CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 dicembre 2021, n. 41013
Cessione ramo d’azienda – Pensionamento – Domanda del lavoratore – Estinzione del rapporto di lavoro – Percezione del trattamento di anzianità – Inadempimento della cedente – Esclusione
Rilevato che
1. P. N. otteneva decreto ingiuntivo di condanna di T. I. s.p.a. al pagamento in suo favore della somma di € 4.128,57 a titolo di retribuzione relativa al mese di gennaio 2015;
2. il giudice di primo grado respingeva la opposizione proposta dalla società avverso il decreto ingiuntivo;
3. la Corte di appello di Napoli in accoglimento della impugnazione della società ha revocato il decreto ingiuntivo respingendo nel merito la domanda del N.;
3.1. il giudice di appello, premessa la natura risarcitoria della pretesa con la quale il N., sulla base di precedente sentenza accertativa della illegittimità della cessione da parte di T. I. s.p.a. del ramo di azienda al quale egli era addetto, aveva rivendicato il pagamento della somma oggetto di ingiunzione, ha ritenuto che il pensionamento del N. dall’agosto 2013 con percezione del relativo trattamento di anzianità, pensionamento avvenuto su istanza del medesimo lavoratore, comportava il venir meno del rapporto di lavoro ed escludeva in quanto incompatibile con tale situazione la configurabilità di un inadempimento della cedente T. costituita in mora; la volontarietà del pensionamento e la accettazione dell’estinzione di qualsivoglia rapporto di lavoro in atto trovava ulteriore conferma dalla circostanza per la quale a seguito della sentenza di reintegra ex art. 18 St. lav. emessa nei confronti della società cessionaria, il N. aveva optato per il pagamento delle quindici mensilità in sostituzione della reintegra rinunciando quindi a riprendere servizio nel posto di lavoro; su tale assetto non poteva utilmente incidere la circostanza che la sentenza di legittimità che aveva determinato il formarsi del giudicato sulla inefficacia nei confronti del lavoratore del trasferimento del ramo di azienda fosse successivo alla domanda di pensionamento;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P. N. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
5. entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis -.1. cod. proc. civ. ;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e violazione del principio del ne bis in idem in relazione al passaggio in giudicato della sentenza 23107/2009 del Tribunale di Napoli che aveva accertato la inefficacia nei confronti del N. del contratto di cessione per effetto della sentenza n. 9641/2014 di questa Corte; T. I. s.p.a., per il principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, non poteva più mettere in discussione la titolarità in capo ad essa del rapporto di lavoro del N. non avendo in quel giudizio sollevato alcuna questione circa il collocamento in quiescenza del N. che si era già verificato allorquando la sentenza di cassazione era stata pubblicata;
2. con il secondo motivo di ricorso deduce violazione e /o falsa applicazione dell’art. 22, comma 1, lett. C) della I. n. 153 del 1969 e dell’art. 10, comma 6, d. lgs. n. 503 del 1992; sostiene, in sintesi, che l’effetto definitivo della sentenza di questa Corte n. 9641/2014 aveva “travolto” la domanda di pensione del N. determinando il venir meno del presupposto per la fruizione del trattamento di pensione che poteva pertanto essere chiesto in restituzione dall’ente erogatore; ciò in quanto ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. C) I. n. 153/1969 e dell’art. 10, comma 6 d. lgs n. 503/1992, la percezione della pensione di anzianità è subordinata alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato, rapporto che nello specifico era stato giuridicamente ricomposto con decorrenza dal 1.3.2003;
3. con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1326, 1362 e 1372 cod. civ. censurando la valutazione del comportamento del N. come concludente nel senso della risoluzione del rapporto di lavoro desumibile dalla richiesta di pensionamento di anzianità e dalla rinunzia alla reintegrazione disposta a carico della società cessionaria con accettazione delle mensilità;
4. i motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati;
4.1. occorre premettere che la sentenza qui impugnata ha mostrato di conferire alla condotta del N. nel formulare domanda di pensione di anzianità il significato negoziale di volontà risolutiva del rapporto di lavoro con T., rapporto giuridicamente ripristinato dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 23107/2009 che aveva accertato la inefficacia della cessione da parte di T. del ramo di azienda al quale era addetto l’odierno ricorrente; in tal senso depone, tra l’altro, la valorizzazione da parte della Corte distrettuale della rinunzia del lavoratore alla reintegrazione presso la cessionaria come elemento indirettamente confermativo della volontà del N. di cessare l’attività lavorativa;
4.2. tale ricostruzione non risulta inficiata dalle censure formulate con il terzo motivo di ricorso intese a contrastare la valutazione della concludenza della condotta del N. nella volontà di far cessare il rapporto di lavoro, censure che pur formalmente ricondotte all’ambito della violazione di legge tendono, in realtà, a sollecitare un riesame nel merito degli elementi in atti (anche attraverso la trascrizione di documenti asseritamente rivelatori di una volontà del N. non intesa alla cessazione del rapporto con T.), esame consentito solo nei limiti della deduzione del vizio di motivazione (Cass. 15264/2006) neppure formalmente prospettato e comunque infondato alla luce del carattere non decisivo degli elementi richiamati;
4.3. tanto premesso, ferma la valutazione operata dalla Corte di merito circa la volontà del N. di risolvere il rapporto con la società cedente, si rivelano infondati gli ulteriori motivi articolati; quanto al primo motivo deve innanzitutto evidenziarsi un profilo di inammissibilità scaturente dalla mancata trascrizione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 23107/2009 confermata nei gradi successivi (v. tra le altre Cass. n. 16227/ 2014);
può inoltre soggiungersi che alla stregua della stessa esposizione del ricorrente la sentenza impugnata laddove ha ritenuto il rapporto con T. cessato alla data del pensionamento affermato non si pone in contrasto con il giudicato relativo all’accertamento della persistenza del rapporto con T. quale effetto della inefficacia cessione del ramo di azienda, in quanto in relazione ai rapporti di durata, l’ autorità della cosa giudicata ha come suo presupposto il principio “rebus sic stantibus”, per cui la statuizione può essere modificata sulla base di fatti sopravvenuti alla sua formazione (Cass. 10420/2002), dovendo ulteriormente rilevarsi che il riferimento alla data di pubblicazione della sentenza di cassazione non è indicativo della deducibilità in quel giudizio da parte di T. del fatto rappresentato dal pensionamento;
4.4. privo di pregio è l’assunto sviluppato con il secondo motivo di ricorso in merito al giudicato determinato da Cass. n. 9641/2014 che secondo il ricorrente avrebbe travolto la domanda di pensionamento; alla luce della ricostruzione della Corte di merito, divenuta definitiva in ragione del rigetto del terzo motivo di ricorso, il pensionamento costituiva infatti frutto di una scelta volontaria del N. sulla a quale non è dato comprendere come potesse influire la definitività dell’accertamento relativo alla inefficacia della cessione ;
5. in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto;
6. la incertezza dell’esito connessa all’accoglimento, confermata in sede di legittimità, di analoghe pretese del ricorrente in relazione al medesimo rapporto, giustifica la compensazione delle spese di lite;
7. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019);
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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