CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 giugno 2019, n. 16651
Iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli – Prova della effettività della prestazione lavorativa – Testimonianze – Accesso ispettivo
Rilevato che
La Corte di appello di Catanzaro con la sentenza n. 1681/2017 aveva accolto il ricorso dell’Inps avverso la decisione con la quale il Tribunale di Castrovillari aveva riconosciuto il diritto di G.C. all’iscrizione negli elenchi dei braccianti agricoli del comune di residenza per l’anno 2008. La Corte territoriale aveva ritenuto non fornita dal lavoratore la prova della effettività della prestazione lavorativa. In particolare aveva ritenuto che le testimonianze rese dai testi escussi (peraltro ricorrenti in altre cause di eguale contenuto), fossero in assoluta contrapposizione con le ulteriori risultanze istruttorie dalle quali era emerso che in taluni casi la prestazione non poteva essere stata fornita (alcuni titolari delle aziende indicate non erano risultati proprietari di terreni, fabbisogno delle giornate lavorative inferiore a quello dichiarato).
Avverso detta decisione la G. proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva l’Inps con controricorso.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Considerato che
1) Con il primo motivo è dedotta la omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 1° co. n. 5 c.p.c. ed all’art. 116 c.p.c.. Parte ricorrente, pur richiamando il vizio di cui alla norma richiamata, lamenta in sostanza la errata valutazione delle prove raccolte ed in particolare delle prove testimoniali, anche rilevando l’errata gestione degli oneri probatori da parte del giudice del gravame.
Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 17761/2016)
Ha anche specificato che “L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciatile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia” (Cass. n. 23238/2017).
La decisività del “fatto” omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiché determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).
Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.
Nel motivo in esame alcuno specifico fatto storico è espressamente indicato, essendo invece riproposte le complessive dichiarazioni testimoniali, di cui si richiede, in sostanza, un riesame non consentito in questa sede di legittimità. Di ciò la inammissibilità della censura.
2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione ed errata applicazione degli artt. 246 e 421 c.p.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente la Corte d’appello valutato inutilizzabili le testimonianze in quanto rese da altri lavoratori mossi da un comune interesse perché ricorrenti in altre controversie di eguale natura.
Il motivo risulta inammissibile oltre che infondato in quanto la corte di merito dopo aver dato atto delle risultanze testimoniali rese ha valutato le stesse alla luce delle ulteriori elementi istruttori, pure acquisiti nel processo, quali i verbali ispettivi dell’Inps, dai quali erano risultati accertati elementi in contrasto con le dichiarazioni (taluni dei titolari delle aziende per le quali era indicata la prestazione di lavoro non possedevano terreni o comunque non avevano avuto rapporti con la cooperativa di cui faceva parte il ricorrente). Si tratta all’evidenza di un giudizio di merito inerente l’esame degli elementi probatori anche sotto il profilo della veridicità degli stessi e del differente grado di convincimento per il giudice, che non può essere oggetto di un riesame in sede di legittimità. Alcuna violazione dei principi in materia di capacità a testimoniare è dunque rinvenibile nella legittima valutazione da parte del giudice delle differenti fonti probatorie e nella pesatura delle stesse cui segue una scelta motivata circa la prevalenza di talune rispetto alle altre, così come incensurabile risulta la scelta di non chiamare a testimoniare gli ispettori dell’Inps, rientrando, anch’essa, nella attività di esame rimessa al giudice del merito.
Come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata a (ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass. n. 16056/2016).
Il ricorso è inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E 1.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.