CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 31044
Licenziamento -Legittimità – Fraudolenta cessione di azienda – Accertamento – Insussistenza
Rilevato che
1. Il Tribunale di Siracusa, con la pronuncia n. 483/2014, ha respinto la domanda proposta da A.G. il quale, premesso di avere lavorato dal 18.9.2007 presso la S.S. srl e di essere stato licenziato in data 30.4.2009 in conseguenza della liquidazione della società e della cessazione dell’attività aziendale, aveva chiesto dichiararsi l’illegittimità del licenziamento deducendo che, tra la società datrice di lavoro e la S. spa era stata realizzata una cessione di azienda ai sensi dell’art. 2112 cc in quanto molti dipendenti avevano dato le dimissioni erano stati riassunti dalla seconda società cui erano stati ceduti anche molti dei rapporti contrattuali facenti capo alla prima.
2. La Corte di appello di Catania, con la sentenza n. 2/2017, ha confermato la decisione di prime cure rilevando, per quello che interessa in questa sede, che il primo giudice aveva correttamente valutato le risultanze istruttorie, tenendo in conto le allegazioni del lavoratore ed escludendo che, nella fattispecie, si fosse realizzata l’ipotesi di cui all’art. 2112 cc; ha ritenuto condivisibile il rigetto dell’ordine di esibizione, chiesto dall’originario ricorrente, perché fondato su una allegazione (esistenza di numerosissimi contratti) rimasta priva di riscontro probatorio; ha escluso, altresì, i presupposti per fare luogo all’esercizio del potere di cui all’art. 437 cpc in quanto la soluzione decisionale espressa dal Tribunale era unicamente il frutto della valutazione di attendibilità di un teste piuttosto che di un altro e si fondava su un quadro probatorio di riferimento ricostruito inequivocamente nel senso opposto alla tesi del ricorrente ritenuta priva di fondamento.
3. Avverso la sentenza di secondo grado A.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi la S.S. srl e la S. spa.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo si obietta la carenza di motivazione ovvero la motivazione apparente, per avere la Corte territoriale, nel rigettare il gravame, riprodotto in definitiva le stesse motivazioni del Tribunale, qualificandole impeccabili, senza svolgere una autonoma valutazione in ordine agli argomenti sviluppati con l’impugnazione.
3. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 2112 cc, per non avere ritenuto la Corte distrettuale che il passaggio di ben oltre trenta dipendenti, quasi tutti con la qualifica di guardia giurata, da una società cessata ad un’altra, era un chiaro sintomo di una occulta e fraudolenta cessione di azienda, con l’obbligo del cessionario di assumere tutti i lavoratori.
4. Con il terzo motivo si censura la violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 421 cpc, per non avere la Corte di merito emesso l’ordine di esibizione dei contratti afferenti i servizi di vigilanza e scorta valori, nei confronti del Consorzio di Bonifica del Lago di Lentini, di Intesa San Paolo e Unicredit.
5. Il primo motivo è infondato.
6. In punto di diritto deve osservarsi che la sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 20883/2019). Inoltre, deve rilevarsi che, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativi seguito.
7. Nella fattispecie in esame, le denunciate violazioni di legge non sussistono in primo luogo perché la ratio decidendi della gravata sentenza, in ordine alla configurabilità di un valido trasferimento di azienda, è chiaro ed intellegibile e, in secondo luogo, perché l’adesione alla impostazione decisionale del Tribunale non è stata acritica, ma valutata attraverso un esame delle risultanze processuali poste in relazione ai motivi di gravame formulati in sede di appello.
8. Il secondo motivo è inammissibile.
9. E’ stato affermato, in sede di legittimità (Cass. n. 7364/2021), con un orientamento cui si intende dare seguito, che in tema di trasferimento di azienda, la verifica dei presupposti dell’autonomia funzionale e della preesistenza, rilevanti ai sensi dell’art. 2112 co. 5 c.c., integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile per cassazione ex art. 360 n. 3 cpc laddove alla fattispecie, come accertata dal giudice di merito, sia stata applicata una norma dettata per disciplinare ipotesi diverse (cd. vizio di sussunzione) ovvero sulla base dell’art. 360 n. 5 cpc, nell’ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e che sia stato oggetto di discussione tra le parti.
10. Nella fattispecie, la circostanza che oltre trenta dipendenti, quasi tutti con la qualifica di guardia giurata, alla cessazione dell’attività aziendale della S.S. srl siano poi transitati alle dipendenze della S. spa, è stata valutata dalla Corte distrettuale che ha escluso, in quanto non era stata fornita adeguata prova per mancanza di un coordinatore del gruppo, che i dipendenti costituissero un gruppo stabile, che assolveva ad una attività comune stabilmente, che erano dotati di particolari conoscenze tecniche e che erano stabilmente coordinati ed organizzati tra loro, sì da rendere le loro attività interagenti ed idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili.
11. La denunciata violazione di legge non è, pertanto, ravvisabile in quanto, come detto, a fronte di una adeguata analisi della circostanza esaminata dalla Corte distrettuale, non si è in presenza di un vizio di sussunzione ma di critica ad una valutazione di elementi fattuali, svolta ai fini della verifica della autonomia funzionale dell’attività ceduta, di esclusiva competenza del giudice di merito e che esula, dal controllo di legittimità caratterizzato da particolari peculiarità (Cass. n. 10868/2014; Cass. n. 10925/2014; Cass. n. 22688/2014).
12. Il terzo motivo è anche esso inammissibile.
13. L’ordine di esibizione di un documento (art. 210 cod. proc. civ.) – almeno individuabile, se non individuato, e che presuppone un fatto specifico da provare e non già l’ipotetica o generica esistenza di questo, da acclarare o identificare mediante il documento richiesto – è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità né in caso di esercizio positivo, né in quello di esercizio negativo (Cass. n. 4363/1997).
14. Analogamente, va ribadito (Cass. n. 4375/2010) che il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di esibizione proposta al fine di acquisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è sindacabile in Cassazione, poiché, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile “aliunde” e l’iniziativa non presenti finalità esplorative, la valutazione della relativa indispensabilità è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione, il mancato esercizio di tale potere non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di motivazione.
15. La censura circa la mancata adozione del mezzo istruttorio richiesto non è, pertanto, sindacabile in questa sede.
16. Inammissibile è, altresì, la doglianza con la quale, in sostanza, si è chiesto di rivalutare la suddetta istanza in relazione al dedotto mancato esercizio dei poteri officiosi ex artt. 421 e/o 437 cpc.
17. I giudici del merito, infatti, correttamente hanno disatteso la richiesta perché non si verteva in una situazione di semiplena probatio, che avrebbe giustificato l’esercizio dei poteri di ufficio, ma in quanto si trattava di una richiesta di diversa ricostruzione della vicenda che invece era stata eseguita attraverso una valutazione complessiva dell’intero quadro istruttorio di riferimento, ivi compreso l’accertamento sulla ritenuta maggiore attendibilità di un teste rispetto ad un altro.
18. Alla stregua di quanto sin qui esposto, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
19. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
20. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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