CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 febbraio 2022, n. 5651

Settore edile – Omesso versamento dei contributi previdenziali – Limite quantitativo personale part-time – Minimale contributivo ex art. 29 d.l. n. 244/1995

Rilevato che

la Corte d’Appello di Bari, diversamente da quanto stabilito dal Tribunale di Trani, ha dichiarato sussistente, in capo alla ditta “E. di S.G.”, l’interesse a proporre l’azione di accertamento negativo del credito portato nel verbale/ notificato dall’Inps a titolo di mancato versamento di contributi previdenziali in misura pari ai minimi di legge in favore di un dipendente, nonché per aver assunto nel periodo 2008 – 2010 un numero di dipendenti con contratto part time superiore al massimo consentito dal CCNL per l’edilizia; ha, quindi, rigettato il ricorso proposto dalla ditta “E.”;

la cassazione della sentenza è domandata dalla “E. di S.G.”, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria; l’Inps ha depositato tempestivo controricorso.

Considerato che

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta “Omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”, consistente nel non avere la Corte d’appello, considerato la violazione dell’art. 3, co. 1, del d.lgs. n. 61 del 2000 il quale non demanda la fissazione di un limite quantitativo all’utilizzabilità del personale con contratto part time, così come invece prevede l’art. 78 del CCNL 23 luglio 2008 applicabile al settore edile;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3 cod. proc. civ., deduce “Violazione dell’art. 3, comma 1, D.Lgs. 61/2000 – Violazione della direttiva comunitaria 97/81/CE – Eccesso di delega”;

afferma che la l. n. 61 del 2000, norma speciale, non conterrebbe nessuna delega alla contrattazione collettiva di categoria;

col terzo motivo, ancora formulato ai sensi deH’art. 360, co.l, n. 3 cod. proc. civ., contesta “Falsa applicazione dell’art. 29 D.Lvo 244/95 – Illegittimità della Circolare Inps n. 6 del 2010”, deducendo che l’applicazione della cd. contribuzione virtuale prevista dall’art. 29 riguarderebbe soltanto i contratti di lavoro full time e non anche quelli part time;

col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., denuncia “Violazione dell’art. 9 d.lgs. n. 61/2000”; sostiene che l’applicazione della contribuzione virtuale nei confronti dei part timers assunti in eccesso rispetto al limite numerico di cui all’art. 78 del CCNL di settore comporterebbe la trasformazione di quei rapporti in rapporti a tempo indeterminato, senza che una sanzione siffatta sia contemplata dalle fonti normative e/o contrattuali;

col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., lamenta “Contraddittorietà ed illogicità della sentenza della Corte d’Appello di Bari”;

richiamandosi al motivo precedente, sotto altro profilo afferma che la Corte d’Appello avrebbe, contraddittoriamente, sostenuto che non esiste una sanzione nell’ipotesi di violazione dell’art. 78 del CCNL per il settore dell’edilizia;

col sesto e ultimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3 cod. proc. civ., denuncia “Violazione artt. 23 e 25 Cost. Violazione del principio del legittimo affidamento”; la circolare Inps n. 6 del 2010 avrebbe indebitamente accresciuto l’entità dell’imponibile contributivo a carico della “E.” per i contratti part time stipulati in eccesso rispetto all’art. 78 del CCL per il settore dell’edilizia, in assenza di previsioni legislative;

i motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro logica connessione;

essi sono infondati;

questa Corte ha già deciso, in fattispecie sovrapponibile che: “Nel settore edile, l’istituto del minimale contributivo, previsto dall’art. 29 del d.l. n. 244 del 1995, conv. in l. n. 341 del 1995, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui siano stati conclusi contratti part-time in eccedenza rispetto al limite previsto da una disposizione del contratto collettivo applicabile, poiché la funzione della predetta disposizione è quella di individuare il complessivo valore economico delle retribuzioni imponibili di una data impresa, che, in caso di violazione del divieto di assunzioni a tempo parziale in misura superiore ad una determinata percentuale del totale dei lavoratori occupati a tempo indeterminato, va commisurato alla retribuzione dovuta per l’orario normale di lavoro anche per i lavoratori assunti part-time in violazione del predetto divieto, a prescindere dalla circostanza che tali compensi siano stati effettivamente corrisposti” (Così Cass. n. 8794 del 2020);

le censure proposte nel ricorso non aggiungono nessun elemento di diritto che possa ritenersi utile a rivedere l’orientamento sopra richiamato;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che lìquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.