CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 settembre 2021, n. 25422
Tributi – Accertamento – Disponibilità finanziaria all’estero – Prova – Lista Falciani – Legittimità
Rilevato che
I contribuenti M.B., I.A., I.R. e I.L. hanno separatamente impugnato alcuni avvisi di accertamento e atti di contestazione di sanzioni, relativi ai periodi di imposta 2006 e 2008. L’Ufficio, avendo ricevuto dall’amministrazione francese copia della cd. «lista Falciani», contestava ai contribuenti disponibilità finanziarie detenute presso la banca HSBC di Ginevra, applicando la presunzione di redditività di cui all’art. 4 d.l. 28 giugno 1990, n. 167, conv. con l. 4 agosto 1990, n. 227, nonché le sanzioni di cui all’art. 5, commi 4 e 6 d.l. n. 167/1990.
La CTP di Lecco ha accolto i ricorsi riuniti, ritenendo inutilizzabile la fonte di prova sulla quale erano fondati gli atti impugnati, in quanto acquisita illecitamente. La CTR della Lombardia, con sentenza in data 15 ottobre 2014, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo che la documentazione acquisita dall’Ufficio si pone in contrasto con le regole del giusto processo, in quanto la documentazione acquisita dall’Ufficio non è supportato da documentazione di riscontro della banca da cui la fonte si presume estratta, il che non attribuirebbe ai contribuenti la veste di soggetti di imposta, alla luce del fatto che gli stessi non sarebbero né imprenditori, né titolari di altri redditi. Nella specie, ha ritenuto la CTR, la documentazione acquisita costituirebbe, in assenza di ulteriore documentazione bancaria, mero indizio, non assimilabile a mezzo di prova, in quanto non corroborato da ulteriore documentazione.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a tre motivi; resistono con controricorso i contribuenti.
Considerato che
1. Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 2729 e 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la documentazione acquisita dalla banca elvetica (c.d. «lista Falciani») non possa costituire indizio grave circa la prova della disponibilità finanziaria estera da parte dei contribuenti. Evidenzia il ricorrente che, come indicato nel verbale di contestazione (riprodotto per specificità), il contenuto della documentazione acquisita dall’Ufficio non consiste in un mero elenco di nomi, ma contiene indicazioni circa gli importi, il rendimento, il tipo di investimento, l’investitore e il suo domicilio, rispetto al quale le parti contribuenti non avrebbero fornito adeguata contestazione. Evidenzia il ricorrente come anche un solo indizio, benché grave e pregnante, può essere posto a fondamento del giudizio probatorio.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti. Osserva il ricorrente come il fatto da provare a cura dell’Ufficio fosse la sussistenza di disponibilità finanziarie all’estero da parte dei contribuenti, rispetto al quale il fatto secondario era costituito dal contenuto della lista. Evidenzia il ricorrente come la CTR avrebbe dovuto esaminare tutti i fatti decisivi contenuti nella documentazione acquisita dall’Ufficio con particolare riferimento all’importo conferito nella banca estera, al rendimento, alla qualità dell’investitore ai rapporti con altri intestatari del conto, circostanze in relazione alle quali il ricorrente chiede il riesame.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 190 cod. proc. pen., 38, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la CTR avrebbe ritenuto «in un non chiarissimo passaggio» non utilizzabile la lista, evidenziando come nel procedimento tributario non esiste – a differenza del procedimento penale – il principio di inutilizzabilità delle prove in relazione alle modalità della loro acquisizione.
2. Va rigettata l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per assenza di indicazione dei fatti di causa e dei motivi, essendo la vicenda processuale e l’indicazione dei fatti e degli atti processuali sufficientemente indicata nel ricorso, così come sono state sufficientemente esplicate le argomentazioni a sostegno dei motivi di censura.
3. Ulteriormente infondata è l’eccezione di inammissibilità articolata dai controricorrenti a termini dell’art. 348-ter cod. proc. civ. (evidentemente riferita al secondo motivo di ricorso), posto che è indicato nella stessa sentenza impugnata che le ragioni a sostegno delle sentenze dei due gradi di merito sono state differenti. E’, difatti, principio condiviso quello secondo cui l’inammissibilità a termini del combinato disposto degli artt. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., consegue alla mancata indicazione delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello e, in ogni caso, nel caso in cui le due pronunce siano fondate sulle stesse ragioni di fatto (Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774). La sentenza di primo grado ha, difatti, accolto le ragioni dei contribuenti sulla base della dedotta inutilizzabilità della fonte di prova acquisita illecitamente, laddove la sentenza di appello ha ritenuto che tali elementi non costituiscano piena prova ma meri indizi.
4. Infondata è, inoltre, la censura di inammissibilità del primo motivo per novità della questione, posto che la censura consegue alle argomentazioni sostenute nella sentenza di appello, laddove ha ritenuto sprovviste di efficacia probatoria piena gli atti contenuti nella menzionata «lista Falciani».
5. I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Questa Corte, in un precedente reso in un caso simile e vertente tra le medesime parti processuali (Cass., Sez. VI, 28 aprile 2015, n. 8606), ha ritenuto che <<quanto al carattere indiziario degli elementi originariamente raccolti dalle autorità francesi, la CTR ha omesso di considerare che anche un solo indizio può risultare già di per sé idoneo a giustificare la pretesa fiscale, essendo ormai ferma la giurisprudenza di questa Corte nel ritenere che in materia tributaria, è sufficiente, quale prova presuntiva, un unico indizio, preciso e grave (ancorché l’art. 2729 del codice civile si esprima al plurale) e la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevolezza e probabilità (cfr. Cass. n. 656/2014; Cass. n. 12438/2007; Cass. n. 28047/2009; Cass. n. 27063/2006). Né può dubitarsi dell’utilizzabilità di informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative quali elementi di prova (Cass. 30 settembre 2011, n. 20032; Cass. 20 aprile 2007, n. 9402; Cass. 29 luglio 2005, n. 16032; Cass. 5 maggio 2011, n. 9876; Cass. 14 maggio 2010, n. 11785; Cass.n.2916/2013; v. anche Cass.n.3839/2009; Cass., 7 agosto 2008 n. 21271; Cass.n.4612, 4613 e 4614/2014)». Sicché è stato enunciato il principio di diritto per cui l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento della evasione fiscale può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente; questo principio di diritto è stato poi ribadito costantemente da questa Corte (Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20647; Cass., Sez. V, 23 giugno 2021, n. 17928; Cass., Sez. V, 28 aprile 2021, n. 11162; Cass., Sez. V, 22 marzo 2021, n. 7957; Cass., Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 741; Cass., Sez. VI, 18 settembre 2020, n. 19446; Cass., Sez. V, 25 febbraio 2020, n. 4984; Cass., Sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 3276). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la fonte di prova prodotta dall’Ufficio non possa fondare l’accertamento in oggetto non ha, pertanto, fatto buon governo di tali principi.
6. Il ricorso va, pertanto, accolto, in relazione ai primi due motivi, dichiarandosi assorbito il terzo, posto che l’utilizzabilità dei documenti è stata accertata dalla sentenza impugnata, la quale ha deciso la controversia sul diverso piano della mancata integrazione probatoria; la sentenza va cassata con rinvio al giudice a quo, affinché il giudice del rinvio valuti la pregnanza indiziaria degli elementi contenuti nella documentazione prodotta dall’Ufficio, nonché proceda alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo, dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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