CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 agosto 2019, n. 21555

Omessi contributi previdenziali – Vizi di forma della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito – Opposizione agli atti esecutivi

Ritenuto che

1. con sentenza del 23 ottobre 2013, la Corte di appello di Ancona ha confermato le decisioni di primo grado che hanno dichiarato inammissibili le opposizioni a intimazioni di pagamento, per contributi previdenziali omessi e sanzioni, proposte oltre il termine di venti giorni dalla notificazione delle intimazioni di pagamento (art. 617 cod.proc.civ.);

2. la s.r.l. C.H. ricorre avverso tale sentenza, con ricorso affidato a due motivi, ulteriormente illustrato con memoria;

3. l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., e Equitalia Centro s.p.a., ora Agenzia delle Entrate Riscossione, hanno resistito con controricorso;

Considerato che

4. preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso, svolta dall’Agenzia delle Entrate assumendo l’irrituale notificazione all’INPS, va disattesa per avere l’ente previdenziale dato atto, nel controricorso, dell’avvenuta notificazione del ricorso, in data 10 febbraio 2014, e tanto basta per ritenere la regolarità della notificazione;

5. la società ricorrente deduce violazione di legge, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 145 cod.proc.civ., che disciplina la notifica alle persone giuridiche, nonché dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 149 cod.proc.civ., dell’art. 7 legge n. 890 del 1982, dell’art. 148 cod.proc.civ., dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, travisamento di fatto, violazione degli artt. 2697 cod.civ. e 115 cod.proc.civ. in ordine alla ripartizione degli oneri probatori; assume l’errore della sentenza impugnata nel non dichiarare l’inesistenza delle notifiche delle cartelle esattoriale alle quali si riferiscono le intimazioni di pagamento;

6. il ricorso va dichiarato inammissibile;

7. la Corte di merito, conformemente alla consolidata giurisprudenza di legittimità (v., fra le tante, Cass. n. 6704 del 2016, e numerose successive conformi), ha correttamente interpretato il vigente sistema di tutela giurisdizionale in tema di pretese contributive previdenziali applicando il principio per cui se il debitore intende far valere vizi di forma della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito, ivi compresa la carenza di motivazione dell’atto, deve farlo proponendo opposizione agli atti esecutivi secondo la disciplina del codice di rito e, in particolare, secondo gli art. 618-bis e 617 cod. proc. civ., come previsto dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999, il quale per la regolamentazione di tale fattispecie rinvia alle forme ordinarie, e non dall’art. 24 dello stesso decreto legislativo che sì riferisce, invece, all’opposizione all’iscrizione a ruolo e, in genere, sul merito della pretesa di riscossione (orientamento costante, vedi, per tutte: Cass. n. 15116 del 2015 e Cass. n. 835 del 2016);

8. nella specie la Corte territoriale ha qualificato le opposizioni (riunite in sede di gravame), come opposizioni agli atti esecutivi, in quanto incentrate su irregolarità procedurali e, con motivazione in fatto, come tale insindacabile in questa sede, ha richiamato precedente decisione, tra le stesse parti, che ha ritenuto la ritualità delle notifiche in esito a processo di analogo contenuto per inferirne l’assenza di chiarimenti in ordine al tentativo doloso di sottrarsi alla legale conoscenza precostituendo un recapito fittizio;

9. tanto premesso, la Corte del gravame ha dato atto della genericità delle contestazioni svolte dalla società anche agli effetti dell’ammissibilità del gravame, per difetto di specificazione, alla stregua dell’art. 434 cod.proc.civ., e tale statuizione non risulta incrinata dall’articolato motivo svolto dalla parte ricorrente che, per essere incentrato sull’inesistenza della notificazione delle cartelle, si risolve in una inammissibile richiesta di riesame dell’apprezzamento operato dalla Corte territoriale per giungere all’affermata conoscenza, effettiva e legale, delle cartelle notificate e alla conferma della declaratoria di inammissibilità per decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, statuita dal primo giudice;

10. le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

11. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate, in favore di ciascuna parte Intimata, in euro 200,00 per esborsi, euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R.115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.