3.2011 confermava il diniego di annullamento e/o modifica in autotutela degli avvisi di accertamento.
Impugnata la determinazione da parte della società con ricorso in data 20.5.2011, la CTP di Avellino con sentenza in data 20.9.2011 rigettava il gravame.
Proposto appello avverso detta pronuncia, la CTR della Campania con sentenza in data 18.3.2014 rigettava il ricorso ritenendo che nel caso di specie la contribuente, con l’impugnazione del diniego di autotutela, aveva invocato un provvedimento che postula la valutazione della fondatezza della pretesa tributaria senza allegare né provare l’esistenza di un interesse pubblico all’annullamento.
Avverso detta pronuncia la N.S. s.p.a. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso il Comune di Calitri il quale proponeva altresì ricorso incidentale articolato in un motivo.
Considerato che
vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da parte resistente.
Con riguardo alla prima, afferente all’improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine perentorio di cui all’art. 325 c.p.c. non ritenendosi sufficiente la consegna dell’atto entro il termine nell’ipotesi di notifica fatta dall’avvocato, la stessa è infondata atteso che “In tema di notificazione a mezzo del servizio postale, il principio, derivante dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, secondo cui la notificazione a mezzo posta deve ritenersi perfezionata per il notificante con la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, ha carattere generale, e trova pertanto applicazione anche nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo posta venga eseguita, anziché dall’ufficiale giudiziario, dal difensore della parte ai sensi dell’art. 1 della legge n. 53 del 1994, essendo irrilevante la diversità soggettiva dell’autore della notificazione, con l’unica differenza che alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario va in tal caso sostituita la data di spedizione del piego raccomandato, da comprovare mediante il riscontro documentale dell’avvenuta esecuzione delle formalità richieste presso l’Ufficio postale, non estendendosi il potere di certificazione, attribuito al difensore dall’art. 83 cod. proc. civ. alla data dell’avvenuta spedizione, e non essendo una regola diversa desumibile dal sistema della legge n. 53 del 1994 (vedi Sez. 1, n. 17748/2009).
Parimenti infondata è la seconda eccezione afferente all’inammissibilità del ricorso per mancanza di regolare e valida procura in quanto conferita in data antecedente alla redazione del ricorso atteso che “Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell’apposito albo, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione; ove sia apposta a margine del ricorso, tali requisiti possono desumersi, rispettivamente, quanto al primo, dall’essere stata la procura trascritta nella copia notificata del ricorso, e, quanto agli altri due, dalla menzione della sentenza gravata risultante dall’atto a margine del quale essa è apposta, restando, invece, irrilevante che la procura sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso e che non sia stata indicata la data del suo rilascio, non essendo tale requisito previsto a pena di nullità” (vedi Sez. 2, n. 7014/2017).
Venendo all’esame del ricorso principale, con il primo motivo di ricorso rubricato “Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. – motivazione apparente (art. 360 n. 4 c.p.c.)” parte ricorrente deduceva l’apparenza della motivazione che si è tradotta nella omessa valutazione degli elementi che avrebbe comportato l’adozione di una decisione favorevole alla ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360 n. 5 c.p.c.)” parte ricorrente deduceva l’omessa valutazione da parte del giudice di appello della sussistenza della lesione dell’interesse generale.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono infondati.
A prescindere dal rilievo della mancanza di specificità e di conferenza rispetto alla decisione impugnata delle censure svolte, va rilevato che deve farsi applicazione del principio secondo cui “Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi ad eccepire eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione è definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per allegare eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria” (Cass. ord. 25524/14; in termini, Cass. 11457/10).
Nel caso di specie difetta qualsiasi indicazione a riguardo.
Va ritenuto, invece, inammissibile il ricorso incidentale proposto per difetto di specificità non essendo indicate con chiarezza né le statuizioni oggetto di censura né le censure svolte.
Conclusivamente il ricorso principale va rigettato mentre va dichiarato inammissibile quello incidentale.
Le spese del giudizio vanno compensate in ragione della soccombenza reciproca.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione al ricorrente principale ed a quello incidentale dell’art. 13 comma 1 quater d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale;
– compensa le spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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