CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 gennaio 2020, n. 1242
Tributi – IRPEF – Cessione terreno edificabile – Preliminare stipulato dal de cuius con riscossione di anticipi sul prezzo di vendita – Successiva vendita con rogito a cura degli eredi senza riscossione del saldo di vendita – Plusvalenza tassabile interamente in capo agli eredi
Fatti di causa
Le ricorrenti erano attinte da avvisi di accertamento notificati il 26 maggio 2006, relativamente all’anno di imposta 2001, per aver omesso di dichiarare la plusvalenza da cessione di terreno edificabile, alienato giusto rogito dell’aprile 2001 e registrato nel maggio successivo, in adempimento al preliminare stipulato nel 1998 dal loro dante causa, iure hereditatis, rispettivamente coniuge e padre, geom. B.A..
Affermavano le contribuenti che il prezzo di vendita era stato in larga parte riscosso al momento del preliminare, come da fatture, registri e movimentazione bancaria della cooperativa acquirente il terreno. Rappresentavano come la stessa dicitura notarile di aver già riscosso precedentemente il prezzo fosse da intendersi nel senso di aver già avuto il de cuius un consistente anticipo nel 1998 e che il restante a saldo non risultava pagato, perché rideterminato in ribasso, giusto atto di transazione, e poi nemmeno corrisposto, come dimostrato dal processo intentato verso la cooperativa acquirente per ottenerne il pagamento. In sostanza le contribuenti affermavano che il rogito notarile avesse solo la funzione di regolarizzare anche ai fini di pubblicità catastale un’operazione immobiliare già perfezionata dal defunto coniuge e padre nel 1998, al momento del preliminare, sicché esse contribuenti alla data del rogito non avrebbero né trasferito il bene ceduto, né percepito le somme per le quali in atto avevano dichiarato di rilasciare quietanza. Donde impugnavano con unico ricorso gli atti impositivi relativi alla plusvalenza da cessione non corrisposta, nonché il reddito personale pro quota rivisto alla luce della somma dichiarata percetta.
L’esito negativo del primo grado del giudizio di merito veniva riformato in appello, contro cui ricorre l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi a due motivi, cui resistono le contribuenti con tempestivo controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 360 n. 3 codice di rito civile per violazione art. 1351, 1362, 1415, 2697, 2699 e 2702 cc, nella sostanza contestandosi un effetto anticipatorio del preliminare, rispetto al definitivo, unico capace di operare giuridicamente la “cessione” del bene, su cui calcolare la plusvalenza da cessione e la conseguente rideterminazione del reddito delle contribuenti.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 360 n. 3 stesso codice di rito per violazione dell’art. 67 d.P.R. n. 917/1986, laddove prevede che il presupposto della tassazione sia la cessione, donde non potrebbe essere anticipata la tassazione ad annualità precedente la formale cessione, pur riconoscendo che la predetta imposta segue il principio di cassa e non di competenza.
I due motivi sono legati da consequenzialità logica e possono essere trattati congiuntamente.
La cessione che qui rileva si perfeziona con l’atto notarile trascritto e sul presupposto della cessione sorge l’obbligazione tributaria di corrispondere la plusvalenza da cessione maturata, secondo un criterio di cassa, per cui le somme vanno tassate nel momento in cui sono corrisposte. Sennonché è pacifico in atti che nel caso concreto sia si verificato quanto peraltro usuale nella prassi, ovvero un preliminare ad effetti anticipati, con immissione nel possesso e, a quanto è dato capire, anche di trasformazione del terreno, per iniziare la costruzione dell’immobile residenziale di cui due unità abitative realizzande sarebbero state parte del saldo prezzo. In questo senso, la CTR dà atto che i documenti versati in atti abbiano comprovato la percezione di larga parte del prezzo da parte del de cuius, giuste fatture e scritture contabili, in disparte se su queste abbia assolto i doveri contributivi. Altresì la CTR accerta che non vi sia incertezza sugli immobili di cui trattasi, anche in base alla ricostruzione della numerazione catastale dei mappali a seguito di ricomposizione fondiaria, nonché appura che le contribuenti non hanno ricevuto somme per saldo prezzo all’esito di tale rogito, atteso che hanno evocato in giudizio la cooperativa acquirente, ritenuta inadempiente anche per la corresponsione della minor somma transattivamente pattuita. Su tali accertamenti la CTR conclude doversi ritenere che il rogito abbia avuto funzione meramente formale-pubblicitaria, senza effettiva corresponsione di denaro, entrata in larga parte nella disponibilità del de cuius nell’anno di imposta 1998.
Sennonché l’obbligazione tributaria di cui qui si tratta sorge con la cessione, cioè con il trasferimento della proprietà del bene immobile. E tale effetto può ritenersi prodotto solo con l’atto notarile trascritto (cfr., seppur in fattispecie relativa ai tributi locali, Cass. n. 14119/2017, specialmente § 11, e precedenti ivi citati).
Diversamente opinando – seguendo la tesi delle contribuenti – se l’area edificabile in oggetto fosse già stata ceduta con scrittura privata del 1998 registrata il 15.10.1999 sottoscritta in allora tra il geom. A. (loro dante causa) e la cooperativa, non sarebbe stato possibile per il notaio – che raccoglie la documentazione relativa alla proprietà dei terreni oggetto di compravendita – con proprio atto del 27 aprile 2001 attestare che le aree in oggetto sono di proprietà delle contribuenti eredi del geom. A..
La scrittura privata non può quindi ritenersi una vendita, ma resta una promessa di vendita, un impegno a prestare un futuro consenso, incapace di generare plusvalenza da cessione. Militano a sostegno di questa tesi le circostanze non contestate che il dante causa geom. A. non ha mai effettuato versamenti per la plusvalenza relativa alla (asserita) vendita e che la denuncia di successione indica il trasferimento di dette aree in favore delle eredi.
Ancora, sempre ai fini del corretto inquadramento normativo, la Commissione tributaria regionale non ha affrontato i rilievi dell’Ufficio in ordine alla circostanza che la scrittura privata denominata integrativa del 27.4.2001 (in tesi di parte contribuente chiamata a provare l’avvenuto versamento del prezzo al de cuius al tempo del preliminare) siccome non autenticata e non registrata è sfornita di valenza probatoria – ex artt. 2702 e ss. – in ordine ai soggetti da cui proviene ed in ordine alla data. E non può essere opposta al terzo creditore, nello specifico l’Erario.
In definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Sardegna, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado di legittimità.
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