CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 marzo 2018, n. 6960
Inquadramento superiore – Differenze retributive – Rivalutazione monetaria ed interessi legali – Attività non proprie del superiore livello invocato, bensì meramente esecutive ed eterodirette
Rilevato
che, con sentenza del 2 agosto 2016, la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del primo giudice, accoglieva in parte la domanda proposta da D.P. nei confronti dell’A. Palermo s.p.a. e condannava detta società al pagamento in favore del primo di euro 6.878,72 a titolo di differenze retributive maturate dall’1 gennaio 2001 al 15 agosto 2004 per le mansioni svolte di specialista tecnico amministrativo parametro 193 Area professionale 2° del CCNL Autoferrotranvieri, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali; confermava nel resto la decisione del Tribunale;
che, ad avviso della Corte, per quello che ancora rileva in questa sede, dalle risultanze della espletata istruttoria era emerso che il P. effettivamente nel periodo suindicato aveva svolto mansioni proprie del superiore livello invocato ( Area Professionale, profilo di specialista tecnico amministrativo parametro 193), dato questo confermato dalla circostanza che le sue mansioni erano rimaste del tutto invariate anche nel periodo successivo all’agosto 2004 quando l’azienda, a seguito di selezione, gli aveva riconosciuto il predetto livello superiore;
che per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’A. affidato a tre motivi cui resiste con controricorso il P. spiegando, a sua volta, ricorso incidentale fondato su un motivo;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che l’A. ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui dissente dalla proposta del relatore ed insiste per l’accoglimento del ricorso;
che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
Considerato
Che, con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2013 e 1362 cod. civ., 36 Cost. nonché del CCNL per il personale Autoferrotranvieri del 27 novembre 2000, dell’art. 2 lett. A n.2, area professionale 2° dell’Accordo di rinnovo del CCNL Autoferrotranvieri 27 novembre 2000, delle disposizioni Allegato A ( artt. 1 e 18) al R.D. 8 gennaio 1931 n. 148 e dei verbali di accordo in sede locale del 21 luglio 2003 e 23 novembre 2006 ( in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) non avendo la Corte di appello correttamente applicato le norme della contrattazione collettiva poiché dal compendio probatorio era emerso che il P. non aveva svolto attività proprie del superiore livello invocato, bensì meramente esecutive, eterodirette e sottoposte al costante controllo dei superiori gerarchici, compatibili con l’inquadramento di “collaboratore d’ufficio” evidenziandosi, altresì, come non poteva essere accordato alcun rilievo al successivo ordine di servizio del 2004; con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. ( in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) avendo il giudice del gravame riconosciuto il trattamento retributivo proprio delle mansioni superiori nonostante il P. non avesse provato lo svolgimento delle stesse; con il terzo motivo si censura la decisione di procedere alla parziale compensazione delle spese dovendo le stesse essere poste a totale carico della controparte o, in caso di soccombenza, compensate;
che con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce violazione degli artt. 91, 92, 99 e 112 cod. proc. civ. ( in relazione all’art. 360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) per avere la Corte di appello, in motivazione, disposto la compensazione nella misura della metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio ponendo a carico dell’A. la restante parte e, poi, in dispositivo, liquidato solo la metà delle spese relative al grado di appello omettendo di liquidare la metà delle spese del primo grado;
che il primo motivo è improcedibile non avendo la ricorrente assolto all’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi richiamati – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. — che è soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto o dell’accordo collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ. (cfr., ex aliis, Cass. n. 4350/2015; Cass. n. 2143/2011; Cass. n. 21358/2010); peraltro, vale ricordare che a tal fine non basta la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui tali atti siano stati eventualmente depositati, essendo altresì necessario che in ricorso se ne indichi la precisa collocazione nell’incarto processuale (v. Cass. n. 27228/2014) e neppure è sufficiente la riproduzione, nel corpo dell’atto d’impugnazione, della sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano principalmente le doglianze (cfr. Cass. n. 15437/2014) qualora non risulti che il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio; né possono integrare carenze del ricorso le ulteriori indicazioni contenute nella memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.(Cass. n. 3471 del 22/02/2016);
che il secondo motivo è inammissibile sotto vari profili: a) perché, nonostante il formale richiamo contenuto nella intestazione a violazioni di norme di legge, finisce col sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003); b) in quanto del tutto privo di specificità non essendo indicate le deposizioni testimoniali ed i documenti non correttamente valutati dalla Corte di appello;
che il terzo motivo è inammissibile essendo privo di qualsiasi censura alle argomentazioni addotte nella impugnata sentenza a sostegno della decisione di compensare per metà le spese di entrambi i gradi;
che, invece, fondato e da accogliere è il ricorso incidentale in quanto l’impugnata sentenza, dopo aver in motivazione ritenuto di compensare per metà le spese di entrambi i gradi, poi, effettivamente, nel dispositivo, ha proceduto a liquidare solo quelle del grado appello;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso principale va dichiarato improcedibile quanto al primo motivo ed inammissibile quanto al secondo ed al terzo mentre quello incidentale va accolto, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al ricorso accolto con decisione nel merito — ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto — di liquidazione della metà delle spese relative al primo grado di giudizio in favore di P.D. nella misura di complessivi euro 2.200,00;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore del P.;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi);
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il primo motivo del ricorso principale ed inammissibili il secondo ed il terzo, accoglie il ricorso incidentale e cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida la metà delle spese relative al giudizio di primo grado in favore di P.D. nella misura complessiva di euro 2.200,00; condanna A. Palermo s.p.a. al pagamento in favore di P.D. delle spese relative al presente giudizio liquidate in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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