CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 febbraio 2020, n. 4506
Differenze retributive – Svolgimento di mansioni superiori – Liquidazione coatta amministrativa – Domanda di insinuazione tardiva – Nuova insinuazione per un credito o una parte di esso, già in precedenza esclusi dal novero del passivo – Eventuale frazionamento della domanda, in relazione a diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti – Interesse, in capo al creditore, oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata
Rilevato che
Con decreto del 24/11/2017, il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione allo stato passivo della C. Ausiliari Traffico soc.coop. a r.l. in l.c.a., proposta da M.I., per ottenere l’ammissione delle differenze retributive tra il parametro 123-130 CCNL Autoferrotranvieri e quello superiore 170, a fronte delle somme già riconosciute per detto periodo a seguito di domanda tempestiva, calcolate sulla base dell’inquadramento inferiore, parametro 130, riconosciuto dal datore di lavoro.
Il Tribunale ha ritenuto inammissibile la domanda tardiva, rilevando che si era formato il giudicato interno a seguito dell’ammissione al chirografo, sulla base della domanda tempestiva fatta valere, né poteva ritenersi che la domanda tardiva fosse diversa per petitum e causa petendi rispetto alla domanda tempestiva, per essere diversa la somma per differenze retributive ed essere allegato lo svolgimento di mansioni superiori, trattandosi di differenze retributive attinenti allo stesso periodo per il quale era stato già riconosciuto il tfr e non un periodo diverso, né rilevava che il rapporto fosse qualificato diversamente, “atteso che con la propria domanda il ricorrente ha implicitamente aderito alla documentale evidenza circa la qualifica svolta e le retribuzioni ricevute e di cui aveva diritto.”
Ricorre con un solo motivo il M.
La liquidazione coatta si difende con controricorso.
Considerato che
Con l’unico mezzo, il ricorrente denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. ed il vizio di motivazione; espone di avere agito nel 2011 avanti al Tribunale di Roma, per ottenere le differenze retributive contestando l’inquadramento economico e che detto giudizio, interrotto all’udienza del 23/12/2014 a seguito della messa in Ica della società, e poi riassunto nei confronti della L. nel maggio 2015, è stato dichiarato improcedibile con sentenza del 21/7/2015; sostiene che le due pretese azionate nella Procedura sono diverse, che la causa per il superiore inquadramento è stata iscritta a ruolo nel 2011 prima dell’apertura della procedura e riguarda periodi diversi (anni 2006-2011), mentre nella domanda di ammissione tempestiva del 10/2/2015 erano state richieste le differenze per mensilità, tfr e ferie per il 2015, secondo l’inquadramento indicato in busta paga.
Superato agevolmente il profilo di inammissibilità fatto valere con riguardo alla intestazione del motivo, considerata l’espositiva dello stesso, ampiamente deponente per doglianza di carattere processuale, va osservato quanto segue. Come affermato nella pronuncia 26377/2011(e conforme la successiva 4282/2012) la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la domanda di insinuazione tardiva sia ammissibile solo se diversa, per petitum e causa petendi, rispetto alla domanda di insinuazione ordinaria, essendo altrimenti preclusa dal giudicato interno formatosi sull’istanza tempestiva (Cass. 20/7/2016 n. 14936 e Cass. 28/6/2012 n. 10882); ciò in quanto il sistema della legge fallimentare – in ragione del principio generale che riconosce carattere giurisdizionale e decisorio al procedimento di verificazione del passivo – esclude la possibilità di proporre una nuova insinuazione per un credito o una parte di esso che siano già stati in precedenza esclusi dal novero del passivo.
La pronuncia 26377 cit., nello specifico, ha rilevato altresì come, per la giurisprudenza di legittimità, “nell’ambito dello stesso rapporto di lavoro costituiscano crediti diversi per carenza di identità degli elementi indicati quelli attinenti alle varie voci (differenze paga, mensilità aggiuntive, ferie, TFR ecc.) essendo diversi gli elementi costitutivi dei singoli crediti e che non vi sia quindi alcuna preclusione alla azionabilità di alcune di esse in via tardiva pur a fronte della proposizione di domanda tempestiva per altre (Cass. civ., n. 20534 del 6 ottobre 2011)”, continuando come segue:” Ma alle stesse conclusioni può giungersi anche in presenza di domande attinenti alla stessa “voce” quando diversa sia sostanzialmente la domanda.
Posto che la causa petendi si identifica con i fatti costitutivi del diritto azionato (Sez. 3, Sentenza n. 11960 del 17/5/2010) e che tale non è il rapporto di lavoro ma lo sono i fatti rilevanti che nello svolgimento dello stesso si succedono non vi è dubbio che, per rimanere alla fattispecie, diversi siano i fatti dai quali sorge il diritto alla retribuzione per un determinato periodo da quelli che a tale fine hanno rilevanza in un periodo diverso, a partire dalla stessa esistenza di elementi costitutivi del diritto per finire a quelli che ne qualificano l’ammontare. Nessuna identità di causa petendi e di petitum, dunque, tra la pretesa per retribuzioni relativa ad un determinato segmento temporale del rapporto di lavoro rispetto a quella attinente ad altro segmento e quindi nessun impedimento a richiederne il riconoscimento nell’ambito del rito fallimentare in tempi diversi, salvo ovviamente il regime delle spese in caso di ingiustificato frazionamento della domanda.”
La questione si interseca infatti con il profilo dell’eventuale frazionamento della domanda, in relazione al quale la pronuncia Sez. U. 4090/2017 ha affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c.
E, con specifica attinenza al caso di specie, la pronuncia 28964/2017 ha affermato che, in tema di plurime obbligazioni pecuniarie relative al medesimo rapporto contrattuale di durata, non costituisce abusivo frazionamento della domanda il comportamento del lavoratore che, dopo aver già agito giudizialmente per il riconoscimento di differenze retributive e dell’indennità sostitutiva del preavviso, chieda la rideterminazione delle medesime voci per effetto del riconoscimento di un superiore inquadramento contrattuale, in considerazione dell’apprezzabile interesse a conseguire subito quanto facilmente accertabile, anche in via monitoria, con salvezza delle ulteriori ragioni creditorie all’esito del più complesso giudizio relativo alla qualifica.
Ora, va osservato che, nella specie, la domanda del superiore inquadramento, con le relative differenze retributive e di tfr per il periodo 2006-2011, pendeva già prima dell’apertura della liquidazione coatta e veniva interrotta per tale ragione all’udienza del 23/12/2014, come riferito dal ricorrente; il Mancini avanzava domanda di ammissione tempestiva a febbraio 2015, limitando le proprie richieste ai crediti derivanti dall’inquadramento operato dal datore di lavoro per il 2015, senza far valere anche le differenze retributive e di tfr conseguenti al ritenuto superiore inquadramento, e solo a seguito della dichiarazione di improcedibilità del giudizio lavoristico riassunto, proponeva domanda tardiva per dette differenze, relative al periodo successivo.
Nella fattispecie, pertanto, si deve ritenere erroneo il rilievo della Corte d’appello, di preclusione della domanda tardiva a ragione del giudicato endofallimentare formatosi a seguito della domanda tempestiva accolta, stante la parziale diversità del titolo oltre che del petitum tra le due domande, né, in ogni caso, potrebbe ritenersi l’ingiustificato frazionamento della domanda, stante l’interesse della parte ad ottenere l’ammissione al passivo con la domanda tempestiva sulla base dell’inquadramento risultante dalle stesse buste paga ed incontestato.
V’è infine da osservare che le eventuali carenze probatorie, sulle quali insiste la difesa della L., non possono rilevare nel presente giudizio di legittimità, dato che la Corte d’appello si è limitata a ritenere in via preliminare ed assorbente l’inammissibilità della domanda tardiva.
Da quanto sopra rilevato consegue la cassazione della pronuncia impugnata, con rimessione al Tribunale in diversa composizione, alla quale si rinvia anche la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la pronuncia impugnata e rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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