CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 giugno 2022, n. 19779
Previdenza – Gestione commercianti – Socio amministratore – Assenza di prova della prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella manifatturiera – Illegittimità della pretesa contributiva
Con sentenza del 4.7.15 la Corte d’Appello di Venezia, in riforma di sentenza del tribunale di Treviso, ha dichiarato illegittima la pretesa contributiva di cui alla cartella opposta, con cui erano stati dall’INPS richiesti contributi per la gestione commercianti dal 1997 al 2005, in relazione ad attività svolta dal contribuente nella srl di cui era socio.
In particolare, rilevato che la pretesa era basata solo sull’attività dell’impresa risultante da visura camerale, la Corte territoriale ha valutato le prove offerte ed ha da un lato ritenuto non provato, la prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella manifatturiera, dall’altro ha ritenuto improprio l’esercizio di poteri ufficiosi di acquisizione di un documento contenente dichiarazioni del contribuente sull’attività (essendo tale documento nella disponibilità dell’INPS e non prodotto tempestivamente, ed acquisito solo nel corso del processo in assenza di piste probatorie presupposte per l’intervento officioso del giudice).
La Corte aveva quindi ritenuto non provata in particolare l’abitualità dell’attività dal contribuente.
A fronte di tale sentenza propone ricorso l’INPS per un motivo, illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il contribuente.
Preliminarmente vanno esaminate le questioni sollevate dal controricorrente sulla procura del ricorrente, di cui si lamenta la mancata produzione in atti; esse sono infondate, atteso che il conferimento del potere di costituirsi in giudizio deriva da atti notarili il cui numero di repertorio è espressamente indicato negli atti (Cass. n. 6506 del 2022), mentre per altro verso, trattandosi di soggetti pubblici, non rileva la titolarità del potere dispositivo sostanziale (richiesto invece dalla giurisprudenza per il conferimento di procura per le imprese private).
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’articolo 1 comma 202, 203, 288 legge 662 del 1996 e 3 comma 2 Legge 45 del 1986, per avere la corte territoriale trascurato l’attività del contribuente socio amministratore, occupandosi invece dell’attività della società che è irrilevante, e per aver inoltre trascurato le prestazioni d’opera di carattere direttivo svolte dal ricorrente e la loro non riconducibilità a quelle di amministratore.
Il motivo è inammissibile per la sua genericità, limitandosi a richiamare principi giurisprudenziali in materia di valutazione della prevalenza dell’attività senza rapportarsi ai criteri concreti delle stessa come accertati della sentenza di merito, che ha ritenuto non provata l’attività e in particolare la sua abitualità.
Il motivo non solo tende quindi alla rivalutazione nel merito, inammissibile in sede di legittimità, ma persegue il detto scopo attraverso generici riferimenti agli astratti criteri rilevanti per l’insorgenza dell’obbligo contributivo, senza riferirsi alla concreta fattispecie sub judice.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3000 per competenze professionali ed euro 200 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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