CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 novembre 2018, n. 29920
Contratto a termine – Nullità – Mancanza della causale giustificativa – Accertamento – Deposito dei ricorsi – Improcedibilità
Rilevato che
la Corte d’Appello di Genova, in riforma della sentenza del Tribunale di Massa, ha dichiarato l’improcedibilità dei ricorsi riuniti, proposti da S.B. e M.V., dipendenti della locale Azienda Speciale Municipalizzata di Igiene Urbana (ASMIU) per sentire accertare la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro con la stessa in assenza di causale giustificativa;
intanto era accaduto che, comunicato agli appellanti il 18 maggio 2012 il decreto di fissazione dell’udienza, fissata per il 4 luglio 2012, la notifica dei ricorsi era avvenuta il 20 giugno 2012, quando mancavano soli quattordici giorni all’udienza di discussione, sicché risultava violato il termine a comparire di cui all’art. 435, co.3, cod. proc. civ.;
la Corte territoriale ha affermato l’improrogabilità del termine perentorio scaduto per ragioni inerenti alla ragionevole durata del processo, in mancanza della fattispecie sanante subordinata e in assenza di prova dell’incolpevolezza della parte onerata;
per la cassazione della sentenza ricorrono S.B. e M.V. con una censura illustrata da memoria, e l’Azienda ASMIU resiste con tempestivo controricorso.
Considerato che
con l’unica censura, formulata ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 cod. proc. civ., i ricorrenti deducono “Nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 434 e 435, commi 2 e 3 cod. proc. civ. con riferimento a quanto previsto dall’art. 136 cod. proc. civ. come modificato dalla legge 12 novembre 2011, n.183 e dall’art. 111 Cost. – Violazione dell’art. 184 bis cod. proc. civ. con riferimento a quanto previsto dall’art. 291 e dall’art. 156, co. 3 cod. proc. civ.”. Ritengono che la Corte d’Appello abbia violato le norme processuali richiamate in epigrafe per non aver tenuto in debito conto che la difesa degli appellanti aveva chiesto la rimessione in termini prevista dall’art. 184 bis cod. proc. civ. applicabile alla fattispecie, ritenendo, di contro, di dover dare immediata applicazione all’art. 136 cod. proc. civ. come modificato dalla legge n. 183/2011. La Corte d’Appello non avrebbe considerato l’anomalia della fissazione dell’udienza a poche settimane dal deposito dei ricorsi (17/5/2012) e la circostanza che, risiedendo il difensore dei ricorrenti a Carrara, nel grado di Appello lo stesso era domiciliato presso la Cancelleria del Lavoro della Corte d’Appello; in diritto poi, i ricorrenti hanno dedotto che il giudizio era già pendente da molti anni e che la Corte territoriale non aveva rispettato il protocollo previsto dall’art. 51 del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla I. n. 133/2008 e modificato dal d.l. n. 193/2009, convertito con modificazioni dalla I. n. 24/2010, in virtù del quale le notificazioni e comunicazioni di cui al co. 1 dell’art. 170 cod. proc. civ. e le notificazioni di cui al co. 1 dell’art. 190 cod. proc. civ. sono effettuate in via telematica, in base alle norme, anche regolamentari, sul processo telematico; la decorrenza di tale modalità di comunicazione avrebbe dovuto essere fissata con decreto del Ministero della Giustizia; la Corte d’Appello aveva ritenuto di disattendere la disciplina della rimessione in termini degli artt. 184 bis, 291 e 294 cod. proc. civ., considerando invalicabile il limite costituito dall’impossibilità di fissare una nuova udienza per consentire all’appellato di usufruire per intero dei termini di difesa, attuando, in tal modo un’applicazione non ragionevole del principio secondo cui il processo va mantenuto entro una durata contenuta;
il motivo di ricorso è fondato;
il tema processuale riguardante gli effetti dei vizi inerenti la notificazione degli atti attraverso con cui si provvede all’instaurazione del contraddittorio in fase d’appello nel cd. rito del lavoro, è stato più volte trattato da questa Corte;
in coerenza con le norme processuali interessate e con i principi che regolano la materia, la giurisprudenza è solidamente attestata sulla posizione che, qualora la notifica sia validamente avvenuta, pur senza il rispetto del termine a comparire, e non si sia realizzato l’effetto sanante con la costituzione dell’appellato, l’effetto caducatorio per il gravarne non viene a determinarsi, e il giudice è tenuto a disporre la rinnovazione della notifica concedendo un nuovo termine alla parte a ciò onerata (Cass. n. 9404/2018; n. 10775/2016; n. 19818/2013);
il principio di diritto affermato è così declinato: “Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell’art. 435, comma 3 cod. proc. civ., deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di appello e quello dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione, bensì la nullità di quest’ultima, sanabile “ex tunc” per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal Giudice ex art. 291 cod. proc. civ.“;
detto principio di diritto si attaglia al caso in esame, in quanto, in assenza di spontanea costituzione dell’appellata, la Corte territoriale avrebbe dovuto concedere agli appellanti un nuovo termine per effettuare la notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., norma espressione di un principio generale dell’ordinamento, sì come rivolta a garantire la regolare costituzione dei rapporto processuale; pertanto, detto principio, che va applicato alla fattispecie oggetto di esame, vuole che tutte le nullità in genere della notificazione derivanti da vizi che non consentono all’atto dì raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156, comma 3, cod. proc. civ.), consistente nella regolare costituzione del rapporto processuale, sono da considerare sanabili ex tunc, con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal Giudice, senza che a ciò rilevi che le stesse trovino la loro origine in una causa imputabile all’ufficiale giudiziario ovvero, come nel caso de quo, alla parte istante (Cass. n. 20335/2016);
in definitiva, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata. La causa è rinviata alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità;
si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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