CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 30934
Lavoro irregolare – Impiego di lavoratori in carenza assicurativa – Appalto di servizi – Requisiti di genuinità – Carenza – Interposizione illecita di manodopera
Rilevato che
1. L’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Prato-Pistoia emetteva l’ordinanza n. 298-301/2012 con la quale veniva ingiunto ad E.G. e alla Società Cooperativa “L.M.” srl, quale obbligato in solido, il pagamento della complessiva somma di euro 22.104,60 a titolo di sanzione amministrativa per l’impiego irregolare di diversi lavoratori. In particolare, a seguito di un accesso ispettivo del 2007, era stato constatato l’impiego, da parte della predetta Società Cooperativa, di diversi lavoratori in carenza assicurativa per varie giornate presso il Centro Commerciale P., gestito dalla società P. spa, formalmente legata alla Cooperativa (per il tramite di un consorzio) da un contratto di appalto di servizi avente ad oggetto “attività di allestimento a scaffale nell’arco orario dalle 21 alle 6” la cui qualificazione era stata ritenuta dissimulare una fattispecie di interposizione illecita di manodopera.
2. Proposta opposizione, il Tribunale di Pistoia rigettava il relativo ricorso e la Corte di appello di Firenze, con la sentenza oggi gravata, confermava la pronuncia di prime cure.
3. A fondamento della decisione la Corte distrettuale ha rilevato che: a) le sanzioni andavano irrogate nei confronti di chi, all’epoca della commissione delle violazioni, rivestiva la qualità di legale rappresentante della società; b) dalle risultanze istruttorie si desumeva, come correttamente rilevato dal primo giudice, un fenomeno di non genuinità dell’appalto e di somministrazione illecita di manodopera, per non essere la Cooperativa una agenzia munita delle prescritte autorizzazioni; c) il G. era da ritenersi responsabile, per avere concorso alla realizzazione dell’illecito, creando l’apparenza della riferibilità alla Cooperativa della prestazione dei lavoratori interessati dall’accertamento, invece effettivamente dipendenti della formale committente P. spa.
4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione E.G. affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Prato-Piacenza.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis cpc.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della legge n. 689/81, del D.Igs. n. 175/2014 e dell’art. 2495 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, in tema di sua legittimazione passiva.
Sostiene il G. che, all’epoca di emissione della ordinanza ingiunzione, egli non rivestiva alcuna carica, nell’ambito della Società Cooperativa L.M. arl in liquidazione, non essendo più Amministratore e Liquidatore; inoltre, evidenzia che la società era stata cancellata dal Registro delle Imprese della Camera di Commercio di Roma in data 17.4.2014 e da tale circostanza avrebbero dovuto farsi derivare effetti estintivi tali da ricomprendere anche le pretese di cui alla impugnata ordinanza.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.I. n. 73/2002, come modificato dall’art. 36 bis co. 1 n. 3 cpc, per non avere rilevato i giudici del merito che la Cooperativa aveva effettuato le prescritte comunicazioni all’INAIL e al Centro dell’Impiego di Roma, erroneamente ritenute invalide dagli agenti accertatori; essendo, poi, i lavoratori stati trasferiti, non si vedeva in ipotesi di assenza di comunicazioni, ma di comunicazioni effettuate presso una sede incompetente.
4. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione della legge n. 689/81, dell’art. 1655 cc, dell’art. 29 D.Igs. n. 276/2003, come modificato dall’art. 36 bis D.I. n. 223/2006 conv. in legge n. 248/2006, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale che, nella fattispecie, difettavano i requisiti di genuinità dell’appalto di servizi intercorso tra la P. spa, da una parte, e la Cooperativa Con.N.Coop arl e L.M. arl, dall’altra.
5. Il primo motivo non è fondato.
6. In tema di illeciti amministrativi, l’operatività dei principi di legalità, di irretroattività e di divieto dell’analogia, risultante dall’art. 1 della legge n. 689/81, comporta l’assoggettamento della condotta considerata alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina più favorevole (per tutte, Cass. n. 20991/2010; Cass. n. 14771/2005).
7. Ne consegue che è determinante il momento della commissione dell’illecito ai fini di valutare la norma applicabile e di accertare l’autore della trasgressione.
8. Nella fattispecie, allorquando sono state commesse le violazioni, il G. era pacificamente legale rappresentante della Cooperativa L.M. e, quindi, risponde delle contestazioni mosse, a nulla rilevando che all’epoca della emissione della ordinanza-ingiunzione non rivestiva, poi, alcuna carica nella società Cooperativa che era stata, nelle more, cancellata dal Registro delle Imprese della Camera di Commercio.
9. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente perché interferenti, sono, invece, inammissibili perché, al di là delle denunciate violazioni di legge, tendono ad una rivisitazione del merito della vicenda e ad una nuova valutazione del materiale probatorio, non consentite in sede di legittimità.
10. E’ un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
11. Nel caso in esame la Corte territoriale, con adeguata e logica motivazione, ha sottolineato, attraverso un esame accurato della documentazione e delle risultanze istruttorie, che il contratto commerciale intercorso tra la Cooperativa (di cui l’odierno ricorrente era, come detto, legale rappresentante) e la P. spa non aveva alcuna delle caratteristiche dell’appalto di servizi, perché non veniva in essere alcuna cessione di un servizio, bensì realizzava una somministrazione di manodopera certamente illecita, per non essere la somministatrice un’agenzia munita delle prescritte autorizzazioni. La responsabilità del G. è stata, poi, stata individuata nell’avere concorso alla realizzazione dell’illecito, creando l’apparenza della riferibilità alla cooperativa della prestazione dei lavoratori interessati dall’accertamento che invece erano effettivamente dipendenti della P. spa.
12. Si rivelano, pertanto, assolutamente inconferenti le denunciate violazioni di legge, riportate nei due motivi di ricorso, sia perché non pertinenti alle contestazioni mosse sia perché dirette ad ottenere un nuovo apprezzamento dei fatti, di spettanza dei giudici di merito, non consentito in sede di legittimità in quanto esente dai vizi di cui all’art. 360 n. 5 cpc.
13. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
14. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
15. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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