CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29223
Tributi – Accertamento – Operazioni ritenute soggettivamente inesistenti – Presunzione – Onere di prova contraria
Fatti di causa
1. F. L., nella sua qualità di titolare della ditta individuale «F. Costruzioni di F. L.», ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate («A. E.») avverso la sentenza n. 26/10/2012 emessa dalla CTP di Brescia che aveva accolto l’impugnazione di avvisi di accertamento IVA ed imposte dirette (per gli esercizi 2004 e 2005), emessi in relazione a fatturazioni per operazioni soggettivamene inesistenti.
2. La CTR, con la statuizione oggetto di attuale impugnazione, riformò la sentenza di primo grado ritenendo accertata l’inesistenza soggettiva delle operazioni di cui alle fatture emesse in favore della contribuente da “E.M. di C.M.”, in seno ad un meccanismo fraudolento realizzato da “M./P. Service s.a.s.”, in ragione di indizi gravi, precisi e concordanti. Il riferimento fù, in particolare, al coinvolgimento dell’emittente le fatture nel detto sistema fraudolento, all’omessa presentazione di dichiarazioni da parte della fatturante oltre che ad ingenti prelevamenti di denaro in contante da parte della stessa ed alle incongruenze emergenti dalla documentazione inerente il contratto di subappalto concluso tra la fatturante e la contribuente. Sotto tale ultimo aspetto la CTR valorizzò l’omessa produzione di documentazione attinente ai lavori in cantiere e la contraddizione circa l’oggetto del contratto di subappalto, in quanto a fronte della previsione di un prezzo di 0,37 euro per ogni Kg. di ferro lavorato e posato in fattura era stato contabilizzato il diverso importo di euro 0,27 per ogni Kg.
3. Contro la sentenza d’appello la contribuente, come detto, propone ricorso, fondato su cinque motivi, rispetto al quale l’A.E. si difende con controricorso (con il quale prospetta anche profili di inammissibilità di taluni motivi).
Ragioni della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. La disamina del motivo terzo ha priorità logica ed è suscettibile di trattazione congiunta con il secondo motivo, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
2.1. Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si deduce la nullità della sentenza in quanto caratterizzata da motivazione apparente.
Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 17, comma 1, 19, comma 1, 21, 54 e 63 del d.P.R. n. 633 del 1972, 33 del d.P.R. n. 600 del 1972, «in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. ed alla tutela dell’affidamento e buona fede di cui all’art. 10 legge 212/2000».
Al di là della tecnica redazionale utilizzata nella formulazione della rubrica, con la censura in oggetto si deduce l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la CTR per essersi limitata ad accertare l’inesistenza soggettiva delle operazioni di cui alle fatture e non anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, gravando invece in capo l’onere di dimostrare che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, della sostanziale inesistenza del contraente.
2.2. Il terzo motivo è infondato in quanto deduce un’apparenza motivazionale nella specie inesistente, avendo la CTR, nel passaggio motivazionale sintetizzato al paragrafo n. 2 della precedente ricostruzione dei fatti di causa, esplicitato l’iter logico-giuridico posto alla base della decisione (oltre gli elementi e le fonti del proprio convincimento).
Con la detta motivazione il Giudice d’appello ha altresì fatto corretta applicazione del principio costantemente applicato da questa Corte per cui qualora l’Amministrazione finanziaria contesti la fatturazione come inerente operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (ex plurimis, Cass, sez. 5, 20/04/2018, n. 9851, Rv. 647837-01, oltre che, limitando i riferimenti solo alle più recenti: Cass. sez. 5, 05/05/2021, n. 11687, in motivazione; Cass. sez. 5, 20/07/2020, n. 15369, Rv. 658429-01, e Cass. sez. 6-5, 28/02/2019, n. 5873, Rv. 653071-01, con particolare riferimento tanto all’elemento soggettivo quanto alla rilevanza della prova per presunzioni).
Nella specie, difatti, la CTR, all’esito di valutazione di merito non sindacabile in questa sede, ha ritenuto gli elementi indiziari già innanzi sintetizzati al punto 2 della precedente ricostruzione dei fatti processuali probanti ai fini della prova dell’inesistenza soggettiva delle operazioni di cui alle fatturazioni, in seno al contestato meccanismo fraudolento, nonché sostanzialmente tali da soddisfare il descritto onere probatorio da parte dell’A.E. (ex plurimis, oltre alla giurisprudenza innanzi citata: Cass. sez. 5, 21/04/2017, n. 10120, Rv. 644043-01), a nulla rilevando in senso contrario, peraltro, con riferimento all’ipotesi in esame (inerente fatturazioni per operazioni soggettivamente inesistenti), l’eventuale operatività della società oltre che effettività dei pagamenti (ex plurimis: Cass. sez. 5, 30/10/2018, n. 27629, Rv. 651219-01; Cass. sez. 21/04/2017, n. 10120, Rv. 644043-01; Cass. sez. 6-5, 14/09/16, n. 18118, Rv. 641103-01; Cass. sez. 5, 14/12/12, n. 23074, Rv. 625038-01; Cass. sez. 5, 04/02/2010, n. 2598, Rv. 611283-01; Cass. sez. 5, 24/07/2009, n. 17377, Rv. 609421-01).
3. Con il quarto motivo, avente anche esso priorità logica inerendo esso un error in procedendo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si deduce l’omessa pronuncia in merito alle censure di nullità degli atti impositivi, dedotte in primo grado, per difetto di motivazione degli stessi a causa dell’omessa allegazione ad essi di documentazione dagli stessi richiamata e posta a fondamento del recupero a tassazione.
3.1. Il motivo, per come formulato, è inammissibile.
In base alla previsione generale di cui all’articolo 7 della l. n. 212 del 2000, l’atto dell’Amministrazione finanziaria deve essere motivato alla stregua dei provvedimenti amministrativi, ex art. 3 della l. n. 241 del 1990, indicando «i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione». La norma prescrive inoltre che se nella motivazione dell’atto impositivo si fa riferimento ad un altro atto, «questo deve essere allegato all’atto che lo richiama». Il requisito dell’allegazione dell’atto richiamato deve però reputarsi soddisfatto quando quest’ultimo, ancorché non materialmente allegato, sia pur tuttavia riportato nello stesso avviso di accertamento; se non nella sua integralità, quantomeno nelle parti da reputarsi essenziali in rapporto alla esatta individuazione della pretesa tributaria specificamente relativa al destinatario. In tale evenienza, la motivazione dell’atto impositivo opera per relationem, risultando comunque tale da soddisfare l’obiettivo sostanziale di porre il contribuente in condizione di percepire – con immediatezza e chiarezza – quei presupposti di fatto e quelle ragioni giuridiche che devono sempre sottostare all’imposizione (ex plurimis: Cass., sez. 5, 23/02/2018, n. 4396, Rv. 647547-01, e, da ultimo, Cass. sez. 5, 21/07/2021, n. 20804, in motivazione). Ebbene, la doglianza, così come prospettata dalla ricorrente, non soddisfa i requisiti di specificità ed autosufficienza del motivo in quanto, oltre a non prospettare minimamente l’assenza di una valida motivazione per relationem, non risulta riprodotto nel ricorso, nella sua parte essenziale ai presenti fini, nemmeno il contenuto dell’avviso di accertamento, che non è atto processuale ma atto amministrativo, al fine di consentire a questa Corte di valutare la censura sollevata (inerente l’omessa pronuncia su questione di diritto) senza fare ricorso ad altri atti (ex plurimis, con riferimento a fattispecie simile alla presente: Cass. sez. 5, 21/07/2021, n. 20804). Deve altresì aggiungersi l’assorbente considerazione per cui la stessa ricorrente, nella doglianza proposta in sede di merito (e sintetizzata nel ricorso per cassazione), fa riferimento a documentazione comunque ripresa nel PVC, richiamato negli atti impositivi e dalla stessa conosciuto, oltre che, comunque, anch’esso non riprodotto nel ricorso per cassazione nelle sue parti essenziali e per ragioni di specificità in termini di autosufficienza.
4. Con il primo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono, quanto alla ripresa derivante dall’indeducibilità dei costi, violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16 (conv., con modif., dalla l. n. 26 aprile 2012, n. 44) che ha sostituito il comma 4 bis dell’art. 14 della l. n. 537 del 1993, per non aver la CTR applicato il detto ius superveniens.
4.1. Il motivo in esame è inammissibile, trattandosi di ius superveniens che la contribuente avrebbe già potuto dedurre in appello, circostanza neanche prospettata in questa sede (in merito si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 2, 18/12/2020, n. 29099, Rv. 660115-01, e, con riferimento proprio al citato art. 8, Cass. sez. 5, 24/0772018, n. 19617, Rv. 649858-01).
5. Con il quinto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti.
5.1. In sostanza, ad onta di quanto paventato in rubrica, sì tratta di censura inammissibile in quanto, in violazione del citato n. 5, nella formulazione successiva alla sua sostituzione ad opera del d.l. n. 83 del 2012, con essa la ricorrente lungi dal dedurre l’omesso esame di un fatto storico ma critica la CTR per aver «omesso ogni e qualsiasi considerazione sia in ordine alla “buona fede” della contribuente, sia in ordine alla valenza della documentazione prodotta». Si prospettano altresì, come fatti oggetto di omesso esame, l’apposizione in fattura della copia degli assegni utilizzati per i pagamenti nonché l’intervenuto pagamento dei lavoratori impiegati nel cantiere, senza neanche dedurre che si sia trattato di fatti oggetto di discussione tra le parti (invece sostanzialmente esclusa dallo stesso ricorrente).
6. In conclusione, in ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che si liquidano in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.
6.1. Stante il tenore della pronunzia, ai sensi del comma 1 quater dell’art. 13, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (aggiunto dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (circa i limiti di detta attestazione, da riferirsi esclusivamente al presupposto processuale della tipologia di pronuncia adottata e non al presupposto sostanziale della debenza del contributo del cui raddoppio trattasi, si veda Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315)
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che si liquidano in euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito, dando atto, ai sensi del comma 1 quater dell’art. 13, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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