CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 gennaio 2020, n. 1265
Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri liberi professionisti – Contributi per l’iscrizione – Cartelle di pagamento
Rilevato che
S.D. ha agito in giudizio nei confronti del locale agente della riscossione (Serit Sicilia S.p.A., poi divenuto Riscossione Sicilia S.p.A.) e della Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri liberi professionisti, per ottenere l’accertamento dell’inesistenza del proprio obbligo di pagare i contributi per l’iscrizione alla suddetta Cassa, oggetto di iscrizione a ruolo, seguita dalla notificazione delle relative cartelle di pagamento (non opposte) e poi di iscrizione ipotecaria ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 da parte dell’agente; ha chiesto altresì il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’iscrizione ipotecaria.
Le domande sono state rigettate dal Tribunale di Mistretta.
La Corte di Appello di Messina ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre il D., sulla base di un unico motivo.
Resistono, con distinti controricorsi, Riscossione Sicilia S.p.A. e la Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri liberi professionisti.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o manifestamente infondato.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.
Considerato che
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia «Violazione (o falsa applicazione) dell’art. 2947 c. c., in relazione all’art. 2043 c.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.)».
Il ricorso è in parte inammissibile, in parte manifestamente infondato.
I giudici di merito hanno affermato che, non essendo state tempestivamente impugnate le cartelle di pagamento aventi ad oggetto l’obbligo del D. di versare i contributi alla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri liberi professionisti, non poteva più essere messa in discussione l’esistenza di tale obbligo, di conseguenza, era legittima la conseguente iscrizione ipotecaria e, naturalmente, non poteva ipotizzarsi alcun danno ingiusto, ai sensi dell’art. 2043 c.c., in conseguenza dì detta iscrizione.
Il ricorrente non nega di avere omesso di impugnare tempestivamente le cartelle di pagamento relative alle obbligazioni di versamento dei contributi alla Cassa: insiste però a sostenere comunque l’ammissibilità e la fondatezza della sua richiesta di accertamento dell’illegittimità dell’iscrizione a ruolo dei relativi crediti (e della successiva iscrizione ipotecaria), per non essere dovuti quei contributi, quanto meno ai fini del risarcimento dei danni subiti in conseguenza di dette (pretese) illegittime iscrizioni.
L’argomentazione non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata: sia il tribunale che la corte territoriale hanno chiaramente affermato che, essendo perentorio il termine di quaranta giorni per l’impugnazione delle cartelle di pagamento notificate per il pagamento dei contributi, la mancata tempestiva opposizione rende incontestabile la relativa pretesa, con effetti equiparabili a quelli del giudicato, il che impedisce al debitore di chiedere ed ottenere successivamente, in un distinto giudizio, l’accertamento della sua eventuale illegittimità, a qualsiasi fine.
Nel ricorso (che per tale profilo è dunque da ritenere inammissibile) non vi è una specifica censura, in diritto, relativa a questa statuizione: il ricorrente si limita a ribadire apoditticamente, senza indicare alcun fondamento giuridico di tale sua affermazione (palesemente contraria al corretto principio di diritto richiamato dai giudici di merito), che, in mancanza di tempestiva opposizione avverso le cartelle di pagamento per contributi, sarebbe comunque possibile ottenere il successivo accertamento dell’illegittimità della pretesa e dei conseguenti atti dell’agente della riscossione volti al soddisfacimento della stessa.
In ogni caso, la decisione dei giudici di merito risulta, sul punto, del tutto conforme al principio di diritto affermato costantemente da questa Corte, secondo cui, in tema di riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali e contributivi, il termine per proporre opposizione alla pretesa, fissato dall’art. 24 del D. Lgs. n. 46 del 1999 in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, onde consentire l’instaurazione di un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile il credito in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una rapida riscossione; la mancata tempestiva opposizione alla cartella di pagamento determina dunque l’incontestabilità della pretesa contributiva, sicché non è consentito l’esame del merito del medesimo credito in un successivo giudizio (ex multis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 17978 del 01/07/2008, Rv. 603759 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2835 del 05/02/2009, Rv. 606879 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8900 del 14/04/2010, Rv. 613457 – 01 ; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 21365 del 15/10/2010, Rv. 614791 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8931 del 19/04/2011, Rv. 616915 – 01; Sez. L, Sentenza n. 18145 del 23/10/2012, Rv. 624574 – 01; Sez. L, Sentenza n. 4978 del 12/03/2015, Rv. 634790 – 01; Sez. L, Sentenza n. 5060 del 15/03/2016, Rv. 639223 – 01; Sez. U, Sentenza n. 23397 del 17/11/2016, Rv. 641632 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 11335 del 26/04/2019, Rv. 653462 – 01).
Sotto questo aspetto il ricorso, che non contiene argomentazioni tali da indurre a rimeditare gli indicati principi di diritto, risulta dunque altresì manifestamente infondato.
2. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve inoltre farsi luogo alla condanna prevista dalla disposizione di cui all’art. 385, comma 4, c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis, dal momento che la sentenza impugnata è stata pronunziata in data successiva al 2 marzo 2006 ed il giudizio di primo grado ha avuto inizio in data anteriore al 4 luglio 2009: cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15030 del 17/07/2015, Rv. 636051 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2684 del 10/02/2016, Rv. 638868 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20732 del 14/10/2016, Rv. 642925 – 01).
Il ricorso è infatti non solo manifestamente infondato, ma inoltre, la proposizione dell’impugnazione costituisce un evidente abuso dello strumento processuale da parte del ricorrente, dovendosi certamente ritenere in una siffatta ipotesi percepibile dal legale abilitato all’esercizio presso le giurisdizioni superiori (professionista del cui operato la parte risponde ai sensi dell’art. 2049 c.c.: cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20732 del 14/10/2016, Rv. 642925 – 01), sulla base della diligenza cui è tenuto per la prestazione altamente professionale che fornisce, la circostanza di perorare consapevolmente tesi infondate, e comunque di avanzare sempre consapevolmente una impugnazione di legittimità non suscettibile di accoglimento.
La Corte stima peraltro equo contenere tale condanna nella misura di € 4.000,00 (importo all’incirca pari a quello liquidato per le spese del giudizio di legittimità), in favore di ciascuna parte controricorrente.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore degli enti controricorrenti, liquidandole, per ciascuno di essi, in complessivi € 4.100,00, oltre € 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge;
– condanna il ricorrente a pagare, in favore di ciascuno degli enti controricorrenti, l’ulteriore importo di € 4.000,00, ai sensi dell’art. 385, comma 4, c.p.c..
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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