CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 giugno 2018, n. 16371
Tributi locali – ICI – Accertamento – Immobili – Richiesta d’agevolazione per inagibilità
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, il Comune di Latina impugna la sentenza della CTR del Lazio, avverso avviso d’accertamento Ici per il 2009, dove si è fatta questione sia della richiesta d’agevolazione per inagibilità dell’immobile sia della retroattività o meno della rendita “variata” a seguito di procedura docfa.
Con un primo motivo, l’ente impositore ha dedotto la violazione dell’art. 8 del d.lgs. n. 504/92 e dell’art. 10 comma 1 della legge n. 212/2000, nonché contrasto con precedenti della Suprema Corte ed ammissibilità del ricorso, rispetto all’art. 360 bis comma 1 n. 1 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avevano ritenuto sussistere i presupposti per riconoscere l’agevolazione dovuto per lo stato d’inagibilità dell’immobile pur in assenza di alcuna richiesta in proposito o di dichiarazione sostitutiva, da parte del contribuente.
Con un secondo motivo il ricorrente assume la violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 504/92, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avevano ritenuto che la variazione della rendita fosse retroattiva pur trovando fondamento in una denuncia di variazione catastale che non era volta a correggere errori contenuti nella determinazione della precedente rendita, quanto, piuttosto in modifiche nello stato dell’immobile e, quindi, in circostanze sopravvenute.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
In via preliminare, va disattesa l’eccezione sollevata in controricorso d’inammissibilità del ricorso principale per l’esistenza di due giudicati esterni riferiti sia all’anno d’imposta 2008 che all’anno d’imposta 2010, i quali sono intercorsi tra le stesse parti, in riferimento ai medesimi immobili, in forza della medesima obbligazione tributaria e sulla base delle medesime censure ed allegazioni probatorie.
Infatti, la censura è inammissibile, per difetto di autosufficienza, non risultando prodotte le relative decisioni che sarebbero divenute definitive, corredate dell’attestazione della cancelleria, ex art. 124 disp. att. c.p.c.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Secondo l’orientamento di questa Corte “In tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune”. (Cass. n. 28921/17, 12015/15, 13230/05).
Nel caso di specie, in disparte la presenza di due giudizi per l’anno 2008 e 2010 che hanno avuto esito favorevole per la società contribuente sulla questione dell’inagibilità dei medesimi immobili, la CTR con accertamento di fatto (non specificamente censurato dall’ente impositore) ha rilevato che in data 12.1.2009 il legale rappresentante della società contribuente aveva presentato dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà corredata da relazione tecnica (vedi anche pp. 15 e ss e 17, in fondo, del controricorso) dalla quale emergeva lo stato di fatiscenza dell’immobile oggetto d’imposizione, pertanto, l’ente impositore era a conoscenza, nell’anno in contestazione (2009), dello stato di degrado dell’immobile, in favore del quale andava, pertanto, riconosciuta l’agevolazione per lo stesso anno 2009, per tutto il periodo in cui sussistevano le richieste condizioni.
Il secondo motivo di censura è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, l’ente locale introduce elementi di fatto, quali il contenuto della variazione catastale a seguito di procedura docfa non esaminati dalla CTR e non dedotti ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., inoltre, solleva censure relative al merito dell’accertamento della CTR, di per sé, non consentite nel giudizio di legittimità.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il comune di Latina, in persona del Sindaco pt, a pagare alla società contribuente le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo complessivo di € 6.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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