CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29147
Tributi – IVA – Acquisti di servizi di noleggio di autovetture – Detraibilità limitata – Illegittimità – Rimborso
Rilevato che
1. con sentenza n. 6886/35/14 del 16/12/2014 la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP) n. 273/25/13, la quale aveva accolto il ricorso di D.I. s.r.l. (di seguito D.) avverso il diniego di rimborso concernente IVA relativa all’anno d’imposta 2004;
1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, la richiesta di rimborso dell’imposta era stata formulata dalla società contribuente in relazione ad acquisti di servizi di noleggio di autovetture, imposta detratta nella minore misura prevista dalla legislazione italiana in data antecedente alla sentenza della Corte di giustizia della UE del 14/09/2006 in causa C-228/05;
1.2. la CTR rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che il nostro ordinamento tributario era improntato al principio di leale collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, sicché la prima non poteva pretendere il rispetto del percorso defatigatorio previsto dall’art. 1 del d.l. 15 settembre 2006, n. 258, conv. con modif. nella I. 10 novembre 2006, n. 278, avendo presentato istanza di rimborso prima dell’entrata in vigore della menzionata legge, istanza che doveva essere accolta;
2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
3. D. resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 10 della I. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che l’Amministrazione finanziaria ha prestato ogni possibile collaborazione in favore della società contribuente ai fini dell’accoglimento della domanda di rimborso;
2. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2967 (rectius 2697) cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che la contribuente non ha assolto all’onere della prova in ordine al diritto di procedere a detrazione in misura superiore a quanto previsto dal rimborso cd. forfettario;
3. i due motivi possono essere congiuntamente esaminati e sono infondati;
3.1. è noto che la disciplina di cui all’art. 19 bis. 1, primo comma, lett. c) e d), del d.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l’indetraibilità totale dell’IVA afferente l’acquisto e l’importazione dei mezzi di trasporto considerati “autoveicoli”, nonché l’IVA sulle relative spese di impiego, manutenzione e riparazione, compresi i carburanti e lubrificanti, è stata dichiarata in contrasto con l’art. 17, n. 7, della sesta direttiva dalla sentenza della CGUE del 14 settembre 2006, ult. cit.;
3.2. successivamente alla pronuncia della Corte di giustizia, il legislatore nazionale, per non incorrere nelle più severe sanzioni previste per l’inosservanza degli obblighi nascenti dalla sua appartenenza alla UE, si è immediatamente affrettato a dare attuazione al comandamento ivi contenuto con il d.l. n. 258 del 2006, il cui art. 1, facendo espresso richiamo alla citata, prevede testualmente che «i soggetti passivi che fino alla data del 13 settembre 2006 hanno effettuato nell’esercizio dell’impresa, arte o professione acquisti ed importazioni di beni e servizi indicati nell’articolo 19-bis.l, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, presentano in via telematica entro il 15 aprile 2007 apposita istanza di rimborso…»;
3.3. tale disciplina – che riguarda gli acquisti relativi al periodo che va dall’1 gennaio 2003 al 13 settembre 2006 – si applica anche alla controversia per cui è causa, iniziata successivamente all’entrata in vigore della predetta legge il 14/09/2006 (l’istanza di rimborso è stata, infatti, presentata il 13/09/2006 e il ricorso avverso il silenzio rifiuto è stato, dunque, proposto sicuramente in epoca successiva);
3.4. non è dubbio, pertanto, che la società ricorrente avrebbe potuto presentare apposita istanza di rimborso forfettario ai sensi del d.l. n. 258 del 2006 con riguardo agli acquisti effettuati nell’anno 2004;
3.5. ciò, peraltro, non significa che le istanze analitiche (ammesse dallo stesso d.l. n. 258 del 2006) antecedentemente presentate e volte ad ottenere il rimborso integrale dell’IVA non detratta, non siano legittime e non debbano, dunque, essere prese in esame dalla Amministrazione finanziaria nei limiti dei termini decadenziali previsti dall’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992;
3.6. ciò premesso in punto di diritto, il primo motivo si rivela infondato, anche se la motivazione della CTR va corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.: la validità dell’istanza analitica proposta dalla società contribuente non deriva dal dovere di leale collaborazione dell’Ufficio, ma dall’esistenza del diritto di D. di detrarre integralmente l’IVA sugli acquisti relativi all’anno 2004, indipendentemente dal fatto che l’istanza sia stata presentata con modalità diverse da quelle previste dalla legge, peraltro entrata in vigore in epoca successiva alla sua proposizione;
3.7. il secondo motivo è, invece, inammissibile;
3.8. la CTR ha accertato che il credito IVA – dal rimborso del quale la società contribuente non risulta essere decaduta – si evince «dalle registrazioni effettuate nel registro IVA con il relativo prospetto riepilogativo, per un ammontare complessivo di Euro 91.451,00» e tale accertamento di fatto, conseguente all’esame della documentazione prodotta, non può essere posto in discussione con la deduzione di un vizio di violazione di legge, atteso anche il puntuale rispetto della regola di ripartizione dell’onere probatorio;
4. in conclusione, il ricorso va rigettato;
4.1. avuto conto delle peculiari questioni giuridiche affrontate nella presente controversia e gli arresti solo recenti della giurisprudenza di questa Corte, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite;
4.2. il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.
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