CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 giugno 2018, n. 16228
Tributi – Condono ex art. 9 della Legge 289/2002 – Processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza consegnato al legale rappresentante – Causa ostativa di accesso al condono
Ritenuto in fatto
1. A seguito di indagini bancarie svolte dalla Guardia di Finanza venivano redatti due diversi processi verbale di constatazione consegnati al legale rappresentante della G. s.r.l., con la contestazione di inattendibilità delle scritture contabili e conseguente emissione di avviso di accertamento per l’anno 1999, con recupero a tassazione di versamenti e prelevamenti ai sensi dell’art. 32 d.p.r. 600 del 1973, e con l’accertamento di un maggior reddito pari ad € 711.646,00 a fronte del reddito dichiarato per € 67.790,00.
2. Avverso l’avviso di accertamento proponeva ricorso la società evidenziando che vi era difetto di motivazione, che era stato applicato erroneamente il comma 14 dell’art. 9 della legge 289/2002, che vi era stata errata determinazione del quantum.
3. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, in quanto il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza non era atto ostativo per la definizione agevolata ai sensi dell’art. 9 della legge 289/2002.
4. Proponeva appello l’Agenzia delle entrate rilevando che l’art. 9 al comma 14 della legge 289/2002 faceva riferimento, tra le cause ostative, al processo verbale di constatazione con esito positivo, senza operare distinzioni in base all’organo verificatore, per il quale non era stata perfezionata la definizione ai sensi dell’art. 15 della stessa legge, che l’invito al contraddittorio si era concluso con esito negativo in data 8-11-2002, che vi era stata proroga dei termini per l’accertamento.
5. La Commissione tributaria regionale accoglieva il gravame, rilevando che il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza equivaleva, quanto agli effetti, a quello redatto dall’Ufficio finanziario, impedendo comunque l’accesso al condono, che la consegna del processo verbale di constatazione al contribuente equivaleva alla notifica dello stesso, che la società era stata destinataria di un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza il 27-12-2001, che l’Agenzia aveva notificato l’invito al contraddittorio in data 10-10-2002, che il contraddittorio si era concluso con esito negativo in data 8-11-2002, quindi prima della entrata in vigore della legge 289/2002 del 27-12-2002, che ai sensi del comma 14 dell’art. 9 della legge 289/2002 l’istanza di definizione non poteva essere accolta se era stato già notificato processo verbale di constatazione con esito positivo, che la società non aveva provveduto alla definizione del processo verbale di constatazione ai sensi dell’art. 15 di tale legge, che vi era stata la proroga biennale ai sensi dell’art. 10 della legge 289/2002, che l’avviso di accertamento era motivato per relationem, essendo stati notificati i processi verbali di constatazione a G.M. e G.F., che il maggior reddito era stato accertato in base ai versamenti ed i prelevamenti risultanti dal conto corrente della società ai sensi dell’art. 32 del d.p.r. 600 del 1973, che la contabilità era irregolare ai sensi dell’art. 39 comma 2 lettera d del d.p.r. 600 del 1973, che non spettava l’esenzione decennale Irpeg per genericità della proposizione.
6. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione la società.
7. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 9, comma 14, legge n. 289/2002, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” in quanto la consegna al legale rappresentante della società del processo verbale di constatazione non equivale alla notificazione dello stesso, stanti le maggiori formalità proprie della “notificazione”, sicché non costituisce causa ostativa all’accesso al condono ai sensi del comma 14 dell’art. 9 della legge 289/2002.
1. Tale motivo è infondato.
Invero, ai sensi dell’art. 9 comma 14 della legge 289/2002 “le disposizioni del presente articolo non si applicano qualora: a) alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo…”
Per la Suprema Corte, infatti, in tema di accertamento con adesione, il riferimento, contenuto nell’art. 3 del decreto legge 30 settembre 1994, n. 564, come modificato dall’art. 1 del decreto legge 9 agosto 1995, n. 345, alla notificazione del processo verbale di constatazione, quale fatto ostativo alla definizione, non esclude che la fattispecie impeditiva possa realizzarsi anche attraverso la mera consegna del processo verbale all’interessato; la relativa attestazione, infatti, costituendo prova ufficiale di tale adempimento, è idonea a soddisfare le esigenze di certezza sottese alla forma speciale prescritta affinché il contenuto dell’atto sia portato a conoscenza dell’interessato, non valendo, in contrario, il riferimento alle modalità previste per l’atto di accertamento, per il quale non sono prescritte forme di comunicazione preliminari o alternative alla notifica (Cass. Civ., 25 novembre 2005, n. 24913; Cass. Civ., 20 maggio 2011, n. 11243).
2.1. Con il secondo motivo di impugnazione la società deduce “Violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.: a) degli artt. 43, d.p.r. n. 600/1973, 57 d.p.r. n. 633/1972 e 10 legge n. 289/2002; b) degli artt. 56, d.p.r. n. 633/1972, 42 d.p.r. n. 600/1973 e 7 legge n. 221/2000; c) dell’art. 39, comma 2, lettera d, d.p.r. n. 600/1973; d) degli artt. 26, comma 3, d.p.r. n. 601/1973, 105 del d.p.r. n. 218/1978 e della legge n. 64/1986”.
In particolare (motivo 2 lettera a), la società rileva che vi è stata decadenza della Agenzia dal potere di accertamento ai sensi dell’art. 43 del d.p.r. 600 del 1973, non potendosi applicare la proroga biennale di cui all’art. 10 della legge 289/2002, essendosi la società avvalsa delle disposizioni sul condono.
Inoltre, (motivo 2 lettera b),l’avviso di accertamento è nullo per difetto di motivazione, in assenza della allegazione dei due processi verbali di constatazione notificati a due soggetti diversi, il primo (redatto in data 27-12- 2001) a G.M., legale rappresentante a far data dal 31-5-2001, il secondo (redatto in data 3-2-2003), a G.F., legale rappresentante dal 9-2-2001 al 31-5-2001.
Quanto al motivo 2 lettera c) la società rileva che la contabilità era regolare sicché non poteva procedersi ad accertamento extracontabile ai sensi dell’art. 39 comma 2 lettera d d.p.r. 600 del 1973, in quanto nel libro giornale vi erano indicate tutte le pagine ed il libro inventari non era stato proprio richiesto dagli organi accertatori.
Con il secondo motivo sub d) si chiede di tenere conto della esenzione decennale di cui agli artt. 26, comma 3, del d.p.r. 601/1973, 105 del d.p.r. 218/1978 e della legge n. 64/1986.
2.2. Tali motivi, che possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.
Invero, l’art. 10 comma 1 della legge 289/2002 prevede che “per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli articoli da 7 a 9 della presente legge … i termini di cui all’articolo 43 del d.p.r. 600/1973 … sono prorogati di due anni”.
Nella specie, infatti, la società non si è avvalsa del condono, in quanto vi era una ragione ostativa allo stesso, segnatamente con riguardo alla notificazione (rectius consegna) del processo verbale di constatazione prima della entrata In vigore della legge 289/2002.
Per la Suprema Corte, in tema di condono fiscale, la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli uffici finanziari dall’art. 10 I. 27 dicembre 2002 n. 289, opera, “in assenza di deroghe contenute nella legge” sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perché raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge (Cass.Civ., 23 luglio 2010, n. 17395).
Inoltre, si evidenzia che, come ammette la stessa ricorrente, il processo verbale di constatazione redatto il 27-12-2001 è stato di sicuro notificato al legale rappresentante della società a far data dal 31-5-2001, G.M.. Il secondo processo verbale, redatto il 3-2-2003, è stato, invece, notificato al precedente amministratore.
Per la Suprema Corte, in tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione – nella specie, l’avviso di accertamento era stato motivato con riferimento ad un processo verbale di constatazione, precedentemente consegnato in copia previa sottoscrizione – (Cass.Civ., 4 gennaio 2015, n. 407).
Peraltro, la ricorrente non ha neppure richiamato il contenuto integrale dell’avviso di accertamento per consentire alla Corte di verificare l’adeguatezza della sua motivazione.
L’Agenzia delle entrate, in sede di controricorso, ha rilevato sul punto che “nel medesimo avviso di accertamento è stato pressoché integralmente trasfuso il contenuto essenziale, con i rilievi e le contestazioni relative, dei processi verbali suddetti” (cfr. pagina 5 del controricorso).
La circostanza che la contabilità fosse tenuta in modo irregolare (motivo 2 lettera c) consentendo, quindi, l’accertamento ai sensi dell’art. 39 comma 2 lettera d del d.p.r. 600 del 1973, emerge non solo dalla mancata consegna del libro degli inventari, ma anche e soprattutto proprio dalle indagini bancarie che hanno evidenziato una rilevantissima quantità di prelevamenti e versamenti sul conto corrente della società, del tutto negletti nelle scritture contabili della medesima.
Per la Suprema Corte, infatti, in tema di accertamento delle Imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass.Civ., 5 maggio 2017, n. 11102).
Con riferimento alla pretesa esenzione Irpeg decennale (motivo 2 lettera d) si rileva che la società dopo aver allegato che il provvedimento di diniego della agevolazione con riferimento all’anno 1999 è stato ritenuto illegittimo con sentenza della Commissione tributaria provinciale del 19-2-2000, non ha però dimostrato il passaggio in giudicato di tale decisione.
La ricorrente non ha neppure indicato o trascritto il contenuto della decisione citata, sicché il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non consentendo alla Corte di comprendere le ragioni sostanziali sottese a tale sentenza.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la società deduce “violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., per motivazione meramente apparente”.
3.1. Tale motivo è infondato.
Invero, la sentenza è congruamente motivata, soffermandosi su tutti i motivi dell’appello e dando conto con logicità e precisione delle argomentazioni poste alla base dell’accoglimento di ogni singola censura.
In particolare, si evidenzia la ragione ostativa all’accesso al condono da parte della società, avendo ricevuto la consegna del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, prima della entrata in vigore della legge 289/2002, la mancata definizione di tale processo verbale di constatazione, la proroga biennale dei termini per l’accertamento, l’avvenuta notificazione dei processi verbali di constatazione e la conseguente completezza della motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, la presunzione di maggiore reddito per via dei prelevamenti e dei versamenti sul conto corrente bancario della società, senza annotazione degli stessi nelle scritture contabili, la legittimità dell’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39 comma 2 lettera d del d.p.r. 600 del 1973, le ragioni del rigetto della richiesta di esenzione decennale irpeg.
4. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della società ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente a rimborsare in favore della Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi € 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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