CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 giugno 2019, n. 16573
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Mancata osservanza del litisconsorzio necessario – Sentenza – Nullità – Valutazione delle prove indiziarie
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 141/25/11, depositata il 5.04.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, con la quale era accolto solo parzialmente l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione provinciale n. 211/07/2009, che aveva integralmente annullato gli atti impositivi notificati alle società A.-E. di F.A. s..a.s. e M. s.r.I., nonché ai soci della prima, F.A., L. e R.;
ha riferito che a seguito di verifiche condotte nei confronti delle due menzionate società e della B. s.r.l. erano emerse operazioni oggettivamente inesistenti, avvalorate dai legami famigliari tra i soci e legali rappresentanti delle compagini societarie, dall’assenza di depositi o luoghi dove svolgere le dichiarate attività di commercio all’ingrosso di cereali e legumi secchi, dall’assenza di personale. Con riferimento agli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005, erano state in particolare considerate oggettivamente inesistenti le cessioni di prodotti agricoli intercorse tra la cedente A.E. e l’acquirente B., priva di depositi ove stipare la merce acquistata, per tutte le predette annualità; le operazioni di costruzione, da parte della società M., di un opificio della A.E., composto da uffici, impianto molitorio, capannoni e silos, relativamente ai costi fatturati nell’anno 2004; le operazioni di fornitura di macchinari relativi all’opificio da parte delle società C.M.I. di D.L.P. e C.M.I. di R.F., relativamente ai costi fatturati negli anni 2004 e 2005; inoltre erano state contestate ulteriori operazioni, sempre relative alla contabilità della Agri Effe, i cui costi erano dichiarati negli anni dal 2003 al 2005, ma non adeguatamente documentati; era ritenuti indeducibili i costi d’ammortamento contabilizzati nell’anno 2005 per acquisti registrati in anni precedenti e ritenuti inesistenti. Quanto alla M. si contestava l’indebita deduzione, per operazioni oggettivamente inesistenti, di fatture emesse dalla società G. s.r.l. relativamente agli anni 2003 e 2005.
L’Ufficio delle Entrate aveva dunque proceduto ad emettere avvisi di accertamento nei riguardi della A.-E. e dei suoi soci per gli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005, e avvisi di accertamento nei riguardi della M. s.r.l. per gli anni d’imposta 2003 e 2005, il tutto ai fini IVA ed Irap per le società, ai fini Irpef per i soci.
Era seguito il contenzioso, instaurato dalle società nonché dai soci della A.-E., dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, avverso tutti gli atti impositivi, esitato, previa riunione dei ricorsi, con l’annullamento degli avvisi.
L’Agenzia aveva impugnato la pronuncia dinanzi alla Commissione regionale, che con la sentenza ora al vaglio della Corte aveva accolto l’appello limitatamente ad alcuni costi minori, afferenti la manutenzione dei mezzi, rigettandolo per tutte le altre voci.
La ricorrente censura la sentenza con cinque motivi:
con il primo per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, dell’art. 40 del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del socio F. A., con riguardo agli anni d’imposta 2004 e 2005;
con il secondo per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., riferito ai rapporti tra la società A.E. e la società B., per aver mal governato le prove indiziarie che dimostravano le fittizie operazioni di cessione di prodotti agricoli dalla prima alla seconda società;
con il terzo per violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, nonché per omessa e insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi della causa, in relazione all’art. 360 co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c., riferito alle operazioni di costruzione dei silos e alla installazione delle attrezzature, asseritamente non realizzate, per non aver tenuto conto delle regole di competenza sulla imputazione dei costi;
con il quarto per insufficiente motivazione su punti controversi e decisivi della causa, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992, per l’errato convincimento raggiunto dai giudici d’appello sulla insufficienza degli elementi indiziari;
con il quinto per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 co. 1, n. 4 c.p.c., per aver omesso di pronunciarsi sul motivo di ricorso, proposto in appello avverso la sentenza di primo grado, relativo alle operazioni intervenute tra la M. e la G., relativo alla inesistenza di operazioni fatturate per gli anni 2004 e 2005.
Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale statuizione.
Si sono costituiti i contribuenti, chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato che
Il primo motivo, con il quale l’Amministrazione si duole del mancato rispetto del litisconsorzio necessario tra la A.E. e tutti i suoi soci, relativamente alla controversia avente ad oggetto gli anni d’imposta 2004 e 2005, è fondato.
Dallo stesso stralcio della sentenza del giudice di primo grado, riportato nel ricorso, emerge che quel collegio ebbe a riconoscere che <<per mero errore materiale non è stato posto in discussione il ricorso proposto dal socio F. A. RGR 3077/08>>. La circostanza, peraltro neppure contestata nella sua effettività processuale, è sufficiente per confermare che il giudizio introdotto dal F. A. avverso gli atti impositivi che lo avevano attinto in ragione del maggior reddito d’impresa a lui attribuito ex art. 5 del TUIR quale socio della A. E., non fu mai riunito agli altri, sicchè, relativamente a tali anni d’imposta, ogni decisione dei giudici di merito è stata adottata nella carenza del litisconsorzio necessario. Né il radicale vizio di nullità della decisione può essere superato affermandosi che relativamente all’anno d’imposta 2003 il litisconsorzio necessario era stato compiutamente rispettato e che dunque il F. A. fosse parte in una delle cause riunite. Ciò perché la utilizzabilità di prove formatesi in altri giudizi tra le stesse parti deve avere un comune presupposto e una medesima regola operativa: da un lato, occorre che l’oggetto dei due giudizi sia il medesimo; dall’altro, occorre che la prova formatasi aliunde sia ritualmente acquisita al processo di cui si discute (cfr. Cass., 19373/2017; 15189/2001). Nel caso di specie non solo non è dato comprendere in quale momento processuale fu disposta la riunione del giudizio relativo all’avviso di accertamento nei confronti del F. A. per l’anno d’imposta 2003 agli altri giudizi, ma, soprattutto e in modo assorbente, si tratta comunque di anni d’imposta autonomi e distinti, sicchè va radicalmente esclusa la possibilità di utilizzo di prove assunte in altri giudizi e per altri anni d’imposta. Deve pertanto dichiararsi la nullità della sentenza per la parte relativa agli anni d’imposta 2004 e 2005, relativamente agli avvisi di accertamento che hanno attinto la A. E. e i suoi soci.
Esaminando ora i motivi secondo e quarto, che possono essere trattati congiuntamente perché relativi a censure mosse alla pronuncia del giudice d’appello, sotto i profili del vizio motivazionale e dell’error in judicando, in riferimento ad operazioni ritenute inesistenti compiute dalla A. E. e dunque con riguardo agli atti impositivi che hanno attinto quella società e i suoi soci, essi in parte, con riguardo agli anni d’imposta 2004 e 2005, sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo per mancato rispetto del litisconsorzio necessario, in parte, con riguardo all’anno d’imposta 2003, sono fondati.
In ordine alle concrete modalità di utilizzo e valorizzazione delle prove indiziarie, di cui con il ricorso se ne denuncia sostanzialmente un malgoverno anche in riferimento alla distribuzione dell’onere della prova, compete alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, il controllo della corretta applicazione dei principi contenuti nell’art. 2729 c.c. alla fattispecie concreta, poiché se è devoluto al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., per valorizzare gli elementi di fatto quale fonte di presunzione, tale giudizio è soggetto al controllo di legittimità se risulti che, nel violare i criteri giuridici in tema di formazione della prova critica, il giudice non abbia fatto buon uso del materiale indiziario disponibile, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (cfr. Cass., ord. n. 10973/2017, Cass., sent. n. 1715/2007).
Peraltro, ai fini dell’utilizzo degli indizi, mentre la gravità, precisione e concordanza degli stessi permette di acquisire una prova presuntiva, che, anche sola, è sufficiente nel processo tributario a sostenere i fatti fiscalmente rilevanti accertati dalla amministrazione (Cass., sent. n. 1575/2007), quando manca tale convergenza qualificante è necessario disporre di ulteriori elementi per la costituzione della prova.
La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente di fornire la prova contraria.
Perimetrati i principi cui attenersi nella valutazione del giudizio formulato dalla Commissione regionale, nella sentenza si afferma che: 1) non può escludersi che quanto al rapporto commerciale intercorso tra la Agri Effe e la B. la cessione di merci sia avvenuta sulla carta, senza necessità che l’acquirente acquisisse la fisica disponibilità di esse; 2) quanto alle fatture relative alle opere di realizzazione dell’opificio (comprensivo di palazzina, impianto molitorio, capannone e silos) e implementazione dei macchinari, la stessa realizzazione delle opere escluderebbe la esistenza di fatture relative ad operazioni inesistenti; 3) «non ci sono prove certe di sovrafatturazione».
Il ragionamento del giudice d’appello, astrattamente logico, trascura quella pluralità di indizi che nella parte espositiva della decisione il medesimo giudice regionale aveva elencato, ossia a) la commistione tra le varie società di rappresentanti legali e soci, tutti imparentati; b) la allocazione della sede sociale della B. presso l’ufficio del proprio amministratore F.L. (socio della A. E.), nonché l’assenza di personale dipendente e la mancanza di depositi e sedi secondarie; c) la carenza di capacità della M. di realizzazione delle opere di costruzione dell’opificio della A. E., ed inoltre la commissione in subappalto delle suddette opere ad altre società, che tuttavia avevano negato la circostanza; la mancata corrispondenza tra l’anno di emissione delle fatture relative alla realizzazione dei silos (2004) e la effettiva data di realizzazione (successiva al 2004); d) una pluralità di assegni bancari emessi dalla M., pur appaltatrice dell’opificio, e poi dalla C.M.I., pur venditrice dei macchinari molitori, tutti in favore della A. E., attestanti dunque la ripetizione di pagamenti eseguiti dalla committente A. E., senza apparenti giustificazioni.
A fronte di una imponente pluralità di indizi occorreva che il giudice regionale evidenziasse il percorso logico seguito, a dimostrazione della valutazione analitica ma ad un tempo complessiva dei medesimi indizi. Sennonché nulla di tutto questo emerge dalla motivazione, se non affermazioni generiche, quali la libertà di gestione della propria struttura organizzativa ai fini dell’acquisto e della vendita della merce, oppure la mera affermazione di principio, in ordine alla assenza di «prove certe di sovrafatturazione>>.
Ne discende che la decisione è viziata dal malgoverno delle regole di valutazione delle prove indiziarie, con violazione degli artt. 2729 e 2697 c.c. Per gli stessi limiti di ragionamento la motivazione è palesemente insufficiente.
Pertanto i due motivi vanno accolti.
Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo e dal quarto.
Fondato infine è il quinto motivo, con cui si lamenta la nullità della sentenza per non aver esaminato le censure mosse alla decisione di primo grado relativamente alla inesistenza delle operazioni intervenute tra la M. e la G., fatturate negli anni 2004 e 2005.
Sul punto la sentenza del giudice regionale è del tutto omissiva, con conseguente error in procedendo e pertanto, in tali limiti, ne va dichiarata la nullità.
Considerato che
In accoglimento del primo motivo la sentenza va dichiarata nulla per mancata osservanza del litisconsorzio necessario nei confronti di F. A., relativamente al contenzioso tra l’Ufficio, la società A.E. e i suoi soci, avente ad oggetto gli anni d’imposta 2004 e 2005; devono peraltro dichiararsi assorbiti parzialmente dall’accoglimento del primo i motivi secondo e quarto, nonché il terzo, per quanto riferibile agli atti impositivi relativi ai medesimi anni d’imposta. A tal fine la sentenza va cassata e il giudizio va rinviato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, previa separazione dei giudizi afferenti quegli anni d’imposta e i relativi contribuenti (A. E. ed i soci F. A., L. e R.). In accoglimento del quinto motivo, nonché del secondo e del quarto motivo, per quanto non assorbiti dal primo (il terzo sempre assorbito per quanto affermato in motivazione), la sentenza va invece cassata e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, che in diversa composizione deciderà il merito tenendo conto dei principi di diritto somministrati in tema di valutazione delle prove indiziarie (relativamente dunque all’anno d’imposta 2003 per la A. E. e i suoi soci; alla M. s.r.l. per gli anni d’imposta 2003 e 2005 a lei contestati).
Stante l’esito del giudizio sussistono i presupposti per la compensazione tra le parti del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il quinto motivo di ricorso e nei termini di cui in motivazione il secondo e il quarto. Dichiara assorbito il terzo. Cassa in relazione ai motivi accolti e, previa separazione dei processi rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, la causa relativa agli anni d’imposta 2004 e 2005 e alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Foggia, in diversa composizione, la causa relativa all’imposta 2003 e, nei limiti di cui in motivazione, relativa agli altri anni d’imposta 2004 e 2005.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
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