CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2021, n. 29236
Tributi – Reddito d’impresa – Plusvalenza da cessione di immobile in forza di contratto di sale and lease back – Ripartizione in funzione della durata del contratto – Legittimità
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate («A.E.») ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di accoglimento dell’appello proposto dalla società contribuente avverso la sentenza n. 173/15/2011 emessa dalla CTP di Salerno.
2. Il Giudice di primo grado accolse l’impugnazione di avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA inerenti l’esercizio 2007 (e relativa cartella di pagamento) emesso per recuperare a tassazione un maggior reddito d’impresa da plusvalenza derivante da vendita di proprio immobile, in seno a negozio di «sale and lease back» del 2007, oltre che per fatturazioni per operazioni inesistenti.
3. La CTR, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, in accoglimento dell’appello della contribuente, ritenne la plusvalenza da «sale and lease back» non rientrante nel disposto di cui all’art. 86 TUIR, con conseguente corretta ripartizione della stessa in funzione della durata del contratto di locazione (ex art. 2425 bis, comma 4, c.c.), in luogo della totale imputabilità al 2007 (periodo d’imposta di conclusione della detta operazione negoziale).
In merito alle fatturazioni per operazioni inesistenti, invece, la Commissione accolse l’appello, circa i rapporti con la ditta «R. Costruzioni», richiamando una sentenza di non luogo a procedere emessa dal GUP del tribunale di Salerno nei confronti del legale rappresentante e socio unico della società contribuente considerando la detta statuizione «sicuramente esaustiva nella sua motivazione» e ritenendo che, di conseguenza, l’assenza del reato implicasse l’assenza del presupposto dell’inesistenza delle operazioni.
Circa i rapporti con la ditta «B. Costruzioni», infine, il Giudice d’appello motivò nei seguenti termini: «appaiono sicuramente illegittimi i criteri utilizzati nel recuperare a tassazione le … fatture, anche in mancanza di alcuna prova fornita dall’ufficio al tal riguardo».
4. Contro la sentenza d’appello l’A.E. ricorre con tre motivi mentre la contribuente (già «I.S. s.r.I.»), correttamente intimata, non si costituisce.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso merita accoglimento, nei termini e limiti di seguito evidenziati.
2. Con il motivo n. 1, in relazione, all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono la violazione dell’art. 86 TUIR e la falsa applicazione dell’art. 2425 bis, comma 4, c.c., lamentando che la CTR abbia dichiarato la plusvalenza generata dalla cessione, mediante operazione di sale and lease back, di un immobile della società contribuente ad una società di leasing, tassabile pro quota per gli anni di durata della locazione finanziaria e non nell’anno di realizzo
2.1. La censura è infondata, in applicazione di principio già sancito da questa Corte (Cass. sez. 5, 15/07/2020, n. 15024, Rv. 658202- 01), con argomentazioni dalle quali non vi sono motivi per discostarsi, che si intende in questa sede ribadire. In tema di determinazione del reddito d’impresa, la plusvalenza ottenuta dalla cessione di un bene in forza di contratto di sale and lease back, contratto socialmente tipico con causa finanziaria (quindi diversa da quella del contratto di vendita), è difatti ripartita, in applicazione dell’art. 2425 bis c.c., in funzione della durata del contratto di locazione.
In particolare, in merito alle modalità di imputazione della plusvalenza da sale and lease-back va premesso che trattasi di un contratto d’impresa socialmente tipico (frequentemente applicato, sia in Italia che all’estero, nella pratica degli affari). Esso, in particolare, integra un’operazione negoziale complessa in forza della quale (normalmente) un imprenditore (o un lavoratore autonomo), al fine di ottenere con immediatezza liquidità, vende un bene strumentale ad una società finanziaria la quale ne paga il prezzo e contestualmente lo concede in locazione finanziaria allo stesso venditore che ne mantiene la disponibilità ininterrottamente, verso il pagamento di un canone e con possibilità di riacquisto del bene al termine del contratto per un prezzo normalmente molto inferiore al suo valore (ex plurimis: Cass. sez. 5, 27/04/2021, n. 11023, in motivazione, anche per il rilievo della causa concreta; Cass. sez. 5, 15/07/2020, n. 15024, Rv. 658202-01; Cass. sez. 5, 29/03/2006, n. 7296, Rv. 588841-01; Cass. sez. 3, 14/03/2006, n. 5438, Rv. 587332-01; Cass. sez. 3, 21/01/2005, n. 1272, Rv. 580238-01; Cass. sez. 3, 21/07/2005, n. 13580, Rv. 574757-01; Cass. sez. 1, 22/04/1998, n. 4095, Rv. 514748-01; Cass. sez. 3, 16/10/1995, Rv. 494256-01).
Nel caso in esame non è contestata la causa illecita del contratto, tantomeno la finalità elusiva di obblighi tributari con esso perseguita, sicché l’operazione deve ritenersi posta in essere per soddisfare reali esigenze di liquidità d’impresa. La questione oggetto di esame riguarda nella specie solo ed esclusivamente le modalità di computo, a fini fiscali, del corrispettivo ricevuto dal venditore in seno a «leaseback» (per i profili di illiceità del «leaseback» se tale da sostanziarsi in un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto quindi ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio, si vedano altresì, ex plurimis: Cass. sez. 5, 27/04/2021, n. 11023, in motivazione; Cass. sez. 6-1, 07/08/2018, n. 20634, Rv. 6502002-01; Cass. sez. 1, 25/05/2018, n. 13305, Rv. 649159-01; Cass. sez. 2, 11/09/2017, n. 21042, Rv. 645552-01; Cass. sez. 1, 28/01/2015, n. 1625, Rv. 634838-01; Cass. sez. 3, 02/02/2006, n. 2285, Rv. 58691-01; Cass. sez. 3, 06/08/2004, n. 15178, Rv. 575914-01).
Partendo sostanzialmente delle stesse premesse di cui innanzi, Cass. sez. 5, 15/07/2020, n. 15024, Rv. 658202-01, come peraltro già affermato da Cass. pen. n. 35294 del 2016, ha chiarito che le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite, in base all’art. 2425 bis, comma 4, c.c., in funzione della durata del contratto di locazione (come statuito nella specie dalla sentenza impugnata).
Il T.U.I.R. non prevede espressamente nulla al riguardo, l’art. 86 di esso, difatti, dispone soltanto che le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono a formare il reddito se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni le plusvalenze concorrono a formare il reddito in quote costanti non oltre il quarto anno successivo alla cessione, a condizione che il contribuente faccia questa scelta con la dichiarazione annuale, altrimenti la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’anno in cui è stata realizzata.
Tale disciplina, relativa alle plusvalenze patrimoniali da cessione di beni d’impresa, non è però applicabile a quelle derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore. Il contratto di sale and lease back, infatti, ha una causa diversa dal contratto di vendita puro e semplice, trattandosi di un contratto unico, complesso con causa finanziaria non scomponibile nei suoi elementi, e le diverse modalità di iscrizione nel bilancio delle relative plusvalenze, in ossequio ai principi contabili internazionali, ne sono la prova (e la relativa conseguenza).
La causa finanziaria del contratto impedisce difatti di assimilare (a fini fiscali) la somma ricevuta dal concedente al corrispettivo dell’acquirente, ed il fatto che il legislatore tributario non abbia disciplinato la specifica materia non può essere motivo per trarne la conseguenza dell’inapplicabilità ad esso della ripartizione pluriennale, anche a finì fiscali, della plusvalenza ottenuta con la cessione del bene, ben potendo valere l’esatto contrario. Tale criterio di imputazione – nel silenzio del legislatore fiscale ed in assenza di una specifica norma tributaria derogatoria dei principi generali di derivazione e di imputazione per competenza – è l’unico espressamente previsto e non v’è ragione alcuna per disattenderlo, visto che quando l’ha voluto il legislatore tributario ha espressamente rimodellato i corrispondenti istituti del diritto civile e commerciale.
È stato poi evidenziato (Cass. sez. 5, n. 15024/2020 cit.) che le modalità di contabilizzazione delle plusvalenze derivanti da contratto di sale and lease back sono stabilite dal principio contabile IAS 17 (International Accounting Standards) in vigore dal 1° gennaio 2005, e che tutti i detti principi contabili sono ispirati al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (per un riferimento si veda il D.M. 1 aprile 2009, n. 48, art. 2, comma 2) nonché fatti propri dal Reg. (CE) 19/07/2002, n. 1606/2002 (Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo all’applicazione di principi contabili internazionali), cui, a sua volta, fa riferimento l’art. 83, T.U.I.R. ai fini della determinazione del reddito complessivo imponibile.
Sicché, sebbene tali principi non si applichino ai soggetti che non redigono il bilancio in base ad essi (cd. soggetti non IAS), è stato agevole osservare che non v’è motivo alcuno per disattendere principi generali non espressamente derogati dalla legislazione tributaria ed anzi tradotti in precisa norma di legge aderente alla sostanza del negozio (art. 2425 bis, comma 4, c.c.).
Premesso quanto innanzi sembra il caso di chiarire in questa sede che la citata Cass. sez. 5, n. 15024 del 2020 (al punto 1.17), dopo aver sancito, con riferimento alle plusvalenze da sale and lease back, l’applicabilità dell’art. 2425 bis, comma 4, c.c., hanno solo aggiunto che la possibilità, concessa al contribuente, di «diluire» negli anni la plusvalenza ottenuta dalla cessione di beni costituisce una deroga al criterio di competenza di cui all’art. 109 T.U.I.R., il che giustifica (e spiega) l’onere di effettuare la scelta nella dichiarazione dei redditi (art. 86, comma 4, TUIR).
Per converso, quindi, per quanto innanzi argomentato, la ripartizione della somma finanziata per la durata del contratto di sale and lease back è invece coerente con la causa effettiva del contratto, sicché l’assimilazione di tale finanziamento al corrispettivo derivante da una normale compravendita costituisce un’ingiustificata forzatura non espressamente codificata e che darebbe la stura a pericolose applicazioni analogiche anche degli oneri dichiarativi previsti, ad altro fine, dall’art. 86, comma 4, TUIR.
3. I motivi nn. 2 e 3 sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.
3.1. Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c. e degli artt. 2697 e 2729 c.c., con riferimento all’art. 109 TUIR. Sostanzialmente si censura la sentenza con riferimento al capo relativo alle contestate fatturazioni per operazioni oggettivamente inesistenti, circa i rapporti con la ditta «R. Costruzioni», avendo la CTR, disattendendo i principi governanti i rapporti tra sentenza penale e processo tributario, acriticamente recepito una statuizione del giudice penale.
Con il motivo n. 3, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (nella formulazione, ratione temporis applicabile, successiva alla sua sostituzione ad opera del d.l. n. 83 del 2012), si deduce l’omesso esame di fatto decisivo e sostanzialmente controverso tra le parti. Trattasi della circostanza per la quale solo una parte dei lavori di cui al contratto d’appalto stipulato, il 5 aprile 2007, dalla contribuente con la ditta «B. Costruzioni» riguarda mesi (aprile e maggio 2007) antecedenti alla conclusione del contratto di «sale and lease back» (stipulato il 4 giugno 2007), laddove la fattura del 6 dicembre 2007 riguarda anche mesi successivi al detto negozio giuridico.
3.2. Le censure in esame sono fondate.
In merito alle fatturazioni per operazioni inesistenti la Commissione accoglie l’appello, circa i rapporti con la ditta «R. Costruzioni», richiamando una sentenza di non luogo a procedere emessa dal GUP del tribunale di Salerno, con riferimento a non meglio specificati capi di imputazione, nei confronti del legale rappresentante e socio unico della società contribuente. Essa si limita però ad una mera acritica considerazione dell’esaustività della relativa motivazione, peraltro non evidenziata, e ad affermare che, di conseguenza, l’assenza del reato implica l’assenza del presupposto dell’inesistenza delle operazioni.
Statuendo nei termini di cui innanzi la CTR si pone però in netto contrasto con i principi già sanciti da questa Corte in merito ai rapporti tra sentenza penale e processo tributario.
In quest’ultimo, difatti, il giudice può fondare il proprio convincimento in materia di responsabilità fiscale anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione del quadro indiziario complessivo esaminato dal giudice penale, poiché né le sentenze penali hanno efficacia di giudicato nel processo tributario, né, in quest’ultimo, la legge pone limitazioni (salvo che per le prove orali, non ammesse ex art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992) alla prova della situazione soggettiva controversa. Ne discende che il Giudice tributario non può limitarsi, come invece avvenuto nella specie, a rilevare l’esistenza di sentenza penale in materia di reati tributari, recependone, senza motivazione critica, le conclusioni assolutorie, o come nell’attuale fattispecie, la statuizione di non luogo a procedere (Cass. sez. 5, 08/10/2010, n. 20860, Rv. 614733-01).
Circa i rapporti con la ditta «B. Costruzioni», infine, la CTR motiva ritenendo «sicuramente illegittimi i criteri utilizzati nel recuperare a tassazione le … fatture, anche in mancanza di alcuna prova fornita dall’ufficio al tal riguardo».
La motivazione di cui innanzi, come correttamente dedotto dalla ricorrente omette di considerare il fatto, suscettibile di essere decisivo nell’economia dell’accertamento della contestazione, che solo una parte dei lavori di cui al contratto d’appalto stipulato, il 5 aprile 2007, dalla contribuente con la ditta «B. Costruzioni» riguarda mesi (aprile e maggio 2007) antecedenti alla conclusione del contratto di «sale and lease back» (stipulato il 4 giugno 2007), laddove la fattura del 6 dicembre 2007 riguarda anche mesi successivi al detto negozio giuridico.
4. In conclusione, i soli motivi nn. 2 e 3 devono essere accolti, con rigetto del motivo n. 1, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvio alla Commissione tributaria regionale per la Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie i motivi nn. 2 e 3 di ricorso, rigettando il motivo n. 1, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale per la Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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