CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2021, n. 20725
Contribuzione a percentuale dovuta dagli iscritti alla gestione artigiani – Prescrizione – Notifica dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate
Rilevato che
1. con sentenza n. 488 del 2014, la Corte d’appello di Torino ha accolto il gravame svolto dagli attuali intimati e, per l’effetto, ha ritenuto prescritto il credito per contributi a percentuale dovuti alla gestione commercianti pretesi dall’INPS in riferimento al maggior reddito d’impresa accertato, per l’anno 2004, oltre sanzioni e interessi di mora, a seguito di avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate;
2. la Corte territoriale escludeva l’idoneità della notifica dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate a interrompere la prescrizione del credito dell’INPS e riteneva prescritto il credito portato dalle cartelle opposte, notificate dall’ente previdenziale il 25.2.2011;
3. avverso tale pronuncia l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione, ulteriormente illustrato con memoria, deducendo due motivi di censura;
4. P.S. e G. hanno resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria;
Considerato che
5. si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 cod.civ., legge n. 233 del 1990, artt. 1 e 2, e art. 3-bis, d.l. n. 384 del 1992, conv., con modificazioni, nella legge n. 438 del 1992, assumendosi che con riferimento alla decorrenza della prescrizione della contribuzione a percentuale dovuta dagli iscritti alla gestione artigiani il dies a quo non possa che essere individuato nell’atto dell’Agenzia delle Entrate (notificato il 19.12.2009) di accertamento del maggior reddito imponibile, non costituente atto interruttivo della prescrizione ma il fatto determinante il sorgere del diritto dell’istituto non ancora prescritto il 25 febbraio 2011 allorché veniva notificata al lavoratore autonomo la richiesta di pagamento dell’INPS (primo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 2941, n.8 cod.civ. , artt. 1 e 2 legge n 233 del 1990 , art.3-bis d.l. n. 384 del 1992, conv., con modif., in legge n.438 del 1992, assumendo che, nella denegata ipotesi di un esito interpretativo nel senso del decorso del termine di prescrizione dei contributi a percentuale, relativi ad un dato periodo, dalla data prevista per il pagamento, detto termine debba ritenersi sospeso, ex art. 2941, n. 8, cod.civ., per i diritti di credito sorti dopo un atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e allorché tale atto non sia stato preceduto dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, stante il doloso occultamento, da parte del debitore, dell’avvenuto conseguimento di un reddito superiore a quello imponibile e conseguentemente dovendo ritenersi sospeso il termine di prescrizione tra la data del pagamento e l’accertamento dell’agenzia delle entrate, alla data di intimazione del pagamento da parte dell’INPS, con l’avviso di addebito, il termine di prescrizione non era decorso;
6. il primo motivo è da accogliere;
7. costituisce principio consolidato, in tema di contributi a percentuale, che il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4, legge n. 233 del 1990, ancorché l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento, con la conseguenza che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3, legge n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’eventuale atto successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito, ex art. 1, d.lgs. n. 462 del 1997, avendo quest’ultimo mera efficacia interruttiva della prescrizione (v. Cass. n. 13463 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le altre, Cass. nn. 4744, 19640 e 27950 del 2018; da ultimo Cass. n.5413 del 2020);
8. l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ex art. 1 d.lgs. n. 462 del 1997, prima dello spirare del termine di prescrizione, di un determinato reddito dapprima non emerso, non individua fatti costitutivi del diritto contributivo dell’ente previdenziale ma dispiega soltanto efficacia interruttiva della prescrizione,, anche a beneficio dell’I.N.P.S. (principio consolidato: v. Cass. n. 13463 del 2017 cit. e numerose successive conformi);
9. il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art.3 della legge n. 335 del 1995, deve quindi identificarsi con la scadenza del termine per il pagamento (nella specie, il 20 giugno 2005) e non con l’atto, eventualmente successivo – avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’Inps – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito (v. Cass. n. 14410 del 2019 e ulteriori precedenti ivi richiamati; v., da ultimo, Cass. nn. 1557 e 21473 del 2020);
10. rimane assorbita l’ulteriore censura, incentrata su questione per la quale è consolidato il principio di diritto secondo cui l’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941, n. 8, cod.civ. ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone di far riferimento ad un’impossibilità assoluta di superare l’ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli (Cass. nn. 9113 del 2007, 21567 del 2014; da ultimo Cass. n. 5423 del 2020);
11. la sentenza impugnata, che ha escluso l’idoneità dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate ad interrompere la prescrizione anche a beneficio dell’INPS non si è attenuta agli esposti principi e va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata al giudice designato in dispositivo affinché proceda a nuovo esame;
12. al giudice del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarato assorbito il secondo; cassa la sentenza impegnata e rinvia, anche per !e spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.
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